Poiché non tutte le persone con disabilità accedono alle informazioni con le stesse modalità, è importante che ogni contenuto sia reso disponibile in formati che rispondano alle diverse esigenze delle persone stesse, e in particolare di quelle con bisogni comunicativi complessi.
Si occupa di questo il Centro Sovrazonale di Comunicazione Aumentativa (CSCA) di Milano e Verdello (Bergamo), che in occasione del duecentesimo anno dalla sua pubblicazione, ha pensato di tradurre L’infinito, una delle liriche più conosciute dei Canti di Giacomo Leopardi, nei simboli della CAA (Comunicazione Aumentativa).
In questo modo la riflessione esistenziale del grande poeta di Recanati si arricchisce di nuovi significati. Oltre a proporre infatti paesaggi naturali e stati d’animo umani, oltre a usare l’immaginazione, nella quale “è dolce naufragare”, come strumento per superare i propri limiti, la poesia diventa supporto per il superamento di un altro limite, quello delle barriere comunicative.
Un limite al quale tutte e tutti dovremmo prestare più spesso attenzione, perché poter godere dell’incanto delle parole è uno dei piaceri della vita dai quali nessuna persona dovrebbe essere esclusa. (Simona Lancioni)
La presente nota riprende, per gentile concessione, un testo già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), con alcuni riadattamenti al diverso contenitore.
Il testo dell’Infinito di Giacomo Leopardi, seguito da due immagini che ne riportano la traduzione in CAA (Comunicazione Aumentativa):
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
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