Proprio sicuri che Martina non possa lavorare?

Secondo la Commissione dell’ASL torinese che l'ha valutata, Martina, giovane con la sindrome di Down, «non è autonoma, ha poca capacità dell’uso di gambe e braccia, deve essere accompagnata e quindi non può lavorare». Martina, però, è campionessa regionale di equitazione, pratica la subacquea e ha vinto nel nuoto varie medaglie con il movimento Special Olympics. Già da quattro anni, inoltre, va a scuola in autobus, e partecipa anche a un progetto nazionale per l’autonomia coabitativa. Sicuri, quindi, che non possa proprio lavorare?
Martina Cipolla e Barbara Corà
Martina insieme alla madre Barbara

Secondo quanto riferito a «la Repubblica» (cronaca di Torino) dalla madre Barbara, la Commissione dell’ASL torinese che ha valutato la figlia Martina, giovane con la sindrome di Down, lei «non è autonoma, ha poca capacità dell’uso di gambe e braccia, deve essere accompagnata e quindi non può lavorare». Martina, però, risulta essere campionessa regionale di equitazione, praticare la subacquea e avere vinto nel nuoto varie medaglie con Special Olympics, il movimento internazionale dello sport praticato da persone con disabilità intellettiva e/o relazionale. Le gambe e le braccia, quindi, dovrebbe certamente saperle usare. Nel prossimo mese di giugno, inoltre, sosterrà la prova di maturità, ma già da quattro anni va a scuola in autobus, oltre a partecipare a un progetto nazionale per l’autonomia coabitativa.
Sicuri, quindi, che non possa proprio lavorare?

A tal proposito non possono non tornare alla mente le decine e decine di esempi di persone con sindrome di Down seguite da organizzazioni come l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) o l’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), inserite nel mondo del lavoro, ma in questo caso specifico, a lasciare ancor più perplessi sono altri due elementi riportati da «la Repubblica», ovvero da una parte le dichiarazioni provenienti dall’ASL TO 3, che sta seguendo la vicenda di Martina, secondo cui «il giudizio non è definitivo, ma fotografa lo “stato attuale”, lasciando aperta la possibilità di una rivalutazione». Dall’altra parte quanto riferito dalla madre di Martina, ovvero la sua provocatoria richiesta alla Commissione dell’ASL («Cosa dovrei fare? Chiudere mia figlia in un Centro Diurno?») e la risposta della stessa Commissione («Potrebbe essere un’idea»).

Indubbiamente in questa storia c’è qualcosa che non torna, ma come sempre le nostre pagine sono aperte naturalmente a motivate repliche, che ci auguriamo possano arrivare proprio dall’ASL interessata. (S.B.)

Ringraziamo per la segnalazione Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa).

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