Livelli più elevati di lipoproteine del sangue ad alta densità (HDL) – o colesterolo buono – possono migliorare la fatica nella sclerosi multipla, come ha dimostrato uno studio pilota condotto da ricercatori dell’Università statunitense di Buffalo. E anche l’abbassamento del colesterolo totale, a quanto pare, può ridurre l’affaticamento.
I risultati di tale studio, pubblicati recentemente dalla rivista «PLOS ONE», evidenziano dunque l’impatto che i cambiamenti nella dieta potrebbero avere sulla fatica, sintomo che affligge la maggior parte delle persone con sclerosi multipla.
Oggi infatti, nonostante la sua prevalenza e il forte impatto che ha sulla qualità di vita, le opzioni di trattamento per la fatica nella sclerosi multipla sono limitate. Alcuni interventi dietetici hanno mostrato risultati promettenti e poiché i livelli di colesterolo sono stati associati alla progressione della malattia, i ricercatori si sono chiesti se una dieta progettata per migliorare i livelli di colesterolo potesse influire sulla fatica.
Nello studio citato, diciotto persone con sclerosi multipla progressiva hanno seguito una dieta che raccomandava un elevato apporto di verdure, frutta e integratori alimentari, come l’olio di pesce, fonte di Omega 3. Ai partecipanti è stato pertanto raccomandato il consumo di proteine animali e vegetali, con l’esclusione di alimenti contenenti glutine, latticini e uova. Inoltre, sono stati progettati programmi di esercizio fisico, di stimolazione elettrica neuromuscolare e di gestione e riduzione dello stress per ciascun partecipante, ognuno dei quali ha tenuto registri quotidiani delle proprie attività e dell’assunzione di cibo. Il colesterolo e i trigliceridi dei partecipanti sono stati controllati all’inizio dello studio e dodici mesi dopo, e i livelli di fatica sono stati valutati ogni tre mesi.
Ebbene, i ricercatori hanno scoperto che un miglioramento dei profili lipidici nel sangue – in particolare una diminuzione del colesterolo totale e un aumento del colesterolo buono – contribuivano a ridurre la fatica indotta della sclerosi multipla.
In generale, in tutti i partecipanti è stato osservato un miglioramento nei livelli di colesterolo e trigliceridi, riduzione del peso corporeo e dei punteggi di fatica (misurati con la scala di gravità della fatica, Fatigue Severity Scale). La riduzione della fatica era maggiormente associata al consumo dei cibi più raccomandati e meno al consumo di cibi sconsigliati. L’esercizio fisico, la stimolazione elettrica neuromuscolare e i componenti per la riduzione dello stress non sembravano invece avere avuto alcun impatto sulla fatica.
«Livelli più elevati di colesterolo buono – commenta il professor Murali Ramanathan, che ha condotto lo studio – hanno avuto il maggiore impatto sulla fatica, probabilmente perché il colesterolo buono svolge un ruolo critico nei muscoli, stimolando l’assorbimento del glucosio e aumentando la respirazione nelle cellule per migliorare le prestazioni fisiche e la forza muscolare».
Alcuni punti critici della ricerca, per altro, sono legati alla piccola dimensione del campione e alla mancanza di un gruppo di controllo per il confronto. Un altro problema potenziale, inoltre, è che mantenere dei diari alimentari accurati è particolarmente difficile.
In generale, tuttavia, i risultati di questo piccolo studio pilota suggeriscono che gli approcci dietetici possono essere promettenti nel ridurre la fatica nella sclerosi multipla. Gli stessi ricercatori coinvolti affermano che i risultati ottenuti forniscono la base per uno studio più ampio, che è in fase di progettazione, per confrontare gli effetti di due diverse diete sulla fatica nella sclerosi multipla e valutare i cambiamenti metabolici associati.
Associazione Italiana Sclerosi Multipla, aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
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