Da oltre vent’anni ci mettiamo il cuore in tutto ciò che facciamo. Abbiamo gesti di cura e attenzione nei confronti di chi è fragile, nei confronti di chi suscita indifferenza negli altri, o uno sguardo “storto”, se non addirittura un insulto.
Basta pensare che molto spesso le parole che indicano una disabilità sono usate per insultare, per apostrofare, per dileggiare.
È storia recente il caso di quella mamma che si è vista recapitare un biglietto con la scritta «Te sei andicappata solo al cervello», solo perché aveva fatto notare a un automobilista di avere occupato impropriamente un parcheggio destinato alle persone con disabilità, e in particolare destinato a sua figlia.
Il signore in questione ha offeso la donna perché probabilmente si è visto negato o il suo diritto a parcheggiare senza rispetto delle norme. Con quelle parole scritte, ha relegato la mamma a una nullità, a cosa non degna di considerazione perché «andicappata al cervello».
Sempre la cronaca ci racconta come la parola “autistico” sia stata utilizzata e continui ad essere utilizzata [si veda a questo link il recente caso riguardante Rosita Celentano alla trasmissione RAI “Domenica In”, N.d.R.] da personaggi noti e meno noti, per ghettizzare, insultare, credendo di essere divertenti. Ma di certo non è il riso che provocano sui visi delle tante famiglie che hanno un bambino o un adulto con autismo. O in chi quotidianamente si misura sulle difficoltà che comporta la disabilità.
Troppo spesso i genitori dei bambini con disabilità che frequentano i nostri servizi ci raccontano di quanto fastidioso sia quello “sguardo degli altri” al parco giochi, per strada, sul tram. Meglio stare a casa piuttosto che imbattercisi. Lo sguardo che giudica, che ti rende diverso, che ti esclude.
La nostra risposta è educare, educare i bambini affinché diventino adulti consapevoli, in modo che da piccoli non “bullizzino” i compagni più fragili e che da adulti siano in grado di mettersi in ascolto e al servizio degli altri.
La nostra “arma di difesa” sono i gesti di cura e di attenzione verso chi normalmente viene emarginato, verso chi non ha voce e che per molti è invisibile. Facciamo in modo che quello da cui sono esclusi normalmente diventi invece per tutti.