«Le oltre duemila richieste di aiuto arrivate al nostro servizio gratuito Esperto Risponde per il Covid-19 hanno evidenziato che i Malati Rari hanno avuto difficoltà nell’eseguire esami diagnostici e visite di controllo e spesso hanno interrotto le abituali terapie, per l’impossibilità di recarsi in sicurezza in ospedale, per mancanza di percorsi dedicati e di un’alternativa domiciliare praticabile»: lo ha dichiarato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, che dirige l’OMAR (Osservatorio Malattie Rare), a margine della propria audizione presso la Commissione Igiene e Sanità del Senato, durante la quale ha evidenziato appunto come l’emergenza coronavirus abbia avuto un impatto fortissimo su coloro che sono affetti da una patologia e in modo particolare sui due milioni di Malati Rari del nostro Paese. «Durante la “fase 1” – ha sottolineato inoltre – questi malati sono stati ben poco considerati, ma nella “fase 2” bisogna mettere in campo delle misure di tutela, e ci sono diverse cose che si possono fare con poca spesa per il Servizio Sanitario Nazionale».
Secondo l’OMAR, quindi, una delle questioni da risolvere urgentemente è la continuità terapeutica, da garantire innanzitutto con l’implementazione delle terapie domiciliari e con una maggiore diffusione della distribuzione dei farmaci ospedalieri sul territorio. «A tal proposito – aggiunge Ciancaleoni Bartoli – ci siamo uniti a diversi appelli proposti dalle Associazioni dei pazienti che richiedevano di facilitare le terapie domiciliari anche attraverso accordi a titolo gratuito con società private (come cooperative di infermieri) per l’erogazione delle terapie su tutto il territorio nazionale, in un momento in cui al pubblico non poteva essere chiesto questo servizio. Purtroppo tutti gli emendamenti che diversi Senatori e Deputati avevano presentato in tal senso non sono stati accolti. Il pregiudizio verso un ruolo suppletivo del privato, se pur in un momento emergenziale, è stato più forte del dovere di tutelare la salute delle persone e garantir loro il diritto costituzionale alle cure».
Nel corso dell’audizione a Palazzo Madama, il Direttore dell’OMAR si è soffermata particolarmente sull’assistenza domiciliare. «Molti dei problemi che abbiamo elencato – ha dichiarato – sono “storici” e legati al tema dell’assistenza domiciliare, quella che avviene al di fuori degli ospedali quando l’urgenza finisce e cominciano le battaglie della vita quotidiana. In parte queste difficoltà avrebbero dovuto essere affrontate adottando un nuovo Piano Nazionale delle Malattie Rare: l’Italia ne ha fatto solo uno, senza fondi, che è scaduto nel 2016. L’attuale “fase 2” potrebbe dunque essere un ottimo momento per approvarlo e finanziarlo e in parte, per sovvenzionarlo, si potrebbero utilizzare le risorse derivanti dall’aumento della tassazione sul cosiddetto “tabacco riscaldato”, un miliardo e 200.000 euro che arriverebbero senza alcun aggravio per lo Stato. Nello scorso mese di aprile abbiamo sostenuto e appoggiato un appello delle Associazioni dei pazienti a favore della determinazione di un piano triennale relativo alla prevenzione e assistenza di una serie di patologie tra cui quelle rare, finanziato proprio attraverso questi fondi. Ma fra tutelare il tabacco e tutelare i malati ha avuto la meglio la prima opzione e gli emendamenti sono caduti. Se c’è volontà di far qualcosa, deve intervenire il Governo».
Ancora, Ciancaleoni Bartoli ha sottolineato in Senato l’importanza della creazione non solo di percorsi dedicati, ma anche di «ospedali sicuri, dove si possa andare in un centro di riferimento per Malattia Rara con la certezza di non uscirne con una malattia pandemica».
Infine, rispetto agli ostacoli burocratici, ha ricordato che «i Malati Rari hanno avuto problemi gravi a farsi riconoscere i certificati di soggetti a rischio, perché i medici legali non conoscono le loro malattie. Una prima soluzione potrebbe pertanto essere quella di stabilire che le persone con una Malattia Rara siano per definizione “categorie a rischio” e in quanto tali destinatarie prioritarie delle varie misure preventive o di supporto che saranno disponibili, dai test a norme chiare nello stabilire la possibilità di smart working [“lavoro agile”, N.d.R.]o misure di congedo retribuito, e anche, quando ci sarà, un accesso prioritario al vaccino in quanto appunto soggetti a rischio». (S.B.)
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