«Una famiglia riteneva che il figlio con disabilità avesse avuto la formulazione di un PEI [Piano Educativo Individualizzato, N.d.R.] di terza media poco articolato e poco coerente con la normativa dell’articolo 5 del Decreto del Presidente della repubblica (DPR) del 24 febbraio 1994, che prescrive la fissazione di obiettivi e di criteri per poterne valutare il raggiungimento.
La famiglia sosteneva quindi che l’alunno fosse stato ammesso agli esami senza una corretta valutazione dei progressi realizzati, che erano inferiori a quelli della valutazione per l’ammissione agli esami e di promozione; denunciava inoltre, la famiglia stessa, che vi fosse contraddizione tra la valutazione dei risultati positivi per l’ammissione e la certificazione delle competenze non sufficientemente positive e addirittura con una relazione dell’ASL, di pochi giorni precedente lo scrutinio finale, secondo la quale l’alunno non aveva ancora realizzato tutti i progressi apprenditivi possibili.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Sicilia (Ordinanza 530/18), aveva sbrigativamente affermato che non poteva entrare nel merito della valutazione, trattandosi di “discrezionalità tecnico-professionale” riservata ai docenti e insindacabile dalla Magistratura. Contro tale diniego è stato proposto l’appello, sostenendosi con ampia citazione di norme e giurisprudenza che il merito della valutazione positiva o negativa degli scrutini è sindacabile, quando siano denunciati, come era avvenuto nel ricorso di primo grado, violazione di norme dell’istruttoria giudiziale, come il diniego di un consulente tecnico che accertasse se effettivamente fossero presenti nella formulazione del PEI e della valutazione di ammissione, le incoerenze e le violazioni di leggi denunciate.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa (CGA) della Sicilia, che è come una Sezione del Consiglio di Stato, ha a quel punto riconosciuto che tali ragioni erano provate e fondate e che pertanto l’ordinanza del TAR di diniego della sospensiva doveva essere annullata (Ordinanza 18/19). Conseguentemente, sia pure in via cautelare, ha concesso l’iscrizione con riserva all’alunno come ripetente alla terza media, in attesa del processo di merito.
Può sembrare strano che una famiglia, che di solito fa ricorso per ottenere la promozione del figlio, abbia fatto ricorso contro la promozione, perché sostiene che il figlio non ha raggiunto gli apprendimenti a lui possibili per realizzare una buona inclusione scolastica e per poter quindi proseguire nelle scuole superiori.
Anche giuridicamente, tuttavia, il requisito per l’ammissione di un ricorso è l’attualità dell’interesse ad agire, solitamente coincidente con l’interesse alla promozione; quindi qui il CGA della Sicilia ha ritenuto esistente l’interesse ad agire per ottenere la bocciatura, al fine di ottenere una migliore inclusione in scuola media tramite un PEI formulato in modo ben più articolato, con la fissazione di indicatori per poter misurare i progressi realizzati, come prescritto dall’articolo 16, comma 2 della Legge 104/92».
Questo avevo scritto in una scheda pubblicata qualche settimana fa nel sito dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) [a questo link è disponibile il testo integrale della scheda, N.d.R.], ritenendo tale decisione innovativa e degna di essere favorevolmente giudicata.
Ebbene, dopo quella mia presa di posizione, sono state sollevate alcune obiezioni da parte di esperti pedagogisti, lamentando che in tal modo prevarrebbero i giudizi legali su quelli professionali dei docenti.
Si è pure amaramente osservato che con questo innovativo orientamento giurisprudenziale si vanifica la norma introdotta negli articoli 11 e 20 del Decreto Legislativo 62/17, in forza dei quali agli alunni con il PEI differenziato che non si presentano agli esami viene rilasciato comunque l’attestato con i crediti formativi maturati e quindi non possono più ripetere la classe. Si dice che invece con questo orientamento saranno ammessi a ripetere, con una palese invasione di campo da parte della Magistratura.
Personalmente continuo a ritenere infondate queste preoccupazioni. La Magistratura, infatti, non entra nel merito dei giudizi valutativi sul merito, ma sulla coerenza di tali giudizi e se riscontra che non siano stati utilizzati strumenti sufficienti, deve pretendere, proprio per un principio di giustizia, di far ripetere il percorso formativo erroneamente svolto in precedenza.
Se invece i docenti della classe sapranno rispondere ai propri doveri deontologici di professionalità, il giudizio della Magistratura, in caso di ricorso, dovrà convalidare il comportamento tenuto dai docenti stessi e quindi la correttezza delle loro valutazioni, positive o negative che siano.
Sino ad oggi la Magistratura era stata chiamata a decidere su bocciature ritenute ingiuste dai ricorrenti e ha sempre usato lo stesso criterio, cioè verificare la coerenza delle valutazioni sulla base degli strumenti didattici adottati. Quando poi ne ha riscontrato l’incoerenza, rispetto agli strumenti adottati, ha annullato tali valutazioni.
Questa volta – e penso sia la prima – lo stesso criterio è stato applicato al caso di una promozione non giustificabile con le procedure didattiche adottate oppure omesse e il risultato può fare scandalo; ma il criterio adottato dalla Magistratura è sempre lo stesso, come ha coerentemente dimostrato l’avvocato Gianfranco de Robertis, consulente legale dell’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), patrocinatore del ricorso in primo grado e ispiratore dell’appello.
E dunque, non promeatur ut amoveatur, ovvero “non si deve promuovere per mandare via dalla classe!”.