Era esattamente il mese di febbraio del 2005, quando «Superando.it» cominciò ad occuparsi del ponte di Venezia denominato in seguito “della Costituzione”, l’opera progettata dal celebre architetto spagnolo Santiago Calatrava e della quale negli anni seguenti abbiamo denunciato i problemi di accessibilità e non solo. Basti vedere in calce il lungo elenco degli articoli da noi pubblicati.
Nel 2009, poi, riferimmo come il Tribunale Civile di Milano avesse respinto un ricorso, sostenuto anche dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), presentato per dimostrare la violazione della Legge 67/06 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), segnatamente riguardo alla cosiddetta “ovovia”, ovvero quella sorta di cabina che avrebbe dovuto percorrere la struttura sul Canal Grande di Venezia, trasportando carrozzine e persone con ridotta mobilità (se ne legga cliccando qui).
Non un anno, non due, ma ben dieci ne sono passati da allora, per arrivare all’esito finale di quella triste vicenda. In questi giorni, infatti, gli organi d’informazione titolano: Venezia, in pensione l’ovovia di Calatrava per disabili. “Monumento allo spreco” costato 2 milioni e quasi mai usato.
A questo punto la FISH chiede che realmente quell’ovovia diventi un “monumento a ciò che non si dovrà più fare” e anche che quel ponte cambi nome, senza più offendere la Costituzione Italiana.
Qui di seguito recepiamo e ben volentieri pubblichiamo il comunicato diffuso dalla Federazione.
«La Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ben prima della sua costruzione aveva denunciato il fatto che il Ponte di Calatrava fosse un monumento all’esclusione.
Se il costosissimo quarto ponte sul Canal Grande deve rappresentare l’eredità culturale dell’epoca in cui è costruito, al pari di ogni altra opera dei secoli scorsi, esso testimonia innegabilmente una cultura di esclusione. Infatti, un’opera civile che tradisce le esigenze della comunità a cui si rivolge è un errore progettuale, una violazione del diritto umano alla partecipazione la cui responsabilità è parimenti distribuita fra progettisti e decisori politici che si sono alternati in questi anni. Atti tanto più gravi perché si consumano a Venezia, un patrimonio dell’Umanità intera.
Quel ponte, pur costruito nel XXI secolo, è inaccessibile alle persone con disabilità, di difficile percorribilità per anziani e per chiunque altro, complici i materiali sdrucciolevoli con cui è realizzato, l’alternante lunghezza delle pedate dei gradini che costringono ad innaturali cambi di passo, le scarse differenze cromatiche: il contrario della progettazione universale, come FISH ripete da anni. Lo dimostrano le frequenti cadute, poi oggetto di richiesta di indennizzo al Comune di Venezia.
Di fronte a tali evidenze – mai ammesse formalmente – si è deciso di adottare una soluzione assurda sotto il profilo tecnico e non solo: l’ovovia. Contro di essa la FISH si era espressa in modo contrarissimo giudicandola inutile, dai costi ingiustificati, disagevole, di difficile manutenzione, a rischio costante di blocco.
Il Comune ha proseguito imperterrito verso quella soluzione, ignorando caparbiamente i suggerimenti delle organizzazioni delle persone con disabilità, salvo poi scontrarsi con l’evidenza dei fatti.
Oggi siamo all’esito finale: l’ovovia può essere smantellata dal Comune senza correre il rischio di una denuncia per danno erariale. E quindi, ad un costo (solo stimato, poi si vedrà) di 40.000 euro – a carico dei cittadini – l’ovovia sarà rottamata.
Su questa vicenda la FISH formula oggi una proposta culturale e politica (a costo zero).
L’ovovia – disattivata, portata al centro della campata, illuminata – rimanga lì dove si trova. Vi resti quale monito all’esclusione, quale modello negativo di ciò che non bisogna fare per garantire l’inclusione delle persone con disabilità e per il bene comune. Rimanga e ne venga evidenziata la storia e gli errori: sarebbe profondamente educativo per tanti progettisti, per tanti decisori politici, per tanti cittadini.
Al contempo, con un orgoglioso sussulto di cittadinanza, chiediamo che anche la toponomastica divenga coerente ai fatti. La denominazione “Ponte della Costituzione” è un insulto alla Carta Costituzionale che è alla base della convivenza civile del nostro Paese ed è uno schiaffo all’articolo 3 della stessa Costituzione che dal 1948 ci rammenta che tutti i cittadini sono uguali. Si cambi il nome di quel Ponte, per rispetto ai cittadini, per rispetto alla Costituzione!
FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap».
Per ulteriori informazioni e approfondimenti. ufficio stampa@fishonlus.it.
Sulla vicenda del “Ponte di Calatrava” (oggi “Ponte della Costituzione”), segnaliamo i seguenti testi pubblicati dal nostro sito (i primi sono i più recenti):
– Quel secondo Ponte «dei Sospiri» (per le persone con disabilità)… (cliccare qui)
– Ponte della Costituzione e ovovia: la FISH rigetta le motivazioni di quell’Ordinanza (cliccare qui)
– Stiamo cercando di far capire a tutti che l’ovovia non renderà accessibile quel ponte (cliccare qui)
– Non potrà essere l’ovovia a far cessare la discriminazione! (cliccare qui)
– Quel ponte discrimina milioni di persone! (cliccare qui)
– Ponte di Calatrava: il grande rattoppo (cliccare qui)
– Il ponte e il presidente (cliccare qui)
– Discriminazione a mezzo stampa (cliccare qui)
– Quando i veneziani non sono all’altezza della città (di Roberto D’Agostino, cliccare qui)
– Quando l’ignoranza tocca il fondo (di Roberto Scano, cliccare qui)
– Non si può proprio chiamarlo «Ponte della Costituzione» (di Roberto Scano e Franco Bomprezzi, cliccare qui)
– Quel ponte è un’opera incompleta (cliccare qui)
– Ovovia: la parola al direttore dei lavori (cliccare qui)
– E finalmente il ponte arriva! (cliccare qui)
– Il futuro del quarto ponte (cliccare qui)
– Approvata l’ovovia per il quarto ponte di Venezia (cliccare qui)
– Il quarto ponte di Venezia (a cura di Barbara Pianca, cliccare qui)