Prime condanne a quel processo per maltrattamenti

Altri rinvii a giudizio e prime condanne per quello che a suo tempo avevamo definito come il più grande processo finora svoltosi in Italia per maltrattamenti a persone con disabilità, riguardante quanto accaduto in una struttura per persone con disabilità intellettiva grave di Montalto di Fauglia (Pisa). «Che le condanne siano di monito per tutti - commenta Nazaro Pagano, presidente dell’Associazione ANMIC, costituitasi parte civile nel dibattimento - perché questi atti discriminatori e violenti nei confronti delle persone più fragili non sono degni di un Paese civile»

Martelletto del giudiceCome avevamo riferito a suo tempo, si era aperto alla fine di gennaio, presso il Tribunale di Pisa, il processo a numerose persone, per maltrattamenti nei confronti di persone con disabilità intellettiva grave di una struttura gestita dalla Fondazione Stella Maris a Montalto di Fauglia. Un dibattimento nel quale si erano costituiti parte civile sia l’AGOSM (Associazione dei Genitori degli Ospiti della Stella Maris) che l’ANMIC Nazionale (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi Civili).

Come ora informa la stessa ANMIC, si è svolta ieri, 14 maggio, l’ultima udienza preliminare del processo e insieme al rinvio a giudizio di altri quindici imputati, sono arrivate anche le prime condanne, innanzitutto al Direttore Generale della Fondazione Stella Maris (due anni e otto mesi di reclusione, per omessa vigilanza e assunzione di personale non adeguatamente formato), oltre a un risarcimento alle parti civili da determinarsi in sede civile. Il Giudice dell’Udienza Preliminare ha stabilito per altro una provvisionale di 3.000 euro, immediatamente esecutiva per ciascuna delle parti offese.

«È stata riconosciuta la ricostruzione dei fatti delle parti civili – commenta Nazaro Pagano, presidente nazionale dell’ANMIC -, secondo cui i maltrattamenti erano abituali, al punto che non potevano non essere noti ai vertici della struttura. Purtroppo i maltrattamenti subiti sono incancellabili, così come il dolore delle famiglie, che avevano riposto la massima fiducia in chi doveva prestare cure e assistenza ai loro cari. Ci auguriamo che anche il giudizio di merito si svolga con lo stesso rigore e che le condanne siano di monito per tutti, perché questi atti discriminatori e violenti nei confronti delle  persone più fragili non sono degni di un Paese civile».
«Una condanna non è mai una soddisfazione – hanno dichiarato alcuni genitori presenti all’udienza – ma almeno ci conforta nel percorso che abbiamo intrapreso. I nostri figli spesso non possono raccontare quello che hanno subito, ma i lividi che abbiamo visto parlavano da soli».

L’indagine, va ricordato, scattò nel 2016, in seguito alla denuncia di una coppia di genitori di un paziente. Da qui la decisione degli inquirenti di installare le microspie nella residenza. (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa ANMIC Nazionale (Bernadette Golisano), tempinuovi.bg@tiscali.it.

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