La morte di uno studente universitario in carrozzina provocata da una barriera architettonica e da un assoluto disinteresse delle Istituzioni cittadine a rimuoverla. La pubblicazione sul sito di una scuola elementare della Capitale di un documento classista e razzista. La scoperta, l’ennesima, di una truffa sulle pensioni d’invalidità: tutto questo ci suggerisce che più una crisi politica od economica, in Italia stiamo vivendo una crisi morale e quando la morale entra in crisi, una comunità non è più in grado di tutelare e promuovere il bene comune e soprattutto non è più in grado di generare quell’intelligenza capace di progettare un futuro libero dai pericoli della decadenza.
L’intelligenza, oramai, è un bene raro nel nostro tempo. Difficile da trovarsi. Guardandomi intorno non vedo nessuno che dialoghi con la propria coscienza, che si legga dentro. Ci si affanna a costruire una società basata sull’apparenza. Il culto dell’immagine è ormai la tendenza dominante, schiacciante. Tutto quello che deve emergere è quello che non siamo.
Oggi quasi tutti recitiamo una parte: si ha paura di farsi riconoscere, di farsi vedere a cuore nudo dal prossimo, di aprirsi con fiducia, di farsi comprendere per quello che realmente si sente e si prova. Tutto nasce da un complesso di inferiorità. Siamo soltanto attori che non hanno il coraggio di essere se stessi.
Il bene comune è oramai una chimera: non ci interessa la vera essenza delle cose, ci preoccupiamo solo di noi stessi nell’ansia perenne di apparire al meglio. Preferiamo amare male piuttosto che mostrare i nostri veri sentimenti. Nelle relazioni sociali, come in qualsiasi altro luogo, è diventato più comodo indossare un abito che non sia il nostro: abbiamo paura di farci riconoscere, di mostrare i nostri difetti e le nostre fragilità e soprattutto abbiamo paura di farci conoscere per quello che in realtà siamo: è l’inciviltà che si consuma nella vergogna.
In un Paese che non persegue beni comuni come la solidarietà e la sussidiarietà, difficilmente una persona con disabilità e la sua famiglia si potranno liberare dalla “prigionia della disabilità”.
La solidarietà è un valore che nasce dalla consapevolezza di un’appartenenza comune che permette alle persone di condividere in pienezza il benessere e la ricchezza dei beni materiali e spirituali, mentre la sussidiarietà è il coordinamento delle attività della società a sostegno della vita anche delle persone in difficoltà.
In questo senso la solidarietà comincia con il riconoscimento dei diritti umani e si compie solo quando mettiamo volontariamente la nostra vita al servizio dell’altro. Parimenti la sussidiarietà incoraggia l’inclusione e le relazioni. Una società che onora il principio di sussidiarietà garantisce la libertà e l’uguaglianza in ogni àmbito sociale.
Quando manca la solidarietà, il Paese è diviso. Con la sussidiarietà c’è futuro per tutti.