L’idea è venuta a Cinzia Chiarini, donna con disabilità motoria, diplomata all’Istituto d’Arte di Càscina (Pisa), con una passione per i colori, la carta, i tessuti, la tappezzeria e il design; a supportarla è stata Michela Trentin, manager da oltre venticinque anni nell’organizzazione e nello sviluppo delle aziende.
È nata così, a Pontedera (Pisa), la start up Vanity Wheel, per produrre e a lanciare sul mercato della moda dei copriruota per personalizzare le sedie a rotelle, rendendole un oggetto che può cambiare facilmente aspetto e abbinarsi agli abiti che si indossano.
«Si tratta – hanno spiegato spiegano Chiarini e Trentini sul quotidiano «La Nazione» – di carrozzine fashion coperte con cover alla moda, personalizzate e molto glamour. Sedie a rotelle che di colpo si trasformano. Non più sedie a rotelle da nascondere, grigie, senza bellezza, ma da sfoggiare, esibire, segno di libertà, piacere e perché no, anche di vanità».
Sembra dunque finito il tempo nel quale le carrozzine erano oggetti ai quali le persone con disabilità «erano costrette». Personalizzarle anche sotto il profilo estetico, trattarle come un oggetto di design, mette in luce la loro reale connotazione: essere cioè strumenti di libertà.
Vanity Wheel propone cinque linee di moda differenziate: donne, uomini, arte, sport, bambini/e sino all’adolescenza. Vivacità, colore e facilità d’uso caratterizzano i diversi copriruota, decorati con motivi floreali, jeans, graffiti, gioielli, quadri o frasi di persone famose (come la poetessa Alda Merini).
Per finanziare il loro progetto, Chiarini e Trentin hanno lanciato anche una raccolta fondi sulla piattaforma Eppela. Oltre ai copriruota, infatti, prevedono un investimento anche nella produzione di accessori accessibili, scrivendo: «L’obiettivo di Vanity Wheel è quello di essere un brand riconosciuto nel mercato della moda degli accessori accessibili. […] Le cover vendute andranno a finanziare i progetti legati agli altri accessori accessibili, primo tra tutti lo studio e la produzione dei set viaggio: trolley e shopper legati all’indipendenza e libertà di movimento».
«L’abito non fa il monaco», recitava un vecchio adagio: qualche volta, invece, succede proprio il contrario! Fare cioè in modo che anche con la sedia a rotelle, chi vuole, possa comunicare la propria voglia di vivere, di libertà, di partecipare e di divertirsi è una questione molto meno frivola di quanto si creda. Difficile, infatti, pensare all’inclusione come a qualcosa di frivolo, anche se la sua realizzazione non è estranea all’idea di bellezza. (Simona Lancioni)
La presente nota riprende, per gentile concessione, un testo già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), con alcuni riadattamenti al diverso contenitore.