Di Ernst Lossa, ragazzo tedesco considerato dal regime nazista come “non adatto” a vivere”, la cui storia è stata raccontata nel film di Kai Wessel del 2017 Nebbia in agosto, tratto dall’omonimo libro di Robert Domes, si era diffusamente occupata – su queste stesse pagine – Silvia Cutrera, scrivendo tra l’altro: «Intelligente e vivace, ma appartenente all’etnia Jenisch, la terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom e i Sinti, orfano di madre, con una difficile infanzia trascorsa in orfanotrofi e istituti di rieducazione, Ernst Lossa fu ricoverato a Irsee, filiale dell’Ospedale Psichiatrico di Kaufbeuren. Inizialmente monastero benedettino, dal 1209 sotto la protezione di Papa Innocenzo III, distrutto nel 1525 e ricostruito in forma barocca, il Castello di Irsee, dopo vari eventi storici, diventò nel 1849 un istituto di ricovero per persone sofferenti di disturbi mentali e dal 1876 fece parte del nuovo Istituto Regionale Psichiatrico di Kaufbeuren, dove, dal 1939 al 1945, nell’ambito del famigerato Programma Aktion T4, noto anche come “Olocausto delle persone con disabilità”, furono uccisi circa 2.000 pazienti considerati “non degni di vivere”. Sono questi i luoghi che hanno offerto lo scenario per ambientare le vicende di Lossa, ben interpretate e ricostruite all’interno delle camerate, nei letti dei pazienti, nel refettorio, nell’infermeria, nello studio del medico che decideva con un’elegante stilografica chi doveva morire».
Quando mise piede per la prima volta nella clinica di Irsee, Ernst Lossa chiese al direttore se avrebbe potuto andare a scuola. La risposta fu naturalmente un no, perché nella Germania degli Anni Quaranta, luoghi quali la clinica di Irsee – come ben spiegato da Cutrera – avevano altri obiettivi: nascondere i malati e gli “indesiderabili” agli occhi della popolazione. Ma soprattutto porre fine alle cosiddette “vite indegne di essere vissute”.
Considerato dalle autorità tedesche «malato di mente e non educabile», Lossa è una tra le vittime più note del citato programma Aktion T4. Venne infatti ucciso prima ancora di compiere 15 anni il 9 agosto 1944 con un’iniezione, ma nella sua cartella clinica quale causa della morte venne indicata una broncopolmonite, perché nessuno dove sapere ciò che succedeva a Irsee.
«Il merito di aver fatto conoscere la storia di Ernst Lossa – aveva scritto ancora Cutrera – va al professor Michael von Cranach, che nel 1980, in un periodo nel quale una nuova generazione di psichiatri, influenzati dalle teorie e dalle proposte di Franco Basaglia, intendeva realizzare la riforma della psichiatria, deistituzionalizzando i pazienti ricoverati negli istituti, era divenuto direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Kaufbeuren. Fu subito chiaro che ciò che aveva intenzione di attuare non poteva avere inizio senza fare luce sul terribile passato che riguardava i pazienti uccisi nelle stanze dove quotidianamente egli stesso lavorava. Alcuni infermieri, così come alcuni pazienti, avevano personalmente vissuto tali azioni, e quel passato – del quale a lungo non si era parlato e che era rimasto irrisolto – era presente, come una nebbia, sopra l’intero istituto, paralizzando le necessarie azioni di riforma. Per Cranach era diventato evidente che portare luce dentro tale buio era il prerequisito di ogni attività innovativa e così, con un gruppo di colleghi, iniziò le ricerche presso gli archivi dell’ospedale, intervistò testimoni, cercò materiale tramite la letteratura e le cartelle cliniche e, in questo modo, ricostruì la storia dell’ospedale durante il nazismo e più tardi, tramite un’esauriente ricerca relativa a tutti gli ospedali della Baviera, il retroscena di quegli eventi (si veda: M. von Cranach e H.-L. Siemen, Psychiatrie im Nationalsozialismus, München, Oldenbourg, 1999).
Nel 1999, in occasione del quadriennale Congresso Internazionale di Psichiatria che si svolse per la prima volta in Germania dopo la guerra, ad Amburgo, la Società Tedesca di Psichiatria decise, non senza qualche insicurezza ed esitazione, di documentare ciò che accadde durante il nazismo ai pazienti psichiatrici e diede a Cranach l’incarico di realizzarla. Ne nacque la mostra denominata In Memoriam, che illustra le fasi che portarono all’uccisione delle persone con disabilità dal 1940 al 1945, utilizzando documenti e testimonianze riguardanti singoli casi. Ci troviamo di fronte a casi chiamati per nome, quindi definibili, riconoscibili, che potrebbero essere anche quelli di ciascuno di noi o del vicino della porta accanto».
«Oggi – aveva concluso Cutrera – il Castello di Irsee è un eccellente luogo di formazione, dove si svolgono seminari, convegni, iniziative culturali. Quelli che un tempo erano i reparti di morte oggi sono confortevoli stanze alberghiere, i rintocchi del campanile della chiesa barocca scandiscono il trascorrere del tempo e non più la morte dei ricoverati. Dietro la chiesa sono rimaste le tracce dei tragici avvenimenti. Il locale adibito per l’autopsia (sic) è stato conservato, vi sono esposte le attrezzature e gli strumenti per sezionare i cadaveri, un lettino con supporti adatti per agevolare l’espianto del cervello. Alle pareti tre fotografie di Valentin Faltlhauser, allora primario dell’Istituto di Kaufbeuren, che guarda dritto l’obiettivo della macchina fotografica e mostra sospeso tra le sue mani un bambino spastico nudo e piangente. Un po’ più avanti, in un giardino, una scultura e delle incisioni ricordano il crimine nazista. L’Ospedale di Kaufbeuren, a pochi chilometri di distanza da Irsee, è tuttora un istituto di cura e ricovero psichiatrico, nel giardino laterale un cippo e una scultura fungono da monumento per ricordare le vittime. All’interno, sulle pareti del corridoio antistante lo studio del Direttore, vi sono appese le fotografie degli psichiatri che hanno diretto la struttura. Sotto la fotografia di Valentin Faltlhauser una targa menziona i suoi crimini».
Anche alla luce di quanto scritto, sarà un incontro davvero unico quello proposto per la serata del 29 gennaio a Cinisello Balsamo, presso Milano, dal progetto L-inc (Laboratorio-inclusione sociale disabilità), quando cioè la proiezione di Nebbia in agosto, sarà preceduta da un dibattito tra Matteo Schianchi, storico e autore dei libri La terza nazione del mondo. I disabili tra pregiudizio e realtà, Storia della disabilità. Dal castigo degli dèi alla crisi del welfare e Il debito simbolico. Una storia sociale della disabilità tra Otto e Novecento, con il più volte citato Michael Von Cranach.
«La proposta di L-inc – ha dichiarato Valeria De Cicco, assessore comunale ai Servizi Sociali di Cinisello Balsamo – ci offrirà l’opportunità di conoscere e riflettere su un ulteriore momento di dolore e disumanità dentro le pagine già drammatiche della storia. Mostrare quanto accaduto, oltre che servire da monito perché non riaccada, sia un’occasione di riflessione sul valore della persona con disabilità quale risorsa preziosa da proteggere e sostenere».
«È estremamente importante vedere Nebbia in agosto – ha aggiunto Emilio Rota, presidente dell’ANFFAS Lombardia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Rrelazionale) – perché, come ci ha ricordato Primo Levi, tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo. È un film che evidenzia gli orrori scaturiti dalla follia umana». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.
Superando e lo sterminio delle persone con disabilità
Accedendo all’ampia ricognizione storica intitolata Quel primo Olocausto, curata per il nostro giornale da Stefania Delendati, si può anche consultare (nella colonnina a destra del testo) il cospicuo elenco di testi da noi presentati in questi anni sullo sterminio delle persone con disabilità da parte del regime nazista.
Il progetto L-inc (Laboratorio-inclusione sociale disabilità)
È un’iniziativa che si propone di rendere la persona con disabilità protagonista del proprio percorso di vita. Per questo è pensato come un laboratorio che vuole sperimentare diverse attività e iniziative sul territorio di Bresso, Cinisello, Cormano e Cusano Milanino (Città Metropolitana di Milano), che mettono al centro la persona con disabilità.
L-inc nasce dal Progetto Inclusione sociale e disabilità: percorsi di sperimentazione del Budget di Salute, realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo, nell’àmbito della terza edizione del Bando Welfare in azione e innovazione sociale. È promosso da ANFFAS Lombardia (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettiva e Disturbi del Neurosviluppo, ente capofila), LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e IPIS-Insieme per il sociale, dalle Cooperative Sociali Arcipelago, Solaris e Il Torpedone, dall’Università di Milano (Dipartimento di Diritto Pubblico e Sovranazionale), dall’Università di Milano Bicocca (Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale) e dall’UICI Lombardia (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).
Sono esattamente sessanta le persone alle quali L-inc intende rivolgersi nel corso di tre anni (2017-2020).
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