Molto meglio gli auguri personalizzati!

di Giulio Nardone*
Tra il ricordo delle cartoline e dei biglietti augurali di “un tempo che fu”, e gli auguri di un sereno 2019 a tutti coloro che lo leggono, Giulio Nardone non dimentica qualche “augurio personalizzato”, come quello ai politici locali «affinché si convincano che trentadue anni di ritardo nell’adempiere all’obbligo di redigere il PEBA (Piano Abbattimento Barriere Architettoniche) sono troppi anche per la lentezza della nostra burocrazia» e per far sì che «rammentino agli estensori dei Piani stessi che esistono anche i non vedenti e gli ipovedenti, molto spesso dimenticati»
Cartolina di Buon Natale degli Anni Cinquanta
Una cartolina di Buon Natale degli Anni Cinquanta

Una volta questo era il tempo delle cartoline e dei biglietti di Natale che riempivano le cassette delle lettere e le borse di cuoio a tracolla dei postini, per nulla contenti di tale abbondanza. Poi sono arrivati i pieghevoli tecnologici, con i disegni ritagliati e che, al momento dell’apertura, si animavano in 3D; ulteriore evoluzione è stata quella dei biglietti con i chip per i messaggi vocali e le musiche natalizie. Ora, con un sospiro di sollievo di abeti e postini, è il tempo dei messaggi di posta elettronica.

Devo riconoscere che, pur essendo ormai abituato a fare a meno del senso della vista, tanto che spesso non mi ricordo neppure di essere cieco, qualche volta ne sento la mancanza a causa di inconvenienti più o meno gravi o di nostalgie occasionate da particolari circostanze.
Una di queste capita nel periodo di Natale, che di solito scorre molto tranquillamente, ma anche un po’ sottotono, scandito dalle cene con parenti e amici e da qualche amichevole telefonata o SMS di auguri. Ma si tratta di singoli momenti, mentre un tempo erano due settimane in cui ciascun giorno era evidenziato in giallo luminescente, pieno di movimento e di suoni e ogni giorno era Natale!
A pensarci bene, non è difficile individuare le cause di ciò: il disincanto provocato dall’età avanzata, il fatto che un tempo erano quindici giorni di vacanza, prima dal banco scolastico e poi dalla cattedra di insegnante, mentre ora che sono in pensione, si fa per dire, lavoro per la mia Associazione tredici dei quindici giorni, anche se lo faccio con passione e interesse e quindi non ne sento il peso.

Ma poi ci sono anche dei fattori ambientali: una volta c’erano gli zampognari che camminavano lentamente suonando le arie classiche natalizie, mentre qualche giorno fa sono transitati sotto casa alcuni Babbo Natale con tromba jazz e amplificatore per la base musicale. Un tempo c’erano le strade piene di luminarie colorate e i negozi addobbati a festa; ora ci sono ancora, così mi dicono, ma non basta immaginarli per avere la festa nel cuore.
E poi c’erano le cartoline colorate e i biglietti di auguri da scrivere e da ricevere, e anche se spesso le frasi erano quelle stereotipate stampate a lettere dorate, sulla busta c’era però un nome e un cognome e non si potevano scrivere cinquanta o cento indirizzi sulla stessa busta. E comunque un pensiero specifico per Giovanni o per Luciana non poteva mancare, mentre se ne scriveva il nome.
Adesso invece c’è la deprecabile abitudine di selezionare l’indirizzario del computer e di mandare due righe il più possibile neutre a un “undisclosed recipient” o destinatario non dichiarato, quando non si legge l’ancor più triste “destinatario: nessuno”!
Il massimo della tristezza, però, è quando qualcuno degli ingenui riceventi preme il tasto “rispondi a tutti” e una serie di sconosciuti riceve da una certa Maria gli auguri ricambiati. Evidentemente non si applica in questi casi la proprietà transitiva e “gli amici dei miei amici” non sono necessariamente miei amici.

A proposito di cartoline: “c’avete fatto caso”, come diceva Aldo Fabrizi, che quando in qualche bel sito turistico andavi a comprare le cartoline illustrate per fare invidia agli amici e parenti, le prendevi tutte differenti, anche se erano destinate a persone che non si conoscevano fra loro e non si sarebbero mai accorti dei doppioni?
Ma questa è un’altra storia e non c’entra con gli auguri di un sereno Anno Nuovo che voglio inviare a tutti coloro che mi leggono, anche se non posso essere ipocrita e far finta di non sapere che questi auguri non valgono come quelli inviati personalmente a ciascuno.
E allora restringo un po’ la genericità, rivolgendomi a delle specifiche categorie di persone e precisando meglio l’auspicio.

Auguro ai progettisti di prevedere fin dall’inizio che ciò che costruiscono o ristrutturano sia privo di barriere architettoniche, invece di ricordarsene all’ultimo momento e di ricorrere a soluzioni di ripiego e, soprattutto, di ricordarsi che la legge prevede anche come barriera la mancanza dei segnali tattili per i disabili visivi.
Auguro ai politici locali di convincersi che trentadue anni di ritardo nell’adempiere all’obbligo di redigere il PEBA (Piano Abbattimento Barriere Architettoniche) sono troppi anche per la lentezza della nostra burocrazia e, in particolare, che rammentino agli estensori dei Piani che esistono anche i non vedenti e gli ipovedenti, molto spesso dimenticati.
Auguro ai funzionari comunali che ricevono le dichiarazioni di avvenuta eliminazione delle barriere architettoniche nelle strutture private aperte al pubblico di accorgersi quando ciò non corrisponda a verità e quando l’affermazione non comprenda anche le barriere percettive.
Auguro ai giornalisti della stampa e dei media generalisti di approfondire un po’ di più le notizie relative alla disabilità e di  non inciampare nelle fake news, mentre allo staff di Superando auguro di proseguire serenamente nel loro ottimo lavoro.
Vi sembra che siamo ancora troppo nel generico? E allora mi rivolgerò ad un solo soggetto: che il 2019 sia benevolo per la nostra cara Italia!

Presidente Nazionale dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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