Dedicato a chi accoglie un figlio adottivo o affidatario con disabilità

L’Associazione Mamme matte, confidenzialmente M’aMa, è costituita da un gruppo di donne e mamme (adottive, affidatarie, biologiche) animate dalla “stravagante” convinzione che ogni bambino abbia diritto a una famiglia, anche se grandicello, con una disabilità, o con un passato pesante alle spalle. Ne è nata una rete di famiglie, le “Famiglie matte”, che mettono al primo posto l’amore per i bambini, e sono disponibili ad accoglierli anche se - o proprio se - hanno “bisogni speciali”. Recentemente hanno inaugurato a Firenze uno spazio di confronto, denominato “Salotto M’aMa”

Ragazzino con disabilità fa le bolle di saponeL’Associazione si chiama Mamme matte, confidenzialmente M’aMa, ed è costituita da un gruppo di donne e mamme (adottive, affidatarie, biologiche) animate dalla “stravagante” convinzione che ogni bambino abbia diritto ad una famiglia. Ogni bambino: anche se grandicello, con una disabilità, o con un passato pesante alle spalle.
Queste mamme hanno costituito una rete di famiglie, le “Famiglie matte”, composta da famiglie e persone, sposate o conviventi, single, con o senza figli, che mettono al primo posto l’amore per i bambini, e sono disponibili ad accoglierli anche se – o proprio se – hanno “bisogni speciali”.

Ma chi sono i bambini “con bisogni speciali”? Come si legge nel sito dell’Associazione, «sono bambini con problemi di salute, con particolari condizioni genetiche, che hanno vissuto esperienze particolarmente dolorose, che appartengono a un gruppo di fratelli da non separare, i cosiddetti “normodotati” ma ritenuti “già grandi” (ossia che hanno più di 10 anni)».
Proprio per rispondere alle esigenze di coppie, singoli e famiglie che hanno accolto – o pensano di accogliere – un figlio adottivo o affidatario con disabilità, le Mamme matte hanno recentemente inaugurato uno spazio di confronto denominato Salotto M’aMa, il primo incontro del quale si è tenuto nel maggio scorso a Firenze.
Scopo dell’iniziativa è fornire a queste famiglie un luogo specificamente dedicato nel quale condividere dubbi, perplessità, incertezze, strategie e soluzioni sull’esperienza che vivono, o che si apprestano a vivere, e che inevitabilmente presenta delle peculiarità rispetto a quella vissuta delle altre famiglie adottive o affidatarie.

Il Salotto M’aMa si riunisce ogni terzo sabato del mese, ed è supportato da un/a esperto/a nella relazione d’auto e nelle tematiche di affido familiare, che svolge il ruolo di facilitatore.
Al primo incontro si sono presentate una ventina di persone, quasi tutte mamme, due padri e un nonno “biologico”, che ha il nipotino con bisogni speciali in affido presso una famiglia.
Pur essendo tale spazio pensato per le famiglie affidatarie, ad esso si sono presentate anche diverse famiglie adottive. Tre coppie erano in attesa di un bambino o un ragazzo, una aveva appena dato la propria disponibilità, le altre stavano già vivendo l’esperienza dell’affidamento/adozione.
Per l’occasione – ha dichiarato alla testata «Redattore Sociale» Emilia Russo, una delle promotrici dell’iniziativa – «sono emerse non tanto le problematiche, ma una quotidianità che non è poi così terribile: l’esperienza che hanno raccontato le famiglie che hanno già accolto in casa un bambino con bisogni speciali non somiglia affatto a un martirio, né a una fatica insostenibile. Semmai, è il pensiero del domani che già inizia a preoccupare: è sorprendente che anche le mamme affidatarie si preoccupino del “Dopo di Loro” e già cerchino una soluzione per quando non ci saranno più».

Rispetto alle famiglie ancora in attesa che venga loro assegnato un bambino/ragazzo, Russo ha osservato: «Mi ha colpito molto una mamma, che ha già compiuto tutto il percorso per accogliere un bambino speciale e che si domandava con angoscia: “E se alla fine non me lo danno?”. Quel bambino, che nessuno voleva e per il quale è stato difficilissimo trovare una famiglia, è già al centro della loro vita. Non pensano: “Nessuno lo vuole, ce lo affideranno sicuramente”, ma si preoccupano che alla fine il bambino che già sentono figlio loro possa non arrivare».

Prospettive future? Avendone constatato la necessità, estendere il progetto anche ad altre sedi, aprire un “salotto” anche per le famiglie biologiche (quelle che, come nel caso del nonno citato, non hanno più il figlio in casa), promuovere una cultura che sottolinei l’importanza di fare rete ancor prima che il bisogno d’aiuto possa trasformarsi in urgenza. (Simona Lancioni)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: mamatoscana@gmail.com.
Il presente articolo riprende, per gentile concessione, un testo già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), con alcuni riadattamenti al diverso contenitore.

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