Oggi voglio raccontare una storia. No, non una di quelle storie di gente che urla e calpesta il pane, o si oppone all’entrata di cittadini italiani che identifica come rom nelle case popolari. E non è nemmeno una storia di bande che picchiano un ragazzo di colore. Di conseguenza non è nessuna delle storie che regolarmente si possono leggere sui giornali o giudicare in internet. È una di quelle storie che ascolti per caso, in un mattino di primavera in cui avevi poco da fare. E infatti è proprio così che ne sono venuta a conoscenza.
Un bel mattino di primavera, in un giorno indefinito di marzo, ero andata a farmi una passeggiata con figlio e accompagnatore nei pressi di un centro commerciale di Roma.
Per unire le volontà di tutti, prima un giro per negozi per il figlio, e poi io ho insistito per una capatina anche nel verde. Abbiamo quindi scovato un piccolo parco nelle vicinanze.
Ovviamente, la prima entrata, quella per tutti, era assolutamente non accessibile, nemmeno per il mio scooterino. Rischiava di rompersi la scocca e allora ci siamo messi a fare un giro; magari la “fatina di scooter e sedia a rotelle” quel giorno si era svegliata bene…
E infatti, miracolosamente, dopo mezzo giro dell’isolato, eccola. L’entrata accessibile, corrispondente all’area per cani.
Sono entrata e sono stata accolta da scodinzolanti amici che trovavano entusiasmante il mio scooter rosso e il pupazzetto attaccato alla chiave. Ovviamente i padroni li hanno seguiti e io ho espresso il mio stupore per l’entrata accessibile, perché in genere non è molto presente nemmeno nelle aree per cani. «Oh, non è stato il Comune!», mi ha assicurato un padrone, mentre cercava di convincere il suo cane che il mio pupazzetto non poteva diventare il suo nuovo giocattolo. «Siamo stati noi, abbiamo fatto una colletta! C’è un ragazzo con la sedia che viene sempre qui, con il suo cane. Avevamo notato che gli piaceva venire anche in orari in cui c’era poca gente, o addirittura nessuno, ma con l’entrata che c’era prima, questo poteva essere molto difficile, se non addirittura impossibile. Allora ci siamo chiesti: perché deve rinunciare a venire a vedere l’alba, o il tramonto, o anche venire a vedere le lucciole, se lo desidera? E così, abbiamo messo mano al portafoglio, e abbiamo fatto fare questa entrata. Tutti hanno il diritto di godersi il verde in autonomia!».
A quel punto, intorno a me c’erano anche gli altri occupanti il parco, e annuivano a quanto diceva quella persona. Gente comune che aveva fatto una piccola cosa straordinaria, per vedere un padrone e un cane divertirsi insieme senza bisogno di nessun altro.
Perché il mondo è di tutti, e la società, se vogliamo, siamo tutti. Nel male, calpestando il pane destinato a dei rom, o chiedendo a gran voce che non possano accedere alle case popolari. Ma anche nel bene, creando libertà dove c’erano ostacoli, autonomia dove c’erano barriere.
E ora, per voi Lettori, una piccola grande sfida: ce la fate a condividere questa storia, e dove e quando potete, su Facebook, nei bus, in casa?
Proviamo a costruire un mondo migliore anche mostrando volti sorridenti e gentili e non solo urla e intolleranza? Beh, io lo spero, e intanto faccio la mia parte. Raccontando questa storia.