Domanda: “Ma in quella casa ci sono barriere?”. Risposta: “In che senso?”

di Alessandra Corradi*
«Quando chiamavamo un’agenzia per informarci su una certa casa - scrive Alessandra Corradi - alla nostra domanda “ma ci sono barriere?”, la risposta era “in che senso?”. È pertanto inconcepibile che dei professionisti possano rispondere così, trent’anni dopo la Legge del nostro Stato che regola l’abbattimento delle barriere. Abbiamo quindi deciso di promuovere un corso di formazione gratuito sull’accessibilità residenziale, rivolto ad agenti immobiliari, amministratori di condominio, architetti e geometri»
Scale per scendere in bagno
Magari non si arriva a “casi limite” come questo, e tuttavia permane l’impressione che per la maggior parte dei progettisti impegnati nel campo dell’edilizia residenziale, il concetto di accessibilità sia ancora da acquisire

Tutti noi, quando dobbiamo cambiare casa o trovarne una per la prima volta, abbiamo delle aspettative di ordine pratico, ma anche estetico, e sulla base di queste impostiamo la nostra ricerca e già operiamo una prima selezione. In questo processo, la maggior parte delle persone non tiene però mai conto dell’accessibilità, cioè di quanto e come un ambiente “costruito” dall’uomo possa avere quelle che vanno sotto il nome di barriere architettoniche: chi deambula, infatti, non ha nessun problema a fare le scale per spostarsi al piano di sopra, dove spesso si trova la zona notte, così come non fa troppo caso al fatto che per accedere all’uscio debba salire qualche gradino, né, ovviamente, che l’intero appartamento possa trovarsi al secondo o terzo piano, anche senza ascensore. E chi deambula non avendo esperienza di mobilità ridotta o assente, logicamente, alle barriere non ci pensa.
E invece le barriere sono la prima discriminante tenuta in conto da tutte quelle persone che annoverano, nel proprio nucleo familiare, chi ha difficoltà a camminare o magari non lo fa assolutamente e si sposta (o viene spostato) sulla sedia a rotelle. Oppure chi ha disabilità sensoriali (vista e udito).
Ecco dunque che tutte queste persone – che nella mia città, Verona, sono diverse migliaia, oltre appunto ai componenti il nucleo familiare di cui fanno parte – sono costrette a tenere conto proprio di determinate caratteristiche delle abitazioni residenziali.
Scrivo naturalmente per esperienza diretta, affinata poi dal mio reggere un’Associazione di genitori che si occupa anche di abbattimento delle barriere, con all’attivo vari progetti sia a Verona che a Lodi, dove riusciamo a coinvolgere anche le scuole e i loro Dirigenti.

Nel 2017, esattamente il 2 dicembre, nell’àmbito dell’edizione di allora del Festival Non c’è differenza, si svolse nella Sala della Gran Guardia di Verona un importante evento, moderato dalla mai troppo compianta Nicoletta Ferrari, fondatrice e presidente dell’Associazione Dismappa.
Relatori erano l’allora neo assessore con delega specificatamente creata alle barriere architettoniche Ilaria Segala, il soprintendente all’Archeologia, alle Belle Arti e al Paesaggio Fabrizio Magani, l’architetto Stefano Maurizio (incaricato PEBA-Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche di Verona) e il geometra Gianluca Contato del SUEP (Sportello Unico Edilizia).
Si disse che a quel consesso erano stati invitati tutti gli architetti e gli ingegneri di Verona, perché, appunto, queste due figure professionali erano coinvolte in primo piano.
Ebbene, eravamo in quindici! Noi due dell’Associazione Genitori Tosti, due rappresentanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), un geometra, una signora in carrozzina elettrica appositamente venuta da Reggio Emilia, una signora della Prima Circoscrizione Comunale di Verona, il “mitico” Elia Barcella del GALM (Gruppo di Animazione Lesionati Midollari) e altre sette persone.
In quella scarnamente frequentata sede, comunque, avanzai una proposta/quesito: perché non formare gli agenti immobiliari, gli amministratori di condominio, i geometri? Il mio ragionamento nasceva dal fatto che ogni volta che chiamavamo un’agenzia per informarci su una certa casa (siamo una famiglia di cinque persone), alla nostra domanda «ma ci sono barriere?», la risposta era, invariabilmente, «in che senso?».
È inconcepibile che dei professionisti possano dare una risposta del genere, rivelando tutta la propria estraneità ad un campo che non può essere ancora oggi ignorato. Non può essere ignorato perché la Legge del nostro Stato (e non di Marte!) che regola appunto l’abbattimento delle barriere è targata anno 1989! [Legge 13/89, N.d.R.].
Non è possibile e quindi non è concepibile che in trent’anni non si sia diffusa la cultura e la competenza, attraverso appunto dei corsi di formazione ad hoc, per cui nel 2019 a Verona, quarta città turistica del nostro Bel Paese, culla di cultura, arte, tradizioni e storia, che annovera molte personalità di spicco in altrettanti campi, sia praticamente tabula rasa in materia di accessibilità residenziale.

Come Associazione, piccola, passionale e di parche risorse pecuniarie, ma in possesso di tutte le altre risorse in grande copia, siamo riusciti finalmente a realizzare in concreto questo nostro bisogno/quesito/ragionamento, che esponemmo in un freddissimo sabato di dicembre di due anni fa: offriremo infatti un corso di formazione gratuito sull’accessibilità residenziale, rivolto ad agenti immobiliari, amministratori di condominio, architetti e geometri, che partirà a breve.
I formatori saranno i preparatissimi Fabio Lotti e Marco Andreoli, che si sono occupati di Gardaland, del Museo Nicolis di Villafranca Veronese, di alberghi, musei, strutture ricettive e di intere categorie professionali che lavorano in front office e quindi a contatto con il pubblico. Fanno corsi in tutta Italia e sono una realtà unica e iperspecializzata che abbiamo proprio a Verona, originari, per la precisione, di Borgo Venezia.
Questo corso sarà certamente uno dei primi del genere finora promossi in Italia. Stiamo facendo qualcosa che è assimilabile a mandare un razzo sulla Luna negli Anni Cinquanta del secolo scorso! E mi rendo conto che fatto da una piccola, piccolissima ONLUS, per gli osservatori superficiali non sarà una credenziale di successo. Ma è comunque un inizio, che speriamo abbia seguito e che sia imitato da molti.
Perchè il trend è che le persone con disabilità condividano il più possibile la vita sociale e dispongano di una casa con ogni comfort, anche quando magari i genitori non ci saranno più o saranno a loro volta inabili per occuparsi del figlio non deambulante. Ricordo che non solo le persone con disabilità hanno diritto all’accessibilità, ma chiunque sia “PRM”, cioè Persona con Ridotta Mobilità.
Appunto gli addetti ai lavori del “residenziale” privato dovrebbero aggiornare la loro professionalità sul fatto che la gente invecchia e ha delle esigenze diverse da chi invece è giovane e scattante, oppure da chi si trova in situazioni temporanee di ridotta mobilità, come in seguito a una frattura degli arti inferiori o a un intervento chirurgico che inibisce la mobilità: tutti ci possiamo trovare in questa condizione!
Poter offrire case che rispondano a criteri di accessibilità, pensiamo sia un servizio di qualità per i clienti, tutti i clienti. Così come, da amministratori di condomìni riuscire a dirimere quelle spesso micragnose questioni che pertengono all’abbattimento delle barriere, come l’installazione di un ascensore, di un banale video citofono per chi è sordo, di un posto auto dedicato o quant’altro, significa evitare liti inutili e spesso molto avvilenti per chi vive, senza averlo scelto, la condizione di disabilità, contribuendo ad un clima sereno in un àmbito che invece tende molto alla litigiosità.
E da ultimo, ma non ultimo, i progettisti stessi avrebbero un sacco di input preziosi.

L’augurio, quindi, è che seppure in minima misura, si riesca a diffondere un po’ di cultura dell’accessibilità. Magari dal 2017 ad oggi a Verona l’interesse è cresciuto e la mentalità verso le persone con disabilità/ridotta mobilità si è un po’ più aperta, anche perché appartengono a questa categoria pure migliaia di turisti, e specie quelli sono stranieri sono più abituati a viaggiare e quindi pretendono giustamente certi servizi imprescindibili.

Presidente dell’Associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti.

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