Tramite un’Ordinanza emessa il 6 novembre scorso, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce (Sezione di Nardò) ha archiviato una denuncia penale per omissione d’atti d’ufficio e interruzione di un pubblico servizio nei confronti di un funzionario del Comune, promossa da un genitore che non aveva vista accolta la propria richiesta di assistenza per l’autonomia e la comunicazione per il figlio con disabilità frequentante la scuola. Il Giudice infatti, pur rilevando negligenza da parte del funzionario addetto, ha escluso l’esistenza del dolo nel suo comportamento e quindi la sua volontà di creare danno, la cui prova è invece indispensabile per la condanna penale, trattandosi di due reati “dolosi” e non “colposi”.
«Appare maggiormente plausibile rispetto all’ipotesi accusatoria – si legge nella motivazione – quella alternativa secondo cui l’indagato ha agito, o meglio non ha agito tempestivamente, per mera negligenza e, in particolare, con atteggiamento, tipico del burocrate, superficiale, ritenendo erroneamente che la questione fosse di competenza di un altro ente [l’ASL, N.d.R.]».
Pur avendo tuttavia archiviato la denuncia penale, il Giudice ha ribadito che l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione deve essere garantita dal Comune e non dall’ASL.
«Questa decisione è ineccepibile – a parere di Salvatore Nocera, presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e responsabile per l’Area Normativo-Giuridica dell’Osservatorio sull’Integrazione Scolastica dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) – e dimostra, ancora una volta, la bontà dei consigli che spesso abbiamo modo di rivolgere alle famiglie, ossia che se hanno dei diritti da far valere per la tutela del diritto allo studio dei propri figli, è bene che agiscano immediatamente in sede civile per discriminazione o in sede amministrativa per violazione di legge o eccesso di potere e non immediatamente in sede penale. Infatti, come nel caso di specie, sporgendo denuncia penale, qualora venga ritenuta ammissibile, occorre poi attendere la conclusione del processo penale prima di poter ottenere in concreto il riconoscimento dei diritti violati e alla luce della lunghezza di tali procedimenti, una sentenza definitiva, non più appellabile, può arrivare dopo oltre un anno. Se poi viene proposto appello o vi sono altri gradi di giudizio, la Sentenza può arrivare anche dopo vari anni, ma in questi casi l’alunno avrà terminato l’anno scolastico o, paradossalmente, avrà potuto addirittura terminare il ciclo degli studi senza vedere in concreto riconosciuti i propri diritti. Nel caso invece di archiviazione, come nel caso qui richiamato, occorrerà successivamente agire avanti al Giudice Civile o Amministrativo, sempre attendendo i tempi di analisi da parte del Giudice per le Indagini Preliminari».
«Promuovendo invece ricorsi ai Tribunali Civili o Amministrativi – prosegue Nocera -, ove il Giudice ravvisi il carattere di urgenza e il cosiddetto fumus boni iuris, cioè la presunzione dell’effettiva negazione di un diritto, si può ottenere in pochi giorni un provvedimento di urgenza o una sospensiva che riconoscono subito il diritto violato, in attesa della Sentenza definitiva. Questo è un primo vantaggio per le famiglie, oltre al fatto che nei ricorsi civili o amministrativi è possibile ottenere, in caso di soccombenza dell’Amministrazione, il risarcimento dei danni materiali e immateriali, oltre alla rifusione delle spese legali sostenute dalle famiglie per promuovere i ricorsi».
«Nei casi, quindi, di violazione dei diritti dei propri figli studenti – conclude Nocera -, è opportuno tornare a invitare le famiglie a promuovere prioritariamente ricorsi al Giudice Civile o Amministrativo, minacciando eventualmente la denuncia penale alla quale, però, è preferibile appunto ricorrere solo dopo che si sia ottenuta più rapidamente giustizia in sede civile o amministrativa». (S.B.)
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