Sapete perché mi piace il “mestiere di scrivere”? Perché regala incontri speciali con le persone, di quelli che mai nella vita avresti immaginato.
È accaduto le scorse settimane. Mi ha contattata Lucia Fusco, una ragazza di Teggiano, in provincia di Salerno, e in pochi minuti sono tornata indietro di trent’anni. Era l’estate 1988, avevo dodici anni, e alla radio c’era un tormentone, Pregherei, un brano interpretato da Scialpi e Scarlett, una cantante inglese dalla voce intensa fino ad allora sconosciuta in Italia. Vinsero il Festivalbar, Scarlett diventò famosissima.
Discreta e riservata, non aveva atteggiamenti da diva, parlava di sé attraverso la musica. Ancora qualche apparizione, duetti con Morandi e Cocciante, collaborazioni prestigiose, canzoni scritte anche per altri, dopodiché scomparve agli occhi del grande pubblico. Il messaggio di Lucia mi ha svelato il motivo di questo lungo silenzio.
La carriera artistica di Scarlett si è interrotta in maniera brusca e inaspettata la sera del 10 novembre 1995, a Roma, dove si era trasferita. Una serata come tante, passata al ristorante in compagnia di amici, il ritorno a casa a bassa velocità verso le due di notte, prende un cordolo, perde il controllo dell’automobile e finisce contro un muro. Non si sa cosa sia accaduto esattamente, fortuna vuole che un amico la preceda in macchina, assista all’incidente e chiami i soccorsi che arrivano tempestivi. Rimane lucida per tutto il tempo, intuisce che qualcosa non funziona più nelle gambe, è rimasta incastrata in malo modo tra le lamiere. Il verdetto dell’Ospedale San Giovanni, qualche giorno dopo, non lascia molte speranze: tetraplegia, non potrà più camminare. I medici le dicono che è una miracolata, per le condizioni in cui era al momento del ricovero è fortunata ad essere ancora viva.
Trascorre molti mesi nella clinica svizzera di Nottwil, vicino a Lucerna, per sottoporsi alla riabilitazione. Si concentra sul presente, mette tutte le sue forze nel recupero. Gli anni spensierati sono lì vicino, eppure lontani anni luce.
Scarlett Von Wollenmann, questo il nome completo, ha sempre avuto un debole per la musica, da piccola non faceva che cantare in continuazione, a quattordici anni ha iniziato a farlo in maniera professionale.
Si trovava a Londra, tappa di uno dei viaggi dei genitori, mamma inglese e papà svizzero, che l’hanno fatta nascere nel Paese elvetico e l’hanno sempre portata con loro in giro per il mondo. Ha un timbro vocale spiritual dono di madre natura, lei lo affina con studio e impegno, aggiunge un’impeccabile preparazione musicale, cosicché nel giro di breve tempo diventa, oltre che cantante, anche autrice e compositrice.
Nel 1982, a vent’anni, incide in Inghilterra il primo album, cui fanno seguito altri due nel 1984. Diventa vocalist dei Living in the Box ed entra a far parte dei Kissing the Pink. Con quest’ultima band britannica si fa conoscere in Italia grazie al singolo One Step che raggiunge il secondo posto nella classifica delle vendite.
Nel Bel Paese conosce Giovanni Scialpi e il paroliere Franco Migliacci. Sono loro a darle la notorietà con il Festivalbar. Anzi no, mi correggo, sono il talento, la volontà e l’umiltà di Scarlett a raccogliere il meritato successo.
Fa incursione nella musica dance e scrive due brani che entrano nella colonna sonora del film Tchin-Tchin di Gene Saks, interpretato da Marcello Mastroianni e Julie Andrews. È bella, brava e corteggiata, non potrebbe desiderare di più, ma incontra quel cordolo, cambiano le prospettive e fa male rileggere il libro felice del passato.
«L’errore più grave che potevo fare era quello di restare attaccata ad un passato purtroppo irripetibile – spiega Scarlett -. Mi sono resa conto che se mi fossi persa nei rimpianti avrei sprecato le mie energie, che vanno invece indirizzate verso la ricerca di un nuovo stile di vita. Non potrò essere mai più quella di una volta ma non per questo devo sentirmi finita».
Gli amici la sostengono, anche se alcuni di quelli incontrati nel mondo della musica si dimenticano di lei ed è doloroso constatare quanto è facile mettere da parte una persona quando si spengono le luci della ribalta. C’è la famiglia, i genitori e il fratello Giles al quale è molto legata, e la fede che, anziché affievolirsi, esce rafforzata da questa esperienza e le dà la forza di ricominciare.
Nel 1996, solo un anno dopo l’incidente, inizia una collaborazione con l’Unitalsi, l’Associazione che organizza pellegrinaggi per le persone con difficoltà motorie. Davanti a loro ricomincia a cantare, con la musica ritrova forza e determinazione. È un secondo debutto, per certi aspetti più emozionante della prima volta sul palcoscenico. «Se sono rimasta in vita – dice – ci sarà un motivo. Ci deve essere. Quel motivo voglio scoprirlo. E credetemi, sono testarda. Lavoro, mi faccio coraggio, penso positivo. Non posso fare diversamente perché in questa “guerra” sono davvero sola. E quando uno è solo deve combattere e vincere».
Il rapporto con l’Associazione le permette di partecipare a conferenze e concerti, alcuni con l’amico Riccardo Cocciante; si esibisce davanti a papa Giovanni Paolo II. La rivediamo anche sul piccolo schermo italiano, in alcune interviste rilasciate a note trasmissioni. Sempre bella, forse di più, con intatto il pudore nel raccontarsi e quel velo di timidezza.
Nel 2000 le condizioni di salute peggiorano ed è costretta a ritirarsi a vita privata, a Londra, dove tutt’oggi vive. Da circa dieci anni Scarlett è allettata, assistita dalle infermiere e dal compagno. Si sottopone a dialisi e alla terapia del dolore. Muove le braccia ma non le mani, riesce a scrivere con un pennino tenuto tra le labbra, lo stesso che utilizza per comunicare con Lucia tramite brevi messaggi su WhatsApp. Il loro incontro risale al 2012, Lucia si chiede che fine abbia fatto la cantante, cerca sue notizie su internet e la contatta. Da allora cura la sua pagina Facebook e alcuni canali YouTube che permettono a Scarlett di tenersi in contatto con i fans e di leggere i messaggi d’affetto che le arrivano.
Ci sono anche persone con disabilità colpite dalla sua storia che desiderano parlarle, e lei non si sottrae. A volte è la stessa Lucia a fornirle i numeri di coloro che la cercano, per Scarlett è un modo per essere vicina agli altri, un desiderio che ha sempre avuto e coltivato in silenzio finché la malattia gliel’ha consentito.
Adesso ha trovato un modo nuovo per continuare a farlo, un modo anche per sentirsi meno sola: «Conto molto sulle persone che mi vogliono bene, ma anche su quelle a me sconosciute, sono una grande parte della mia forza». «La sua storia – conferma Lucia – la nostra amicizia mi hanno cambiato la vita e aiutato a vedere il mondo con occhi diversi. In certi momenti l’esistenza, quando meno te lo aspetti, riesce a sorprenderti e a regalarti emozioni particolari che restano nel cuore, ti fa conoscere persone speciali che lasciano un segno indelebile e ti rendono forse una persona migliore».
Alla fine questa è una storia semplice che coinvolge due donne diversissime che non si sono finora mai incontrate di persona, ma che hanno trovato l’una nell’altra una condivisione capace di arricchire entrambe.
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