Non è stata fine a se stessa la felice esperienza che nel maggio scorso – come avevamo ampiamente riferito sulle nostre pagine – aveva visto l’Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti e il CLEBA (Comitato Lodigiano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) promuovere a Lodi Scuola4ALL. La scuola oltre le barriere, una giornata intera, in pieno centro cittadino, tutta dedicata all’accessibilità e all’inclusione, aperta a persone con e senza disabilità di ogni età.
Tale percorso, infatti, continua e assumerà ulteriore visibilità con un convegno interessante sin dal titolo scelto (Dalle culturali alle architettoniche. Le barriere escludono. Approcci, esperienze, idee e strategie per superarle), in programma presso l’Auditorium BPL Tiziano Zalli di Lodi (Via Polenghi Lombardo), proprio nella mattinata del 3 dicembre, che sarà, com’è ben noto, la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità.
Sarà in sostanza un incontro durante il quale il concetto di “barriera” verrà esteso ad ogni livello, parlando di ostacoli culturali, sensoriali, cognitivi, comunicativi e fisici, ma anche delle strategie utili a superarli, favorendo l’inclusione di ogni persona, con e senza disabilità. Il tutto realizzato in collaborazione con l’Istituto Tecnico Economico Agostino Bassi e avvalendosi del patrocinio del Comune di Lodi, del Pio Istituto dei Sordi di Milano, del Collegio dei Geometri e dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Lodi.
Ne abbiamo parlato con Giovanni Barin, vicepresidente dell’Associazione Genitori Tosti e referente del CLEBA di Lodi.
«Parliamo anzitutto di barriere alla mobilità – esordisce -: nella vita di tutti i giorni càpita raramente di soffermarsi a considerare quanto sia “scomodo” muoversi in una città, dentro luoghi pubblici come un bar, un ristorante, un supermercato, ma anche nei luoghi privati. Basti pensare ai tanti gradini che si devono superare in moltissime abitazioni, prima di accedere all’ingresso di casa propria o all’ascensore; oppure a quando quest’ultimo non c’è e si abita dal primo piano in su. Una condizione, questa, che si nota solo quando per qualche motivo i nostri movimenti “standard” sono limitati o impediti. Oppure quando lo sono i sensi: udito, vista, tatto. Pensiamo ad esempio a una banale distorsione, a una frattura o a un piccolo intervento chirurgico, che può rendere una persona temporaneamente inabile a muoversi “normalmente”. O anche al periodo, pur breve, che segue un intervento di riduzione della miopia. Senza parlare dello scorrere degli anni, ciò che porta segnatamente a una diminuzione più o meno graduale delle proprie capacità fisiche. Oppure ancora agli ultimi mesi di gravidanza, o a quando si è costretti a muoversi con una carrozzina o un passeggino, senza marciapiedi adeguati o a dover salire con queste attrezzature sui mezzi di trasporto pubblico. Bene, pensiamo a chi queste difficoltà – che per noi sono appunto “scomodità momentanee” – le sopporta tutto il giorno, per tutti i giorni della vita. Persone con una disabilità permanente dalla nascita o per eventi traumatici che possono accadere nel corso della vita. In questi casi ci si rende conto di quanto siano poco accessibili i contesti di vita che la maggior parte di noi considera “normali”. Di quanto importante sia l’accesso senza barriere ai luoghi e alle informazioni e alla possibilità di percorrerli – i luoghi – vivendoli e costruendo relazioni. Minorazioni fisiche, sensoriali, cognitive diventano disabilità a causa delle barriere fisiche, sensoriali e comunicative presenti nelle nostre città».
Quindi lei vuol dire che, quasi paradossalmente, se non ci fossero barriere, non ci sarebbero nemmeno persone con disabilità?
«Io credo che in sostanza sia proprio così: è un fatto culturale. La nostra società, pur prevedendo legislativamente l’assenza di barriere o la loro eliminazione, nella realtà quotidiana ignora le leggi e anzi, troppo spesso, genera ulteriori barriere. In altre parole, come affermano studiosi quali il sociologo Tom Shakespeare, non sono le minorazioni o le menomazioni a rendere “disabili”, ma sono proprio le barriere e la mancanza di ausili adeguati a creare le disabilità.
Prendendo ad esempio la disabilità fisica, uno o più gradini che rendono inaccessibile un ufficio a una persona in carrozzina, la rendono disabile. Così non sarebbe se ci fossero ovunque rampe o elevatori. Gli spazi pubblici, quindi, devono essere studiati adeguatamente per tutti.
L’accessibilità, invece, per una persona cieca, non è garantita dalla rampa pensata per chi si muove su una sedia a rotelle e nemmeno tramite la semplice rimozione degli ostacoli fisici: per le persone con disabilità visiva, infatti, devono essere studiate e rimosse a priori tutte le barriere percettive. E anche l’assenza di indicazioni o la mancanza di accorgimenti atti a segnalare un ostacolo o un pericolo costituiscono una barriera. Ad esempio, la mancanza di indicazione di un dislivello in una rampa o in una scala o di un cambiamento di direzione. Paradossalmente è a minor rischio di incidenti chi si avvale di un bastone bianco per muoversi rispetto a una persona, ad esempio anziana, che utilizza uno scarso residuo visivo per spostarsi in città. Si tratta pertanto di attuare una serie di accorgimenti, pur non espressamente previsti dalla normativa vigente, che l’amministratore e il progettista consapevole dovrebbero conoscere bene.
Parliamo poi di barriere alla comunicazione e di ausili tecnologici. Se sono una persona ipovedente o cieca, ho bisogno del computer, del tablet, della tavoletta Braille, della LIS tattile e di altri strumenti tecnologici quali l’audiodescrizione, per accedere alle informazioni, per risolvere i problemi di salute e per svolgere il mio lavoro: per me, insomma, la comunicazione per immagini non ha senso. E tutte le informazioni online devono essere veicolate in base alle Linee Guida sull’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli Enti Pubblici, che hanno recentemente aggiornato la Legge 4/04 (“Legge Stanca”).
E ancora, se sono una persona sorda, ho bisogno non solo di protesi acustiche o dell’impianto cocleare per poter sentire, ma anche di sistemi che mi consentano di sentire bene le informazioni nei luoghi pubblici e rumorosi (induzione magnetica, sottotitoli, informazioni visive o scritte). E che siano luoghi progettati per sentire bene tutti, senza riverbero oppure ri-progettati per attutire i rumori. Se invece utilizzo la Lingua dei Segni, ho bisogno di adeguate comunicazioni visive, scritte, e che gli interlocutori la conoscano o che sia disponibile un interprete nei luoghi pubblici dell’amministrazione o sanitari (ospedale, medico di famiglia). Ho inoltre bisogno di un’adeguata illuminazione degli ambienti e che non vi sia sovraffollamento o ambiguità nelle informazioni. Sempre le persone con disabilità uditiva utilizzano prevalentemente il computer, il tablet o la messaggistica dello smartphone per ricevere informazioni e comunicare sia con il privato sia con l’amministrazione o gli organi di pubblica sicurezza: sono state realizzate a questo scopo numerose applicazioni, mentre in alcune città italiane vi è la possibilità di interagire con gli sportelli pubblici attraverso chat dedicate all’interno dei siti web delle Amministrazioni stesse.
Se sono poi una persona con disturbo dello spettro autistico, molto probabilmente ho appreso attraverso il percorso scolastico tante informazioni e regole sociali grazie a quel formidabile sistema comunicativo che è la CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa), ma poi, nel mondo al di fuori dalla scuola, non trovo nessun luogo pubblico dotato di informazioni tradotte in tale modalità e nemmeno la ritrovo nel web.
Non dimentichiamo infine le strutture culturali (teatri, cinema, musei), che devono essere accessibili a tutti, o i luoghi all’aria aperta, come i parchi urbani.
Sono quindi innumerevoli i casi di difficoltà, piccoli e grandi, che, ripeto, diventano disabilità per mancanza di una visione globale volta a rendere accessibili luoghi, contesti, informazioni. Abbiamo la tecnologia ed enormi potenzialità, ma non le utilizziamo come potremmo».
Numerose Associazioni impegnate nel settore della disabilità hanno sollevato da tempo queste problematiche, insieme alle famiglie che rappresentano. In quale modo, dunque, si potrebbe invertire la rotta?
«La realtà dei fatti ci dice che non bastano Leggi emanate più di trent’anni fa e applicate a singhiozzo. La situazione odierna evidenzia come sia necessario un cambiamento radicale. Serve un’azione culturale di sensibilizzazione che non può che partire dai giovani. Tutti noi dobbiamo condurre ogni azione ricordando di non creare ulteriori barriere e, anzi, di provvedere ad eliminarle. Nella nostra vita professionale quanto nei rapporti interpersonali. E per capire come fare è necessario sapere. Proprio per questo, in occasione della prossima Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità del 3 dicembre, abbiamo voluto organizzare un convegno su queste tematiche».
Quali saranno i protagonisti del convegno e quale risultato vi proponete di raggiungere?
«Il 3 dicembre ci rivolgeremo ai professionisti (geometri, architetti e ingegneri), ma anche e soprattutto agli amministratori pubblici e agli operatori del contesto socio-sanitario. Non abbiamo la pretesa di rendere accessibili e inclusivi nell’immediato tutti quei contesti urbani nei quali da decenni si stratificano barriere di ogni tipo. Ma possiamo con facilità ragionare su due importanti elementi: il primo è la promozione delle attività con le scuole, dove si formano i cittadini, gli amministratori, i professionisti di domani. Grazie alla giovane, età ragazze e ragazzi conservano ancora la predisposizione mentale per acquisire il pensiero corretto di operare per il bene di tutti. A tal proposito ci piace pensare che il motto di Don Milani, della “scuola di tutti e di ciascuno” possa essere trasferito nelle città che possono e devono diventare inclusive.
Il convegno, quindi, partirà dall’illustrazione delle buone prassi che il sistema scuola del Lodigiano (ma non solo) ha saputo in questi anni concretizzare in prospettiva inclusiva. L’àmbito educativo ci condurrà ad Alessandra Galletti di CERPA Italia (Centro Europeo per la Ricerca e la Promozione dell’Accessibilità), che tratterà il tema della progettazione degli ambienti scolastici, riportando esperienze e strumenti di architettura e pedagogia, che hanno determinato un miglioramento della qualità della vita attraverso una maggiore fruibilità edilizia per tutti, in particolare contrastando la discriminazione e promuovendo il benessere ambientale come strategia inclusiva.
In secondo luogo, parleremo di buone prassi già operative e consolidate in diverse parti del nostro Paese. Qui Rosa Garofalo, coordinatrice dell’ANS (Associazione Nazionale Subvedenti), illustrerà due esperienze riguardanti la città di Milano, ovvero il Progetto Dall’ufficio ideale all’ufficio reale, esempio di riduzione delle barriere percettive, e DescriVedendo, progetto inclusivo di accessibilità culturale per la fruizione delle opere d’arte [se ne legga ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Successivamente Iginio Rossi dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), presenterà il progetto di cui è coordinatore, denominato Città accessibili a tutti [anche di questo si legga sulle nostre pagine, N.d.R.]. La raccolta delle esperienze in atto in merito all’accessibilità in Italia è apparsa infatti l’azione ottimale per sviluppare questo progetto dell’INU, basandosi sulla condizione concreta del funzionamento urbano e territoriale. Verranno pertanto presentate alcune tra le oltre centoventi esperienze censite dall’Istituto, che tracciano un panorama ignoto ai più di politiche, piani, progetti, strumenti, azioni, studi e ricerche riguardanti l’accessibilità intesa a trecentosessanta gradi. Tali esperienze porteranno l’INU stesso a delineare, con il XXX Congresso e con la VII Rassegna Urbanistica Nazionale che dedicherà una sezione a città e territori accessibili a tutti (Riva del Garda, 3-6 aprile 2019), le Linee Guida in tema di politiche integrate per le città accessibili».
Altri momenti qualificanti del convegno?
«Avremo a disposizione gli Amministratori di due importanti esempi di città, Verona e Ferrara, che stanno lavorando su questi princìpi da diverso tempo, descrivendo i passi compiuti sino ad oggi verso luoghi e comunità inclusivi.
E da ultimi, ma non certo ultimi, ci saranno gli studenti, i veri attori del nostro evento della primavera scorsa Scuola4ALL. La scuola oltre le barriere, caratterizzante un progetto che raggiungerà con il convegno del 3 dicembre uno degli scopi più importanti che ci eravamo prefissi, ossia legare verso obiettivi importanti e fattibili molte realtà e persone che da sempre nel territorio lavorano ogni giorno per il bene più prezioso: la cultura inclusiva». (S.B.)
A questo link è disponibile il programma completo del convegno del 3 dicembre a Lodi. Per ulteriori informazioni: genitori tosti@yahoo.it.