Chissà quante volte, in queste ultime settimane, anche a voi è capitato di pensare: «Com’era bello quando…». Sì, era davvero bello quando eravamo liberi di uscire di casa in qualsiasi momento e senza dover spiegare a nessuno il perché; quando, incontrando un amico, potevamo abbracciarlo senza temere per la nostra salute; quando, alla sera, ci si ritrovava per un aperitivo o per andare insieme al cinema.
Forse, in questi giorni pieni di cose fatte a distanza, ci mancano persino le interminabili giornate trascorse in ufficio o a scuola, i faticosi allenamenti in palestra, i mezzi pubblici perennemente affollati e in ritardo.
Eppure quando tutto questo era possibile, anzi normale, spesso ci lamentavamo per le troppe cose da fare e avremmo pagato oro per avere qualche ora in più da dedicare a noi stessi, alla nostra famiglia e alla nostra casa, quella stessa casa in cui ora ci sentiamo quasi prigionieri.
Fino a un mese fa ci preoccupavamo per come fare ad incastrare i mille impegni che si inseguivano e si sovrapponevano, poi una mano invisibile ha cancellato buona parte di quegli appuntamenti: ora il problema non è più come fare, ma cosa fare per riempire in modo nuovo le pagine della nostra agenda diventate improvvisamente bianche.
Ma perché non siamo mai contenti di quello che abbiamo? Forse perché si tende a dare tutto per scontato.
Questo pensiero fa volare la mia mente ad una delle cose che mi mancano di più: fare la guida a Dialogo nel buio [progetto dell’Istituto dei Ciechi di Milano, N.d.R.]!
Tra le riflessioni più ricorrenti dei nostri visitatori, c’è proprio la consapevolezza di non apprezzare abbastanza ciò che abbiamo, perché lo consideriamo appunto normale: a cominciare dal dono della vista, la cui importanza si capisce pienamente solo quando viene a mancare, anche se per un’ora soltanto; ma anche tutti gli altri sensi che, insieme alla vista, permettono di conoscere a trecentosessanta gradi la realtà che ci circonda: queste finestre sul mondo, sempre a nostra disposizione, sono spesso messe in ombra dalla cultura dell’immagine e dalla necessità di fare tutto nel minor tempo possibile. A Dialogo nel buio, invece, le cose si fanno con calma proprio per gustare lo stupore che nasce guardando il mondo con tutti i sensi.
Il dare per scontato è spesso alla base di uno dei più grandi nemici dell’integrazione, ovvero il pregiudizio: pensare di sapere come si sente o cosa può e non può fare una persona con disabilità visiva, ad esempio, impedisce di aprirsi a quella persona, considerandola innanzitutto come tale, portatrice di limiti al pari di ogni altro, ma anche di potenzialità da scoprire.
Altre volte, invece, si rischia di dare per scontato che tutti abbiano le nostre stesse facoltà: quando mi imbatto in una bicicletta o in una moto parcheggiata sul marciapiede, mi chiedo cosa abbia pensato quella persona nel compiere tale mancanza. Forse non ha proprio pensato ma, appunto, ha dato per scontato che, se un pedone passa su quel marciapiede, la vede e quindi la evita, non considerando che qualcuno, invece, potrebbe non vederla o magari, pur vedendola, non riuscirebbe ad evitarla perché ad esempio si sposta su una sedia a rotelle. Lo stesso vale per i siti internet o le app non accessibili, progettate tenendo conto di utenti standard e non delle persone reali.
Anche nelle nostre attività di formazione aziendale il tema del dare per scontato ritorna con frequenza: tra le cause delle difficoltà di comunicazione all’interno di un team, ma anche in famiglia o tra amici, c’è spesso l’errata convinzione che l’altro capisca il mio linguaggio o che, al contrario, non valga la pena di dialogare perché comunque l’altro non può capirmi.
Tornando a noi… Spero che, quando questa situazione si sarà risolta, ci lasci con una maggiore consapevolezza sui tanti doni che abbiamo: come il buio di Dialogo, forse, ci aiuterà a guardare alla realtà di tutti i giorni con occhi completamente nuovi.
Testo e immagine prodotti nell’àmbito dell’iniziativa Dialogo nel buio dell’Istituto dei Ciechi di Milano (titolo originario: “Quando diamo per scontato”). Per gentile concessione. Ringraziamo per la collaborazione Franco Lisi, direttore scientifico dell’Istituto.
Articoli Correlati
- Giorgio è insieme gioia e peso «Giorgio - dice Rita Rossetti, parlando del figlio con grave disabilità - è parte di me, è tutto, sia nel bene che nel male, è sia una gioia che un…
- L'integrazione scolastica oggi "Una scuola, tante disabilità: dall'inserimento all'integrazione scolastica degli alunni con disabilità". Questo il titolo dell'approfondita analisi prodotta da Filippo Furioso - docente e giudice onorario del Tribunale dei Minorenni piemontese…
- Violenze che devono riguardare tutti «Da nord a sud, in montagna e in città - scrive Mario Paolini - gli episodi di violenza, abuso, intolleranza commessi da insegnanti, educatori, operatori verso persone deboli loro affidate…