A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto 18/20 del 17 marzo, cosiddetto “Cura Italia”, il nostro Coordinamento [CONFAD-Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità, N.d.R.] intende rappresentare la delusione e la preoccupazione dei caregiver familiari i quali, ancora una volta, non trovano, nelle misure straordinarie adottate per affrontare l’emergenza, risposte adeguate e proporzionate atte a far fronte alle gravi necessità vitali familiari.
Analizzando infatti il testo del Decreto, elementi di novità significativi sono contenuti nell’articolo 23, che prevede congedi parentali per la parte rimanente dell’anno 2020, con l’introduzione di una nuova formula di congedo a favore dei genitori anche affidatari, pari a 15 giorni mensili retribuiti al 50%, anziché al 30% di altre formule; esso prevede inoltre il congedo di norma concesso nel caso di figli fino ai 12 anni, che nel caso di persone con disabilità grave prescinde dall’età, purché siano iscritti a scuole di ogni ordine e grado od ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.
Altre novità si registrano nell’articolo 24, che amplierebbe eccezionalmente i permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della Legge 104/92, per i lavoratori che assistono una persona con disabilità e quelli cui è riconosciuta disabilità grave, avendo a disposizione complessivamente per i mesi di marzo e aprile 2020 18 giorni complessivi di permesso retribuito.
I caregiver familiari vivono in condizione di convivenza con la persona non autosufficiente che accudiscono e ne rappresentano la stessa sopravvivenza: avrebbero meritato pertanto – se non solo per un basilare criterio di equità dopo che di necessità – di vedere riconosciuta questa condizione con una misura più specifica, ad esempio con l’estensione del congedo parentale dei due anni (articolo 80 della Legge 388/00) per tutto il periodo in cui saranno costretti in casa per le disposizioni di legge vigenti, insieme alla persona con disabilità accudita.
Bisogna tenere presente che la chiusura straordinaria dei centri diurni e delle scuole ha fatto sì che tutto il carico assistenziale si sia riversato interamente su famiglie, a favore delle quali, invece, non è stato preso alcun provvedimento più specifico, neppure laddove la monoparentalità sia l’evidenza estrema dell’impossibilità di conciliare l’attività prioritaria dell’accudimento con l’attività lavorativa della sussistenza, complicata ulteriormente dal blocco dei servizi integrativi domiciliari.
Ancora, dalla lettura del Decreto in esame, si rilevano indicazioni la cui applicazione operativa appare estremamente incerta, condizionata da un’effettività dubbia, se non addirittura controversa: ne sia esempio acclarato l’articolo 48 che, vincolando il tutto a una serie di distinguo e all’azione personale delle diverse Amministrazioni, non affronta né in efficacia né in uguaglianza di diritto nazionale le situazioni derivanti dalla sospensione dei servizi educativi e scolastici e delle attività sociosanitarie e socioassistenziali dei centri diurni per anziani e per persone con disabilità.
È indispensabile, pertanto, che le Regioni tutte attivino tempestivamente servizi alternativi, con particolare riferimento a quelli domiciliari, a copertura dell’inattività di scuole e centri diurni e a garanzia della tutela delle fragilità, con priorità per le famiglie a più intenso carico assistenziale, le cui urgenze, evidenti e costantemente ribadite, oggi diventano allarme di intervento.
Buona prassi individuata è stata invece l’attivazione dei COC (Centri Operativi Comunali), di concerto con le Protezioni Civili Territoriali, per la fornitura dei servizi di utilità (ad esempio la spesa e i farmaci a domicilio). Ma demandare alla singola iniziativa dei Comuni l’attivazione di tali servizi ha significato di fatto il replicarsi non solo delle buone prassi, in alcuni casi, quanto delle difformità fra territori virtuosi e territori inadempienti, penalizzata oltretutto da una carente campagna di comunicazione e informazione in merito all’ iniziativa, con le conseguenti insufficienti risposte ai bisogni primari imprescindibili.
Di nuovo dunque, e per l’ennesima volta, siamo costretti, dalle evidenze attuative governative e dall’irresponsabile noncuranza della situazione estrema fin qui rappresentata, a chiedere, come CONFAD, la necessità immediata di una volontà di intervento a favore dei caregiver familiari, in attesa da troppi anni di una Legge Nazionale che definisca tutele e misure a sostegno.
Questa grave e incivile disattenzione impedisce ai caregiver familiari stessi una vita di dignità e di prevenzione della salute, ammorbata da privazioni, sacrifici, sforzi e derivanti stress psicofisici, pur rappresentando essi la spina dorsale che sostiene centinaia di migliaia di persone fragili, evidente agli occhi di tutti ma non dello Stato e delle sue Istituzioni.