Con un’Ordinanza pronunciata il 9 aprile scorso, una delle prime in tema di inclusione scolastica durante l’emergenza coronavirus, il Tribunale Civile di Roma ha accolto il ricorso con richiesta di sospensiva promosso dalla famiglia di un alunno con disabilità grave, frequentante la prima media, e sostenuta dall’Associazione Autismo Pisa, con il quale la famiglia stessa aveva denunciato l’illegittima assegnazione di un numero di ore di sostegno inferiore al massimo consentito per raggiungere gli obiettivi del PEI (Piano Educativo Individualizzato). L’Ufficio Scolastico Regionale per il Lazio, infatti, aveva assegnato risorse alla scuola che garantivano sole 16 ore settimanali di sostegno, mentre la famiglia aveva richiesto il massimo consentito delle ore, che nelle scuole secondarie è di 18.
Accogliendo dunque le argomentazioni della famiglia, il Tribunale ha sostenuto che «l’istituto, a seguito dell’emergenza sanitaria in corso, ha organizzato – similmente alla maggior parte degli istituti scolastici italiani – una modalità di “didattica a distanza”, che consente agli alunni di seguire le lezioni e svolgere compiti attraverso una piattaforma on line alla quale accedere da casa. Si tratta di una modalità di fruizione del servizio-scuola che presenta una certa complessità e rispetto alla quale la presenza di un insegnante di sostegno che supporti gli alunni con maggiori difficoltà aiutandoli a seguire quanto accade, se possibile si prospetta ancor più significativa e rilevante, per consentire loro di accedere nella massima misura possibile all’istruzione cui hanno diritto [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».
Il Tribunale stesso ha condannato pertanto l’Amministrazione, ordinando di nominare un docente per il sostegno «con rapporto 1/1 e per il massimo delle ore consentite, comunque in modo da coprire l’intero orario della didattica a distanza» e ha condannato l’Amministrazione alla rifusione delle spese legali.
«Si tratta di un’Ordinanza assai interessante – commenta Salvatore Nocera dell’Osservatorio Scolastico AIPD (Associazione Italiana Persone Down) – sia perché è attualissima, sia perché ha affermato il principio che anche in periodo di didattica a distanza il docente per il sostegno e i docenti curricolari debbono continuare a seguire gli alunni con disabilità per tutte le ore di insegnamento previste normalmente».
«Confrontando tuttavia questa decisione con quanto sta avvenendo in realtà nelle scuole italiane – aggiunge Nocera -, ci viene tanto da riflettere sulla legittimità dell’attuale situazione del diritto allo studio degli alunni con disabilità, gravemente violato, stando alla decisione in esame. Infatti, nessuno dei docenti per il sostegno sta svolgendo tutte le ore assegnate agli alunni con disabilità, seguendo la logica di riduzione e quasi sempre di dimezzamento dell’orario settimanale di insegnamento e talora anche una riduzione superiore; per tacere di quelle scuole che, vuoi per la mancanza di collegamento internet o per l’ignavia di taluni Dirigenti Scolastici e di taluni Collegi dei Docenti o di qualche insegnante curricolare o per il sostegno, non hanno avviato totalmente la didattica a distanza o, laddove l’abbiano avviata, non si sono preoccupate dell’enorme difficoltà e talora dell’impossibilità degli alunni con disabilità intellettive o con disturbi neurosensoriali a seguire le lezioni a distanza per le loro comprovate difficoltà psicologiche ed esistenziali. Forse, se qualcuna delle famiglie coinvolte in tali problematiche facessero ricorso per violazione di legge o per discriminazione contro queste esclusioni dal diritto allo studio, sapremmo cosa poter pretendere dall’Amministrazione Scolastica».
«Invero – prosegue Nocera – in alcune scuole i docenti per il sostegno, nell’àmbito delle ore assegnate all’alunno, oltre che svolgere insieme ai docenti curricolari la didattica a distanza, poi effettuano delle videochiamate individuali con l’alunno per meglio chiarire la lezione generale. A tal proposito sembra opportuno ricordare che, essendo obbligatoria l’attività degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione a distanza (Decreto Legge 14/20, articolo 9), sarebbe opportuno che anch’essi, d’intesa con il docente per il sostegno, effettuassero proprie videochiamate agli alunni che seguivano a scuola, per aiutarli, ad esempio, nello svolgimento dei compiti».
«Infine – conclude Nocera – spiace notare che nella motivazione gli alunni vengano definiti “portatori disabili”, formulazione ormai superata definitivamente dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che invece, innovando alla luce dell’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.], li chiama ufficialmente “alunni con disabilità”. Ma speriamo che negli atti delle Pubbliche Amministrazioni ormai definitivamente compaia solo l’espressione sancita dalla Convenzione, che è ormai diritto italiano vigente, dopo la ratifica operata dall’Italia con la Legge 18/09, e che è attribuita ormai definitivamente dalla Sentenza 80/10 della Corte Costituzionale. Dal canto loro le famiglie farebbero bene ad utilizzare il principio di questa decisione, per far valere il diritto allo studio dei propri figli anche in questa delicata fase di didattica a distanza». (S.B.)