«È grazie al Braille che i ciechi sono in grado di scrivere, leggere e comunicare. Il Braille è, per il non vedente, condizione essenziale di una piena autonomia e di un’efficace integrazione nel tessuto sociale, scolastico, lavorativo e culturale»: è questo un concetto costantemente presente nelle argomentazioni dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), organizzazione che festeggia quest’anno una ricorrenza particolarmente importante, quale il centenario dalla propria nascita, e le cui numerose componenti saranno anche quest’anno impegnate in vari territori per la Giornata Nazionale del Braille del 21 febbraio, istituita dalla Legge 126 del 2007 come «momento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti», in ricordo del geniale sistema inventato nell’Ottocento da Louis Braille (se ne legga ampiamente nel box in calce).
La data del 21 febbraio, va detto, è stata scelta in quanto coincidente con la Giornata Mondiale della Difesa dell’Identità Linguistica promossa dall’Unesco.
Tra le varie iniziative promosse per l’occasione, vi sarà anche, nella mattinata del 22 febbraio, il convegno formativo rivolto a docenti, famiglie, operatori scolastici e chiunque altro sia interessato ai temi proposti, organizzato dal Presidio UICI di Sant’Anastasia e Paesi Vesuviani (Biblioteca Comunale Giancarlo Siani, Via Madonna dell’Arco, 54, Sant’Anastasia).
Ad introdurre i lavori – moderati da Giuseppe Fornaro, referente nazionale dell’UICI per gli Ausili e le Tecnologie – saranno Nunziante Esposito, consigliere nazionale dell’UICI e Mario Mirabile.
Interverranno quindi, insieme allo stesso Fornaro, Sandra Minichini, tiflologa e componente della Commissione dell’UICI di Napoli per gli Ausili, le Tecnologie e l’Accessibilità; Antonio Maione, consulente di Autonomia Personale Domestica per le persone minorate della vista e componente dell’IRIFOR di Napoli (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione dell’UICI); Antonio Russo, esperto in pluridisabilità e sordo cecità; Giuseppe Ambrosino, componente del GLIR (Gruppo di Lavoro Interistituzionale Regionale) della Direzione Scolastica Regionale della Campania.
È inoltre previsto un momento dedicato ai Ritratti poetici di Giacomo Pietoso, autore di Le sette opere di misericordia. Un segreto svelato, persona divenuta non vedente a seguito di un incidente, nonché a Ripartire dal buio, libro di Leandro Blanco, che è lo pseudonimo di Luciano Cacciapuoti, persona con disabilità divenuta cieca in età adolescenziale (se ne legga già anche sulle nostre pagine).
Durante il convegno, Cacciapuoti, coadiuvato dalla giornalista ed editor Iolanda Stella Corradino, racconterà in maniera leggera e divertente cosa accade nella mente di un uomo che ha perso la vista. (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: uici.anastasia@gmail.com.
Louis Braille
Francese di Coupvray, località non lontana da Parigi, Louis Braille vi nacque il 4 gennaio 1809. Il padre era un modesto artigiano che viveva fabbricando finimenti per cavalli.
A 3 anni, giocando nel laboratorio paterno, il bimbo si ferì gravemente ad un occhio con una lesina e nonostante le premurose cure dei genitori, la conseguente infezione si estese rapidamente anche all’altro occhio, portandolo nel giro di un anno alla cecità assoluta.
A 10 anni, Louis fu accolto nell’Istituto Reale per i Giovani Ciechi di Parigi (INJA – Institut National des Jeunes Aveugles), fondato nel 1784 da Valentin Haüy. Lì manifestò molto presto le sue straordinarie qualità, suscitando lo stupore degli insegnanti, soprattutto per la capacità di concentrazione.
In quel momento si guardava con estrema attenzione all’invenzione di Charles Barbier de La Serre, ex ufficiale di artiglieria, che aveva ideato un sistema detto di “scrittura notturna”, costituito da punti in rilievo i quali, a suo dire, avrebbero consentito ai militari di leggere al buio, per non essere individuati dai nemici. Barbier pensò quindi di far testare la sua invenzione proprio agli allievi dell’Istituto per i Ciechi di Parigi.
Quel sistema, però, risultava piuttosto complesso e poco pratico, perché fondato su due colonne parallele di sei puntini ciascuna. E tuttavia, l’esperimento fu accolto con entusiasmo dai giovani allievi, alcuni dei quali – tra cui Braille – iniziarono una corrispondenza con Barbier, utilizzando il suo laborioso metodo.
Rispetto ai numerosi tentativi precedenti per far leggere i ciechi, Barbier aveva introdotto una novità molto significativa per chi avrebbe dovuto leggere con le dita: aveva cioè sostituito i punti in rilievo al tratto continuo (ovviamente in rilievo), utilizzato da Valentin Haüy per stampare i primi volumi per i suoi alunni. A quel punto la speranza di poter trovare un modo per scrivere adatto ai ciechi e un’innata attitudine per la ricerca metodica condussero Braille, pur ancora adolescente, ad intuire il valore che avrebbe potuto assumere, per sé e per i suoi compagni, la disponibilità di un sistema di scrittura semplice e razionale.
Egli, dunque, riconobbe certamente il suo debito verso Barbier de La Serre, ma è esclusivamente a lui che va il merito di essere riuscito ad ottenere risultati definitivi, dopo alcuni anni di studio tenace e sistematico sulla posizione convenzionale di punti impressi su cartoncino. Era il 1825, Braille aveva 16 anni e il suo sistema poteva dirsi virtualmente compiuto.
Nel 1829 pubblicò l’opera Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro, con la quale fece conoscere la scrittura da lui inventata, che è quella ancora oggi utilizzata dai ciechi di tutto il mondo (compresi i dialetti africani, la lingua araba e persino quella cinese).
Braille morì il 6 gennaio 1852 a soli 43 anni.