«Finalmente siamo di fronte a un pronunciamento che riconosce l’importanza del Braille che, lo voglio ricordare, è un metodo di scrittura e lettura, non una lingua né un linguaggio! Soprattutto gli alunni delle scuole elementari devono poter avere un docente di sostegno che conosca e sappia insegnare loro questo metodo di lettura e scrittura, che resta fondamentale, sebbene oggi ci si serva massimamente delle nuove tecnologie. Il Braille, infatti, viene utilizzato anche da chi adopera i PC, mediante il display Braille, che riproduce riga per riga quanto appare sullo scherma. E il Braille è fondamentale per apprendere nel modo corretto la grafia delle parole, sia italiane che straniere. Ha infine la sua importanza anche per lo studio della matematica, della chimica, del greco e del latino. È insomma il solo strumento che ci consente di leggere in modo diretto, dettando pause, prosodia, insomma facendolo nostro».
A che cosa si riferiva Luisa Bartolucci, consigliera nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), con questo suo soddisfatto commento, pubblicato dall’Agenzia «Redattore Sociale»? A una Sentenza decisamente importante prodotta l’11 ottobre scorso dal Consiglio di Stato (n. 5851/18), che ha chiuso una lunga vertenza giudiziaria, passata per due precedenti Sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Calabria (880/14 e 208/16), nei fatti praticamente ignorate e che ha avuto come protagonista, suo malgrado, la famiglia di un’alunna con disabilità visiva della Calabria.
Per capire meglio il significato della Sentenza del Consiglio di Stato, riprendiamo quanto scrive in «DirittoScolastico.it» l’avvocato Giovanna Fronte, che ha rappresentato e difeso la famiglia coinvolta. «Innanzitutto – scrive -, con tale Sentenza si è accertato il diritto della minore ad avere un insegnante di sostegno specializzato nella lingua Braille». «Il docente di sostegno – prosegue -, per poter essere considerato valida (e non inutile) presenza, idonea a favorire l’integrazione e l’inserimento del disabile nel contesto scolastico, deve essere dotato delle conoscenze tecniche necessarie ad affrontare e gestire l’handicap di fronte al quale si trova ad operare. Quindi, dovendosi relazionare costantemente con l’alunno, deve avere: 1) conoscenza dei mezzi espressivi cui si serve l’anno per comunicare; 2) tecniche di insegnamento che consentano in modo ottimale l’attività di insegnamento a tali categorie di soggetti; 3) l’attività di sostegno per essere effettiva richiede che la “specializzazione” sia concretamente parametrata e definita in riferimento alla tipologia ed alla consistenza dell’handicap con cui il docente si rapporta e per cui deve svolgere l’attività di integrazione scolastica [corsivi e grassetti così nell’originale, sia in questa che nelle successive citazioni, N.d.R.]».
A dare poi ulteriore interesse a quanto deciso dal Consiglio di Stato vi è ciò che viene ulteriormente sottolineato da Fronte: «A ben vedere non si tratta di competenze che riguardano solo la mera conoscenza del codice Braille o l’uso di qualche strumento tiflologico, bensì riguardano la conoscenza delle modalità di approccio dell’alunno all’uso degli strumenti didattici; la conoscenza delle modalità di progettazione degli spazi e dell’organizzazione in classe; la conoscenza di tutte le fasi riguardanti l’autonomia personale, l’educazione senso-percettiva, l’uso del linguaggio appropriato per evitare l’eccessivo verbalismo tipico dei non vedenti ecc. Solo così può essere assicurata la piena realizzazione degli obiettivi educativi e di formazione che deve garantire l’istituzione scolastica. La Sentenza in commento, inoltre, si spinge avanti fino a ritenere che il diritto del disabile all’istruzione ed all’integrazione scolastica è preminente al punto da obbligare l’istituzione scolastica a ricorrere anche a canali diversi dal mero attingimento delle graduatorie per reperire un insegnante di sostegno specializzato. Inoltre, il Consiglio di Stato non manca di puntualizzare che l’esistenza di un obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap non esclude affatto che l’attività di sostegno debba svolgersi con docenti muniti di specifica specializzazione. Il dettato normativo in tal senso è chiaro allorquando dispone che nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando l’obbligo degli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati».
«In altre parole – conclude Fronte -, la presenza di un esperto incaricato dall’ente locale, con le competenze specifiche per la disabilità dell’alunno, non esclude la presenza del docente di sostegno e che lo stesso sia parimenti specializzato». (S.B.)