«Ci sono tre potenziali farmaci in studio, quindi in fase sperimentale, che mirano a colpire i meccanismi alla base della malattia di Huntington, fino addirittura a correggere il difetto genetico. Se queste nuove strategie sperimentali neuroprotettive si rivelassero efficaci, i pazienti potrebbero presto disporre di terapie ulteriori rispetto ai farmaci che agiscono solo su alcuni sintomi: l’unico approccio possibile fino ad ora. E i parallelismi con ciò che si è già visto accadere in questi anni in un’altra malattia rara, la SMA (atrofia muscolare spinale) sono forti, e ci si augura che anche gli esiti di questo percorso possano essere altrettanto positivi».
A segnalarlo è una nota della Società di Comunicazione Scientifica RareLab, riferendosi alla panoramica sulle sperimentazioni in corso e sulle nuove conoscenze, presentata nel dicembre scorso a Roma, durante il convegno annuale della Fondazione LIRH (Lega Italiana Ricerca Huntington).
Ad oggi si stima che la malattia di Huntington – determinata dalla perdita progressiva di cellule nervose – riguardi in Italia circa 6.500 persone, mentre altre 40.000 sono a rischio di ammalarsi. Essa colpisce generalmente in età adulta (tra i 30 e i 50 anni), ma il difetto genetico è presente già alla nascita e la ricerca sta evidenziando la presenza anche di forme infantili. L’evoluzione della patologia comporta la perdita delle capacità cognitive e motorie.
Pur essendo rara, si tratta della più frequente malattia genetica neurologica dominante con una causa nota, individuabile con un test genetico: la causa stessa, infatti, è stata individuata in una mutazione nel gene Huntington, all’interno del quale è stata identificata una sequenza di triplette CAG che si ripetono l’una dopo l’altra. La mutazione consiste nell’espansione del numero di triplette ripetute: se questo numero supera la soglia di 36, insorge la malattia.
La trasmissione del gene è indipendente dal sesso: se uno dei genitori è portatore, un eventuale figlio ha il 50% di probabilità di ereditare il gene mutato. Questo comporta che, spesso, nello stesso nucleo familiare più persone possono essere affette dalla malattia. (S.B.)
A questo link è presente un approfondimento curato da RareLab, che spiega nel dettaglio le caratteristiche delle sperimentazioni di cui si parla nel presente testo. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa RareLab (stampa@rarelab.eu).