“Ma che ne sanno i bipedi”: perché l’ironia è una cosa seria!

di Stefania Delendati
«Dopotutto - scrive Stefania Delendati - l’ironia è una cosa seria, forse una delle più serie che esistono. E quella di “Ma che ne sanno i bipedi”, la pagina Facebook di cui Valentina Boscolo “Cegion” è l’anima irriverente, è un’ironia di quelle davvero intelligenti, che strappa una risata e restituisce uno spunto per riflettere, e tra una freddura e l’altra, magari riesce ad abbattere qualche pregiudizio»
Immagine simbolo della pagina Facebook "Ma che ne sanno i bipedi"
L’immagine simbolo della pagina Facebook “Ma che ne sanno i bipedi”

Valentina Boscolo “Cegion”, trentatreenne di Chioggia (Venezia), ricorda un po’ i supereroi dei fumetti che sotto l’apparente “banalità” di un’esistenza qualunque, nascondono una vita segreta nella quale sono tutt’altro.
Impiegata allo sportello del Distretto Socio-Sanitario della sua città, finito il turno di lavoro, diventa l’anima irriverente della pagina Facebook Ma che ne sanno i bipedi, che pubblica vignette ispirate alla quotidianità delle persone con disabilità motoria. Più di tutto, la prima volta che mi sono imbattuta nella pagina, mi ha colpito la semplicità della proposta che la distingue nel vasto mare dei meme sui social.

Piccola parentesi per chi non è pratico di nuovi media: dicesi meme una frase che lancia un messaggio e si propaga a macchia d’olio attraverso il passaparola e la condivisione tra migliaia di persone. Una volta poteva essere una scritta su un muro, ora, con l’avvento di internet, il fenomeno copre enormi distanze in un brevissimo lasso di tempo.

Tornando a Ma che ne sanno i bipedi, in ogni vignetta si vede Heidi che aiuta l’amica Clara ad alzarsi dalla carrozzina. La freddura che accompagna quest’immagine è invece sempre diversa e abbraccia tutto l’universo disabile: dalle frasi con cui i “normodotati” interagiscono con chi è affetto da disabilità ai piccoli disagi quotidiani che possono derivare dalle barriere architettoniche, dal freddo pungente che blocca i muscoli et similia, per arrivare ad argomenti più “scottanti” come la sessualità. In basso, sempre uguale, la frase che dà il titolo alla pagina, dove “bipedi” è un chiaro riferimento a chi cammina con le proprie gambe.
Gli spunti non le mancano di certo, Valentina stessa si muove sulla sedia a rotelle: «È tutta farina del mio sacco, frutto di ciò che mi accade nella vita di tutti i giorni da ben trentatré anni, alcune chicche mi vengono gentilmente suggerite dagli utenti stessi che ringrazio di cuore uno ad uno».

E pensare che è nato tutto da un pomeriggio di noia: «Sbirciavo tra le pagine che seguo, capito nella conosciutissima Ma che ne sanno i 2000 e la frase Ma che ne sanno i bipedi mi riecheggiava nella testa». Nessuna urgenza comunicativa, niente profondo bisogno interiore di esprimere un’opinione, dichiara Valentina, amante della lettura, scrittrice per passione ed esclusiva necessità personale.
La storia di questo spazio Facebook è la dimostrazione di come da un’iniziativa partita per divertimento, possa scaturire un luogo virtuale non comune, dove è possibile scambiare opinioni e pensare, unendo leggerezza e profondità.
Pur essendo catalogato sul social network come “svago”, Ma che ne sanno i bipedi è un passatempo che più serio non si può: «Non c’è nessun team o scelta studiata a tavolino, inizialmente è nato tutto con spirito assolutamente goliardico e senza pretese, tuttavia la piacevole partecipazione di disabili ma anche di normodotati, gli scambi che si sono creati tra gli utenti e anche con me, mi fanno pensare che l’ironia possa essere la chiave per far riflettere sulla quotidianità delle persone con disabilità fisiche».

Valentina Boscolo "Cegion"
Valentina Boscolo “Cegion”

Giusto qualche esempio, per dare un’idea delle battute pubblicate: «Il vostro hotel è accessibile? Certo, ci sono soltanto due scale a chiocciola, ma la aiutiamo noi!»; «Sono un disabile semplice: festeggio tutto l’anno e non solo il 3 dicembre»; «Nell’aldilà sarai premiato»; «Ah, ma parla??!!», e via ironizzando.
Se vi ci sono voluti alcuni secondi per capire di cosa si sta parlando, niente paura, la pagina di Valentina può aiutarvi ad entrare in contatto con la disabilità a suon di frecciatine: «Arrivano reazioni entusiastiche e suggerimenti dagli utenti disabili, ma anche da amici e familiari degli stessi. Da parte degli utenti normodotati non legati a questo mondo c’è la tendenza a confondere la pagina per una delle tante pagine goliardiche e demenziali, ma sono fiduciosa che anche attraverso i meme si possa educarli».
La formula vincente del meme si avvale anche del “politicamente scorretto”. A parte le frasi sulla sessualità (più che scorrette, direi che sono destabilizzanti per coloro che considerano le persone con disabilità “esseri angelici”), Valentina ne cita una in particolare, perché riguarda un personaggio famosissimo e intoccabile: «Il più scorretto in assoluto è “Bebe Vio is the new Chiara Ferragni”, le conclusioni traetele voi», afferma con una strizzatina d’occhio.
Anche questa è comunicazione sociale, «un tema che mi sta molto a cuore, perché dalla comunicazione parte l’educazione della società e i relativi cambiamenti. Personalmente detesto l’abilismo e l’abilismo interiorizzato e tutto ciò che ne consegue».
Ovvero? «Ti rispondo con le parole delle sorelle Elena e Maria Chiara Paolini: “L’abilismo interiorizzato vuol dire sentirsi inferiori, meno degni e meritevoli degli altri, vergognarsi di chi si è e di come si è. Vuol dire non riconoscere il proprio valore o arrivare a odiare se stessi – o aspetti di se stessi. Tutto questo perché ci si paragona ad un presunto ideale di “normalità”. Il problema è che si tratta di un pensiero inconscio che permea una visione del mondo, difficile da decostruire. È nel momento in cui ce se ne rende conto che si può iniziare a sradicare questo comportamento”. Di conseguenza l’abilismo è la discriminazione nei confronti di persone “diversamente abili” e, più in generale, il presupporre che l’abilità fisica o mentale sia l’unica norma e condizione accettata».

Questa paginetta nata per ingannare la noia sta camminando con le proprie gambe (ops, ho preso anch’io il vizio della battuta sulla disabilità con doppio senso annesso), la sua creatrice non esclude che in futuro possa evolversi in qualcosa di più corposo: «Ne sarei ben felice, mi piacerebbe potesse essere utile nelle scuole, per far capire divertendosi che con pochi accorgimenti si può rendere la vita dei disabili veramente più leggera».
Dopotutto l’ironia è una cosa seria, forse una delle più serie che esistono. Quella di Ma che ne sanno i bipedi è un’ironia  di quelle davvero intelligenti, che strappa una risata e restituisce uno spunto per riflettere, e tra una freddura e l’altra, magari riesce ad abbattere qualche pregiudizio.

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