Un paio di mesi fa avevamo lasciato il film Dafne di Federico Bondi in attesa di essere presentato in anteprima mondiale al Festival Internazionale del Cinema di Berlino. In quella manifestazione, poi, la pellicola ha ottenuto un prestigioso riconoscimento nella Sezione Panorama, vale a dire il Premio FIPRESCI (Fédération Internationale de la Presse Cinématographique, ovvero il Premio della Critica Internazionale), «per il ritratto toccante e profondamente umano di una figlia coraggiosa e del suo amorevole padre, che cerca di superare il dolore e per le indimenticabili interpretazioni di Carolina Raspanti e Antonio Piovanelli».
Ora Dafne, dopo alcune anteprime nazionali (innanzitutto a Roma, durante la festa-evento per i quarant’anni dell’AIPD-Associazione Italiana Persone Down), sta per uscire nelle sale, ciò che accadrà a partire dal 21 marzo, Giornata Mondiale delle Persone con Sindrome di Down (a questo link è disponibile il calendario di tutte le uscite nelle varie città).
La storia del film è presto raccontata. Dafne – interpretata dall’esordiente Carolina Raspanti, persona con sindrome di Down, già autrice del libro Questa è la mia vita – ha 35 anni, un lavoro che le piace, amici e colleghi che le vogliono bene. Vive insieme ai genitori, Luigi (Antonio Piovanelli) e Maria (Stefania Casini). L’improvvisa scomparsa della madre manda in frantumi gli equilibri familiari, cosicché Dafne è costretta ad affrontare non solo il lutto, ma anche a sostenere Luigi, sprofondato nella depressione.
Grazie all’affetto di chi le sta intorno, alla propria determinazione e consapevolezza, Dafne trova la forza di reagire e cerca invano di scuotere il padre, fino a quando un giorno accade qualcosa di inaspettato: intraprenderanno insieme un cammino in montagna verso il paese natale di Maria e nel tentativo di guardare avanti, scopriranno molto l’uno dell’altra.
Al regista Federico Bondi abbiamo chiesto innanzitutto com’è nata l’idea del film. «Qualche anno fa – racconta – vidi alla fermata dell’autobus un padre anziano e una figlia con la sindrome di Down che si tenevano per mano. Fermi, in piedi, tra il via vai di macchine e passanti, mi apparvero come degli “eroi”, due sopravvissuti. Dafne nasce da questa immagine-emozione, la scintilla che mi ha spinto ad approfondire. Sono entrato con curiosità in un mondo che non conoscevo, finché ho avuto la fortuna di incontrare Carolina Raspanti, con cui è nata un’amicizia fondamentale, non solo per il film, ma anche per la mia vita».
Com’è andata sul set?
«Sul set, la presenza di Carolina si è rivelata un esempio per tutti: lei non subisce la propria diversità, ma la accoglie, ci dialoga, vive la sua condizione con matura serenità. In un mondo che “obbliga” all’efficienza e all’illusorio superamento della sofferenza (esiste ormai anche la pillola per il lutto!), Carolina/Dafne ci ricorda di accettare, nei suoi limiti, la condizione in cui ci troviamo e di viverla pienamente».
Qual è il momento chiave della storia?
«La scomparsa improvvisa della madre segna un punto di non ritorno nella vita della ragazza, che ora deve affrontare non solo i suoi problemi, ma anche quelli del padre. A partire dalla complementarietà dei loro bisogni, in un momento così drammatico e doloroso, la parabola del loro rapporto offre un’opportunità per entrambi; Dafne è la storia di una “ripresa”, come ottimismo e volontà di superamento. Un invito, almeno negli intenti, ad abbandonare l’atteggiamento rigido del pregiudizio e sentimenti come la paura, a volte persino l’orrore o più spesso la compassione davanti al “diverso”, grazie all’ironia. Quest’ultima, infatti, è la forza più evidente del carattere di Carolina, dotata di un umorismo spiazzante e imprevedibile, che contemporaneamente si fa portavoce di un’estrema serietà: per lei, infatti, la vita è una lotta da affrontare a viso aperto!
Con una commistione di generi, e senza trasformare la disabilità in tema d’intrattenimento, Dafne è una commedia drammatica o un dramma in chiave di commedia: una dramedy dove si può ridere e piangere allo stesso tempo, mi auguro».
È stata Carolina ad “entrare” nel film oppure il film a “piegarsi” a lei?
«Oggi in Italia sono quasi 40.000 le persone con la sindrome di Down. Non è una malattia, è una condizione genetica che accompagna per tutta la vita le persone nate con un cromosoma in più. Tuttavia, non esiste una persona Down uguale a un’altra, proprio come non c’è una persona “normodotata” uguale a un’altra. Carolina è Dafne. La “realtà” è stata l’ispirazione e il metodo mentre scrivevo e mentre giravo. Quindi posso dire che non è stata Carolina ad “entrare” nel film (non ha mai letto una sola pagina della sceneggiatura), ma è stato il film a “piegarsi” a lei. Potevo permettermi di “tradire” il testo originario ma non la fiducia di Carolina, che esigeva rigore, rispetto, ascolto, tutti stimoli per tentare di restituire dignità alla sua storia, al suo sguardo e a quella stretta di mano alla fermata dell’autobus».
«Dafne – aggiungono i produttori Marta Donzelli e Gregorio Paonessa – non è solo un film sulla sindrome di Down: è una piccola storia raccontata dal punto di vista unico della sua protagonista, portatrice di quella sindrome, una giovane donna piena di risorse, pronta ad affrontare il cambiamento con un’incredibile forza».
Prodotto da Vivo film con RAI Cinema e con il contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (Direzione Generale Cinema), Dafne è stato realizzato nell’àmbito del Programma Sensi Contemporanei – Toscana per il Cinema, con il sostegno della Regione Lazio e di Unicoop Firenze.
Particolare non secondario, l’opera è stata patrocinata sia dalla citata Associazione AIPD che dal Comitato Siblings (Fratelli e Sorelle di persone con disabilità). (Stefano Borgato)
Ricordiamo ancora il link al quale è disponibile l’elenco delle uscite in sala di Dafne nelle varie città italiane. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: dafne.distribuzione.vivofilm@gmail.com (Raffaella Milazzo).
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