«Ci piace molto la qualifica di “accordatrice di orecchie”. Riteniamo che sia un neologismo destinato a non avere durata effimera, che magari non potrà aggiungersi, come dovrebbe, nel cartello davanti a un servizio sanitario pubblico, come il Centro Impianto Cocleare della Struttura di Audiologia e Foniatria all’Azienda Città della Salute e della Scienza di Torino, ma che tuttavia avrà certamente un posto dedicato nel cuore e nella testa dei pazienti coinvolti in questa iniziativa. Quel termine, infatti, esprimono la passione, l’impegno e l’umanità di una persona in cui completano le già importanti competenze professionali, arricchite da un continuo aggiornamento e dal rapporto con le persone in carico e i loro familiari».
Di quale iniziativa parla Paolo De Luca, presidente dell’APIC di Torino (Associazione Portatori Impianto Cocleare) e chi è l’“accordatrice di orecchie”, così come è stata felicemente definita da Cinzia Ficco in un articolo apparso sulla testata «Democratica.com»?
Si tratta dell’audiometrista Carla Montuschi, ovvero colei che ha condotto in porto un’iniziativa importante quale il Progetto Beethoven, coinvolgendo il Centro Ricerche Innovazione, Tecnologia e Sperimentazione della RAI, insieme al Centro di Produzione di Torino e al Segretariato di Responsabilità Sociale dell’emittente pubblica, oltre all’Orchestra Sinfonica Nazionale della stessa, al Dipartimento di Otorinolaringoiatria della Città della Salute e della Scienza di Torino, all’Università del capoluogo piemontese e alla già citata Associazione APIC.
E così, all’inizio di aprile, dopo quattro appuntamenti preliminari di prova, venticinque persone tra ipoudenti e sordi, portatrici di impianto cocleare e/o protesi acustica, hanno potuto godere come tutti gli altri della musica immortale di Beethoven, all’interno dell’Auditorium della RAI Arturo Toscanini di Torino.
Come è potuto accadere? A spiegarne gli aspetti tecnici, a «Democratica.com», è stato Mauro Rossini, funzionario del Centro Ricerche Innovazione, Tecnologia e Sperimentazione della RAI: «La sala dell’Auditorium Arturo Toscanini è stata attrezzata con un cavo di rame che circonda un settore della platea, circa cinquanta posti. Alla sua estremità è collegato un trasmettitore ad induzione magnetica. Quest’ultimo riceve il segnale dalla Regia Radio RAI. Il sistema è stato installato e certificato da un’azienda leader nel settore, la Omnia Com di Roma. Le persone con impianto cocleare o apparecchio acustico hanno potuto selezionare la ricezione tramite il sistema TCoil e ascoltare esclusivamente il segnale audio dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, senza interferenze o riverberi. Il segnale irradiato nell’anello proviene dai microfoni posizionati accanto agli strumenti. L’ascolto è privilegiato, uguale a quello del direttore d’orchestra. La tecnologia delle trasmissioni ad induzione magnetica è nota, ma a Torino siamo andati oltre, associando un evento culturale a una riabilitazione assistita».
«Persone che erano sorde al momento della scelta di sottoporsi all’intervento di impianto cocleare – commenta Paolo De Luca – sono rimaste tali anche dopo, con la differenza, però, che mettendo in funzione l’impianto attraverso il processore esterno, sentono e – durata delle batterie permettendo – possono ascoltare anche la musica, raggiungendo soddisfazioni che si avvicinano alla qualità percepita dalle persone normoudenti, attraverso il sistema di amplificazione a induzione magnetica, utilizzabile come già avviene normalmente in molti Paesi per innumerevoli applicazioni quotidiane, quali taxi, sportelli, teatri, hotel, sale convegni, cinema, luoghi religiosi e altro ancora».
«E del resto – aggiunge – la condizione della sordità in Italia è cambiata ormai da da molti decenni e i “nuovi sordi” sono in maggioranza. L’attenzione, quindi, dovrebbe essere posta per lo più sulla prevenzione, sul diritto allo studio, al lavoro, alla cultura , all’accessibilità e all’inclusione. A tal proposito, non si è affatto all’anno zero e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, in particolare per quanto riguarda la disabilità uditiva, dovrebbe essere calibrata tenendo conto delle conquiste raggiunte in àmbito sanitario/scientifico, legislativo e culturale, in un quadro pur da migliorare molto, ma non certo paragonabile alla situazione presente in altri Paesi, ove le persone sorde e ipoudenti non hanno alternative all’apprendimento e all’uso della comunicazione segnante attraverso le lingue gestuali».
Importante è il fatto che il concerto di inizio aprile non resterà un unicum. Il progetto, infatti, si protrarrà sino alla fine della stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI e verrà riproposto anche nel prossimo anno.
Ma non solo: Mauro Rossini ha annunciato altre importanti novità per il futuro, parlando di «nuovi sistemi di trasmissione che si stanno studiando nel mondo dell’accessibilità e inclusione per le persone con impianti cocleari e acustici». «La tecnologia – ha dichiarato – è in continua evoluzione e in RAI, presso l’Auditorium della Radio di Via Asiago a Roma, è in fase di sperimentazione un sistema digitale che permette la trasmissione via Ip e rete wireless. Speriamo dunque che l’esempio della RAI sia seguito anche da altri teatri e auditorium sia nel settore pubblico che in quello privato».
Nient’affatto casuale, infine, nemmeno la scelta della Settima Sinfonia di Beethoven, per il concerto che a Torino ha coinciso con l’esordio del progetto. Così lo ha spiegato Carla Montuschi, sempre a «Democratico.com»: «Perché la Settima di Beethoven? Perché Beethoven è l’icona della sofferenza che la sordità porta con sé, l’immagine del senso di vergogna e isolamento per una disabilità invisibile, una disgrazia che nel compositore, dato il suo talento, pareva essere una beffa del destino. Egli visse uno sconforto grande, tanto che invocò la morte nel 1802, come si legge nel celebre Testamento di Heiligenstadt. Ma lui fu poi capace di fare emergere sentimenti di ribellione e rivalsa. La Settima fu iniziata nel 1811, mentre si trovava nella città termale di Teplitz, proprio durante un ciclo di cure. Nonostante il dolore della sua condizione, trasformò ogni affanno in gioia e perfezione. Stupisce che tanta bellezza possa essere stata concepita nella dimensione del silenzio. È un messaggio di resilienza che ben si concilia con il duro cammino delle persone impiantate».
L’APIC elogia e non finisce di ringraziare. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@apic.torino.it.
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