La cura dell’epilessia inizia con la diagnosi

In occasione della Giornata Internazionale dell’Epilessia di oggi, 10 febbraio, la FIE (Federazione Italiana Epilessie) e l’Associazione Trenta Ore per la Vita hanno annunciato che il progetto di ricerca “La cura dell’epilessia inizia con la diagnosi”, condotto da alcune prestigiose strutture cliniche del nostro Paese, e sostenuto dalla campagna di raccolta fondi “Trenta Ore per la Vita 2017” e dalla Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, è giunto alla fase di completamento dell’esame del DNA che ha coinvolto 150 bambini e i loro genitori, per un totale di 450 persone

Immagine grafica di una persona con epilessiaCome abbiamo riferito nei giorni scorsi, a proposito di una lettera-appello rivolta alle Istituzioni dall’AICE (Associazione Italiana Contro l’Epilessia), il secondo lunedì del mese di febbraio, si celebra annualmente la Giornata Internazionale dell’Epilessia (International Epilepsy Day), caratterizzata dal viola quale colore-simbolo, evento voluto dall’IBE (International Bureau for Epilepsy) e dall’ILAE (International League Against Epilepsy), per sensibilizzare i cittadini di ben centoventi Paesi su questa malattia neurologica caratterizzata dall’insorgenza di manifestazioni cliniche anomale (le cosiddette “crisi”), cioè di eventi improvvisi motori (convulsioni), sensitivi e psichici, che possono o meno comportare un’alterazione dello stato di coscienza.
Proprio oggi, lunedì 10 febbraio, cade dunque quella ricorrenza e per l’occasione la FIE (Federazione Italiana Epilessie) e l’Associazione Trenta Ore per la Vita hanno annunciato che il progetto di ricerca denominato La cura dell’epilessia inizia con la diagnosi, sostenuto dalla campagna di raccolta fondi Trenta Ore per la Vita 2017 e dalla Fondazione Terzo Pilastro Internazionale, è giunto alla fase di completamento dell’esame del DNA che ha coinvolto 150 bambini e i loro genitori, per un totale di 450 persone.

Si tratta di un progetto di ricerca che vede attivamente coinvolti l’Ospedale Gaslini di Genova, l’Ospedale Meyer e l’Università di Firenze, l’Ospedale Bellaria e l’Istituto delle Scienze Neurologiche dell’AUSL di Bologna e il Policlinico Universitario di Catanzaro, con l’obiettivo di acquisire una diagnosi molecolare che consenta di iniziare a trattare i piccoli malati di epilessia che non hanno ancora ricevuto una diagnosi certa, con le terapie più appropriate e “su misura” a seconda delle caratteristiche specifiche di ciascuno di loro.
I dati genetici finora raccolti saranno oggetto di uno studio congiunto tra i quattro centri citati, che dovrebbe portare all’individuazione delle cause genetiche (varianti) di forme di epilessia di cui oggi non si conosce l’origine e di malformazioni dello sviluppo cerebrale, facilitando appunto l’applicazione di trattamenti specifici. Tali varianti genetiche verranno poi testate su altri 200 bambini. Saranno quindi 350, complessivamente, i bambini e le bambine che beneficeranno del progetto.

«Questa rete di ricerca costituita grazie al supporto della FIE – sottolinea Renzo Guerrini del Meyer di Firenze – ha consentito per la prima volta ai ricercatori italiani dei centri partecipanti di iniziare ad analizzare in modo condiviso i dati generati dal sequenziamento esomico di forme gravi e complesse di epilessia causate da mutazioni genetiche. Questa modalità collaborativa amplia considerevolmente le possibilità di individuare le anomalie genetiche che sono alla base della patologia, in quanto nel 50% dei soggetti che restano ancora non diagnosticati si ritiene vi sia il contributo di tanti geni diversi, ognuno responsabile di pochissimi casi. La possibilità di individuare il coinvolgimento di un gene in più di un soggetto con caratteristiche simili fornisce una prova convincente per valutarne la patogenicità, utilizzando modelli sperimentali di laboratorio spesso complessi e costosi, ma che offrono la possibilità di chiarire il meccanismo della malattia e rivolgere la propria attenzione verso cure mirate».
«Infatti – aggiunge Guerrini – in molte forme di epilessia è difficile individuare la causa della patologia e quindi arrivare alla migliore terapia. Questa difficoltà spesso obbliga gli specialisti a ricercare il trattamento più efficace, utilizzando di volta in volta farmaci diversi per selezionare quello che da la migliore risposta. Inoltre, una percentuale rilevante delle persone con epilessia, compresa tra il 30 e il 40%, è farmacoresistente, ovvero non risponde a nessuna delle terapie attualmente disponibili. Anche di questo fenomeno fino ad oggi si ignora la causa». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: info@fiepilessie.it (Simona Borroni).

L’epilessia
Secondo i dati riportati dal Ministero della Salute nella Relazione sullo Stato Sanitario del Paese 2009-2010, in Italia sono circa 500.000 i pazienti affetti da epilessia, di cui circa 125.000 con forme resistenti alla terapia farmacologica, mentre ogni anno si registrano tra i 29.500 e i 32.500 nuovi casi.
Un’indagine condotta su scala nazionale dal Ministero della Salute ha evidenziato che a livello di pronto soccorso l’epilessia è tra le più frequenti cause di consulto neurologico. In età pediatrica essa rappresenta la principale malattia neurologica e in Europa circa 5 bambini su 1.000 sono affetti da una delle molte forme. Si tratta di un dato di estrema gravità, poiché l’insorgenza precoce della malattia provoca, in molti casi, deficit neurologici a lungo termine.
L’epilessia è una patologia neurologica di cui sono note diverse forme, tutte accomunate dal manifestarsi di crisi con episodi di perdita di coscienza, alterazioni motorie e/o sensoriali, caduta o stato di assenza. Questi eventi sono provocati da scariche elettriche improvvise e anomale che interessano il cervello e determinano l’invio di messaggi confusi al resto del corpo.
Tra le cause vi possono essere fattori diversi, come mutazioni genetiche ma anche traumi, tumori, infarto o emorragie cerebrali. Le crisi epilettiche possono anche essere una manifestazione di altre patologie o sindromi (autismo, sindrome di Down).
Le ricadute dal punto di vista sociale, sono molteplici e tutte gravi: le persone con epilessia, infatti, ancora oggi, subiscono discriminazioni in molti dei contesti nei quali si svolge la vita sociale a partire dalla scuola.

La FIE (Federazione Italiana Epilessie)
È un’Associazione di promozione sociale di secondo livello che comprende quindici Associazioni nazionali impegnate sul fronte dell’epilessia.
Opera sul territorio nazionale per coordinare l’attività comune alle organizzazioni aderenti, promuovere la ricerca scientifica orientata alla cura dell’epilessia, diffondere informazioni corrette e combattere il pregiudizio che grava sulla malattia, nonché interagire con le Istituzioni affinché siano riconosciuti e tutelati i diritti delle persone con epilessia.

Associazione Trenta Ore per la Vita
Nata nel 1994, sostiene enti non profit e i loro progetti, svolgendo la propria attività in sette aree specifiche (disostruzione pediatrica; cardioprotezione; assistenza; emergenze; oncoematologia pediatrica; gravi patologie; disagio minorile).
In oltre vent’anni di attività ha supportato 800 progetti e oltre 60 organizzazioni. Caratteristica dell’Associazione sin dai propri inizi, è stata la raccolta finalizzata alla realizzazione di progetti definiti, portati a conoscenza del pubblico in anticipo e nel dettaglio.
(a cura della FIE)

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