Il 3 marzo scorso ha coinciso con il decennale della ratifica da parte dell’Italia della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, approvata appunto il 3 marzo 2009 con la Legge 18/09. Tale norma impegna anche il nostro Paese ad adottare leggi che proibiscano diversità basate su qualsiasi forma di disabilità, dalla cecità alla malattia mentale.
La giornata del 3 marzo ha rappresentato certamente un momento unico di incontro e di riflessione per tutti i movimenti italiani di e per le persone con disabilità, in quanto la ratifica della Convenzione ha senz’altro gettato le basi anche in Italia per una politica contro le disparità e le discriminazioni e costituisce sicuramente una tra le principali conquiste di civiltà degli ultimi anni, comportando un cambiamento culturale e legislativo di approccio alla disabilità, vista non più come un problema di salute, ma come una questione di “diritti umani”.
La Legge 18/09, inoltre, è stata anche un importante punto di riferimento per la stesura del Primo e successivamente, alla fine del 2017, del Secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, documenti che hanno posto con chiarezza gli obiettivi e le modalità per garantire finalmente i diritti umani delle persone con disabilità del nostro Paese. In questi due testi, infatti, vengono trattati aspetti centrali per la concreta applicazione della Convenzione: diritto allo studio, al lavoro, alla salute, alla mobilità, alla vita indipendente, al riconoscimento della condizione di disabilità, agli interventi in àmbito di cooperazione internazionale, fino ai sistemi di rilevazione statistica.
E pur tuttavia, proprio in occasione di questa importante ricorrenza, le considerazioni che vengono alla mente a proposito dell’inclusione sociale delle persone con disabilità italiane sono estremamente scoraggianti.
Abbiamo infatti una Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, una Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, abbiamo gli impegni politici previsti dai diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030 e da ultimo, ma non certo ultimo, il predetto nuovo Programma di Azione biennale, ma nonostante tutto ciò, concretamente, siamo ancora molto indietro, specie a causa dei tanti, troppi tagli operati negli ultimi anni, in àmbito di disabilità, da qualsivoglia Governo.
Registrare che nel 2019, in Italia, la condizione di disabilità coincide ancora con uno dei principali fattori determinanti di povertà certifica indubbiamente l’inefficienza e il fallimento di uno Stato incapace di applicare le tante buone leggi vigenti a tutela delle persone con disabilità, tra cui la stessa Legge 18/09, ma che evidentemente rimangono fin troppo spesso solo “sulla carta”.
Ogniqualvolta abbiamo rivendicato maggiore rispetto per i nostri diritti inviolabili, la nostra classe dirigente, almeno in tempi recenti, ci ha sempre risposto con il “refrain” dell’austerity e del vincolo di bilancio.
Ma un Paese che antepone il contenimento della spesa alla tutela dei diritti primari dei suoi cittadini è un Paese malato, che non si può dire “civile”, e che calpesta colpevolmente Trattati come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità,più sopra citati.
Pertanto, per noi persone con disabilità e per il nostro movimento, il decimo anniversario della ratifica della Convenzione ONU non ha costituito soltanto una giornata celebrativa, ma anche una preziosa occasione per rilanciare una sfida costruttiva e propositiva alle forze politiche del nostro Paese e all’attuale Esecutivo, per esigere scelte finalmente chiare, strutturali e inequivocabili, innanzitutto sui Fondi che più ci interessano (Politiche Sociali, Non Autosufficienza, “Dopo di Noi”, Scuola, Lavoro).
L’auspicio, quindi, è che l’attuale classe dirigente recepisca tempestivamente tali nostre vive e accorate raccomandazioni, anche in vista delle ormai prossime Elezioni Europee di fine maggio, riappropriandosi del primato della politica rispetto a quello dell’economia e rimettendo al centro della scena le persone con disabilità, con i loro diritti fondamentali all’autodeterminazione, all’inclusione e alla cittadinanza attiva.