Oggi è il 21 febbraio e ogni anno, in questa data, si celebra la Giornata Nazionale del Braille, appuntamento istituito con la Legge 126/07, allo scopo di promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza sui temi della disabilità visiva, sostenere la piena inclusione delle persone non vedenti ed ipovedenti in ogni àmbito della vita e allontanare ogni forma di discriminazione e pregiudizio.
L’evento costituisce senza dubbio per tutte le persone con disabilità visiva e per le varie Sezioni dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) un’opportunità importante per organizzare convegni e riflettere sullo stato dell’arte della qualità dei nostri diritti, ma anche un’occasione per praticare la cultura dell’inclusione, attraverso iniziative concrete.
Anche quest’anno, neanche a dirlo, il nostro obiettivo è ovviamente quello di sensibilizzare tutta la cittadinanza sull’importanza, sull’utilità e soprattutto sull’attualità del Braille.
Infatti, nonostante i molteplici benefìci recati alle persone con minorazione della vista da questo sistema di lettura e scrittura, ideato da uno di loro (Louis Braille) e appositamente per loro nel 1825, ancora molti, purtroppo, manifestano una forte ostilità nei confronti di esso. Per non parlare dei tanti insegnanti di sostegno che, anche a causa della loro inadeguata formazione specifica, spesso lo ignorano e, cosa ancor più grave, lo fanno ignorare ai loro studenti non vedenti ed ipovedenti.
Da parte di numerosi genitori di ragazzi con disabilità visiva, inoltre, il Braille è considerato come emarginante e stigmatizzante, in quanto identificano l’apprendimento di questo sistema con il riconoscimento definitivo della cecità del figlio.
Occorre naturalmente rispetto per il sentire di ognuno, ma noi abbiamo l’obbligo di far sapere che nell’attuale contesto sociale, l’analfabetismo crea enormi difficoltà e che l’autentica emarginazione deriva dall’impossibilità di risolvere problemi, non già dagli strumenti con i quali i problemi si risolvono.
Dunque, oggi, tutti i non vedenti, ma non solo, devono essere consapevoli dell’importanza decisiva che l’invenzione di Braille ha avuto per la loro vita. Senza l’alfabeto ideato da quel giovane francese, essi sarebbero rimasti indefinitamente esclusi dalla cultura e dal lavoro, i soli mezzi grazie ai quali hanno potuto liberarsi dalla condizione di perenne dipendenza dalla compassione, dalla beneficenza e dagli altri, per diventare protagonisti consapevoli della loro inclusione sociale.
Tornando infine alla celebrazione della dodicesima Giornata Nazionale del Braille, quest’anno tale ricorrenza acquista un valore ancora più significativo e particolare, specie alla luce della recente sentenza n. 5851/18 del Consiglio di Stato, pronunciata nel mese di ottobre dello scorso anno, secondo la quale l’insegnante per il sostegno deve conoscere il Braille.
Tale Sentenza ha chiuso una lunga vertenza giudiziaria, passata per due precedenti pronunciamenti del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) della Calabria, ignorati nei fatti. Ma non solo, andando oltre lo stesso Braille, quella stessa Sentenza, come è stato scritto dai giudici di Palazzo Spada, «ritiene che il diritto del disabile all’istruzione e all’integrazione scolastica sia preminente, al punto da obbligare l’istituzione scolastica a ricorrere anche a canali diversi dal mero attingimento delle graduatorie, per reperire un insegnante di sostegno specializzato».
Come dire che conoscere il Braille non è solo un diritto primario dell’alunno con disabilità visiva, ma anche e soprattutto un dovere indifferibile dell’insegnante di sostegno!
Consigliere della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi.
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