«Con questa ricerca intendiamo anzitutto dimostrare la validità scientifica del modello di accoglienza delle case famiglia multi-utenza, in cui sono accolte persone con diversi tipi di fragilità. La virtù sociale della famiglia non è data dagli individui soltanto, ma dalla qualità della relazione. Qualità data dalla complementarietà tra le diverse persone accolte. Don Benzi ripeteva che ciò che può dare una persona disabile a un ragazzo uscito dalla tossicodipendenza non lo può dare nessuno»: così Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, presenta quella che si può considerare come la prima ricerca prodotta in Italia sul modello della casa famiglia, che verrà presentata domani, venerdì 9 novembre, nel corso del convegno intitolato Oltre la gabbia del disagio, in programma al Cinema Esperia di Padova (Via Chiesanuova, 90, ore 8.30-14).
«Si tratta di una ricerca – spiegano dalla Comunità Papa Giovanni XXIII -, che indaga un modello non ancora pienamente riconosciuto dalle Istituzioni. La casa famiglia è il modello più autentico e rappresentativo dello stile di accoglienza della nostra Comunità, fondata da don Oreste Benzi nel 1968. Non si tratta di strutture residenziali, ma di strutture affettive, case dove non ci sono operatori e utenti, ma papà e mamme che mettono la loro vita al servizio di chi ha bisogno di essere accolto, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. La prima casa famiglia in Veneto fu aperta da don Benzi nel 1978. Oggi, nel Veneto, sono presenti 29 case famiglia della nostra Comunità, che nel 2017 hanno accolto 231 persone in difficoltà, di cui il 38% minori».
La scelta di Padova quale sede del convegno non è casuale, come sottolinea Ramonda. «La Legge Regionale del Veneto 22/02 [“Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali”, N.d.R.] – dichiara infatti – presenta un vulnus. Le case famiglia sono considerate infatti di sola pertinenza sociale e non sanitaria. Questa norma burocratica sta causando diverse situazioni in cui viene proposta l’interruzione dell’accoglienza di disabili che raggiungono la maggiore età, in quanto considerati bisognosi di strutture di carattere sanitario. Nel momento in cui alcuni dei bambini con disabilità accolti nelle nostre case divengono maggiorenni, viene disposto quindi il loro trasferimento in strutture sanitarie “specializzate”, sradicando questi ragazzi dalle famiglie che li hanno accolti per anni, con un’enorme sofferenza per entrambi. Chiederemo dunque alla nostra Regione di modificare la normativa affinché fatti simili non si ripetano in futuro».
All’incontro di domani, 9 novembre, a Padova, interverranno, insieme al già citato Giovanni Paolo Ramonda, Maria Rita Parsi, già membro del Comitato ONU sui Diritti dell’Infanzia; Anna Maria Bertoni, docente dell’Università Cattolica di Milano; Lorenzo Biagi, segretario della Fondazione Lanza; Francesco Gallo, delegato dei Servizi Sociali della Regione Veneto; Daniela Carraro, che dirige i Servizi Socio-Sanitari della ULSS 6 Euganea. (S.B.)
A questo link è disponibile il programma completo del convegno di Padova. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@apg23.org (Marco Tassinari).
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