Un modello di cura integrativa per il Parkinson

Si articolerà su una serie di convegni sul territorio - il primo dei quali è in programma per il 19 gennaio a Gallarate (Varese) - il nuovo progetto della Confederazione Parkinson Italia, denominato semplicemente “Modello di cura integrativa”, e sostenuto dalla Società Ralpharma, che intende prendere in considerazione in particolare tre specifici aspetti (farmaci, esercizio fisico e fisioterapia, corretta alimentazione), ritenendoli appunto un “modello di cura integrativa”, tale da rappresentare una garanzia di efficacia nel tempo per le persone con la malattia di Parkinson
Riabilitazione di una donna con la malattia di Parkinson
Strategie riabilitative per una donna con il Parkinson, malattia la cui età d’esordio “si fa sempre più giovane”: un paziente su quattro, infatti, ha meno di 50 anni, il 10% meno di 40 anni

«La complessità legata alla salute della persona con Parkinson necessita di un approccio multidisciplinare del piano di cura, attraverso percorsi integrati, condivisi tra i diversi operatori coinvolti. Il principio di “autonomia” del paziente, sancito nel Piano Nazionale della Cronicità, diventa concreto laddove il paziente stesso e il proprio caregiver abbiano l’effettiva possibilità di “prendere in mano” la cura. Ottimizzare la qualità della vita della persona con Parkinson, comprendendo l’impatto multidimensionale della malattia è uno dei principali obiettivi cui dare attuazione».
Parte da questi presupposti il nuovo progetto della Confederazione Parkinson Italia, denominato semplicemente Modello di cura integrativa, e sostenuto dalla Società Ralpharma, che intende prendere in considerazione in particolare tre specifici aspetti (farmaci, esercizio fisico e fisioterapia, corretta alimentazione), ritenendoli appunto un “modello di cura integrativa”, tale da rappresentare una garanzia di efficacia nel tempo per le persone con la malattia di Parkinson.

«Oggi – spiegano da Parkinson Italia -, ancora troppo spesso ci si limita alla cura farmacologica per la malattia di Parkinson, tralasciando aspetti necessari per la completezza del piano di cura, quali l’alimentazione e l’attività fisica, ritenuti invece ormai fondamentali dalla letteratura medica, anche nell’ottica di prevenzione dei principali fattori di rischio della patologia. Da una recente ricerca da noi condotta lo scorso anno (Qualità della vita e rapporti clinico-terapeutici della persona con Parkinson [se ne legga ampiamente anche sul nostro giornale, N.d.R.]), è emerso che nella gestione della malattia le maggiori difficoltà per il paziente si riscontrano nell’accesso alle cure riabilitative. La mancanza di mezzi e di risorse economiche e l’assenza del supporto del servizio sociale o sanitario pubblico risultano incidere in modo determinante su questo fattore. Appare dunque evidente una difficoltà contingente da parte del paziente e della sua famiglia a sostenere completamente il peso economico legato alle cure riabilitative. Un ulteriore dato significativo emerso da quella stessa ricerca è poi la consapevolezza del paziente sull’importanza dell’attività fisica come guadagno terapeutico. L’ 83,88% dei partecipanti allo studio, infatti, nonostante la difficoltà di convivere con dolori debilitanti, risulta svolgere attività fisica. E infine, anche l’alimentazione corretta viene percepita come fondamentale nel piano di cura, ma soltanto il 39,42% del campione adotta un’alimentazione consigliata dal medico curante, mentre il 38% del campione non ha mai avuto un consiglio su dieta e/o alimentazione da parte del proprio medico. Per tutte queste ragioni, dunque, un gruppo di lavoro multiprofessionale e multidisciplinare che comprenda figure cardine dell’assistenza diventa fondamentale nel piano di cura. In primis, il neurologo, a seguire il nutrizionista/dietista, che garantisca informazioni sullo stato nutrizionale del paziente, sul grado di adesione all’eventuale piano dietetico e il tecnico della riabilitazione per la malattia di Parkinson, che favorisca il raggiungimento giornaliero degli obiettivi terapeutici, per il mantenimento del migliore stato funzionale del paziente, accrescendone l’autonomia e il massimo livello di partecipazione sociale, ovvero ritardando l’insorgenza della disabilità».

«Pertanto il nuovo progetto che andremo a sviluppare – concludono dalla Confederazione -, con la collaborazione delle Associazioni locali e con il supporto di Ralpharma, intende porre come primario àmbito di intervento l’accesso facilitato alla riabilitazione/riattivazione della persona con Parkinson presso specifiche strutture presenti sul territorio (palestre), alla presenza di operatori che saranno formati per applicare le specifiche tecniche riabilitative per la malattia. A tal proposito ci si propone di garantire una riattivazione/riabilitazione giornaliera e facilitata del paziente, presso strutture che saranno individuate sui singoli territori con il sostegno di operatori dedicati. Il valore aggiunto dato dal diretto coinvolgimento delle Associazioni territoriali sarà determinante per diffondere il modello proposto su tutto il territorio nazionale».

Riassumendo, si può dire che terapia farmacologica, attività fisica e nutrizione costituiranno il “modello di cura integrativa” che verrà diffuso attraverso specifici convegni sul territorio nazionale, durante i quali sarà possibile assistere anche a una sessione pratica di ginnastica riabilitativa per la malattia di Parkinson da parte di esperti in riabilitazione.
Il primo di tali convegni è in programma per la mattinata del 19 gennaio prossimo, presso il Museo di Arte Moderna (MA-GA) di Gallarate (Varese), Via De Magri n. 1, grazie alla collaborazione dell’As.P.I. (Associazione Parkinson Insubria) di Cassano Magnago (Varese). (S.B.)

A questo link è disponibile il programma completo del convegno di Gallarate (Varese) del 19 gennaio. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: relazioniesterne@parkinson-italia.it (Giorgia Surano).

La malattia di Parkinson
È una malattia neurodegenerativa cronica, causata dalla progressiva morte dei neuroni situati in una piccola zona del cervello che producono il neurotrasmettitore dopamina, il quale controlla i movimenti. Chi ha il Parkinson produce sempre meno dopamina, perdendo progressivamente il controllo del proprio corpo.
Arrivano così tremori, rigidità, lentezza nei movimenti, depressione, insonnia, disfagia, fino alla perdita completa dell’autonomia personale e all’impossibilità di svolgere le più semplici attività quotidiane (vestirsi, mangiare, lavarsi, parlare ecc.).
Non esiste una cura risolutiva, ma solo trattamenti sintomatici che aiutano a convivere con la malattia la quale continua a progredire.
Oggi in Italia si stima vi siano ben 300.000 malati di Parkinson, che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono destinati a raddoppiare entro i prossimi quindici anni. Va tenuto conto inoltre che si parla di una patologia rispetto alla quale gli organi d’informazione, l’opinione pubblica e le stesse Istituzioni hanno ancora una percezione errata, considerandola una “malattia dei vecchi”: l’età d’esordio, infatti, si fa sempre più giovane (un paziente su quattro ha meno di 50 anni, il 10% meno di 40 anni), e la metà dei malati è in età lavorativa, cosicché si può dire che vi siano circa 25.000 famiglie, in Italia, con figli in età scolare in cui uno dei genitori è colpito dalla malattia.

Parkinson Italia
Parkinson Italia è una Confederazione di Associazioni di Volontariato, ovvero un network per la malattia di Parkinson e i Parkinsoniani, che attraverso l’adesione delle singole Associazioni, è aperto a tutti: pazienti, volontari, familiari e simpatizzanti.
L’autonomia e la cooperazione sono i punti di forza della Confederazione, nata nel 1998 e che quindi proprio lo scorso anno ha celebrato il proprio ventennale: infatti, le Associazioni aderenti da una parte conservano tutta la libertà di azione, dall’altra si connettono a una rete di contatti e di iniziative. In questo modo il rispetto delle esigenze locali si unisce all’efficienza di una struttura di coordinamento.
Parkinson Italia – che aderisce alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – si adopera per informare l’opinione pubblica, le istituzioni e i mass-media circa:
° la gravità degli aspetti nascosti della malattia;
° le conseguenze sulle persone che ne soffrono, il loro nucleo familiare e la società.
Con l’obiettivo di ottenere adeguati trattamenti sanitari e tutele sociali, la Confederazione si fa portavoce e promotore di:
– istanze dei pazienti e dei caregiver;
– progetti su specifiche esigenze e problemi;
– studi, indagini e ricerche sociali;
– proposte di legge e adeguamenti di disposizioni in materia di salute pubblica e tutele sociali.

Share the Post: