La Circolare emanata il 23 aprile scorso dal Ministero della Salute (COVID-19: Indicazioni emergenziali per le attività assistenziali e le misure di prevenzione e controllo nei Dipartimenti di Salute Mentale e nei Servizi di Neuropsichiatria Infantile dell’Infanzia e dell’Adolescenza) rappresenta un primo intervento del Ministero per riconoscere, nell’attuale epidemia, la necessità di rivolgere attenzione ai soggetti più vulnerabili e garantire il funzionamento dei servizi territoriali per le persone con problemi di salute mentale, adulti, bambini e adolescenti, nell’osservanza delle norme di sicurezza.
Già richiesta con un nostro comunicato e con un nostro appello rivolto a Governo e Regioni, in riferimento all’area dei Dipartimenti di Salute Mentale, quella Circolare si era resa necessaria di fronte alle disuguaglianze regionali e interregionali acuitesi con il diffondersi dell’epidemia e per sollecitare il funzionamento della rete territoriale, in assenza, in molti casi, di indicazioni fornite dalle Regioni e dalle Aziende Sanitarie, risultando invece gli interventi nella salute mentale, come indicato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità tra gli obiettivi cruciali nella strategia più generale di contrasto ai danni dell’epidemia Covid-19.
Nel merito, la Circolare ha fornito indicazioni da utilizzare nella cosiddetta “fase 1”, prioritariamente attente al contrasto della diffusione del contagio, alle norme di igiene e di profilassi, all’utilizzo dei dispositivi di prevenzione individuali, alla formazione degli operatori e informazione dei cittadini utenti, alla rimodulazione degli spazi dei servizi e delle attività onde prevenire il contagio. Vengono inoltre raccomandate le modalità operative specifiche nei differenti servizi, con particolare attenzione alla strutture residenziali, comprensive delle residenze per l’esecuzione della misura di sicurezza (REMS), e ai Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), anche in caso di presenza di pazienti positivi al Covid 19.
Guardando ai punti di forza del documento, esso è certamente un segno di attenzione del Ministero alle tematiche della salute mentale, ma necessita di essere seguito da altre e più incisive azioni in questo campo. Con esso, per altro, è stata ratificata la cittadinanza piena delle persone con problemi di salute mentale, senza l’arretramento che si rischia nelle emergenze, rappresentato dal paventato allestimento di servizi “speciali” per malati “speciali”, SPDC per pazienti psichiatrici Covid positivi, o dal ripristino di pratiche di deriva manicomiale, tra cui la contenzione meccanica.
Riguardo invece ai punti di debolezza, riteniamo che la Circolare abbia avuto un focus preminentemente bio-medico e poca attenzione ai percorsi e processi di salute mentale territoriali e emancipativi, pure mantenuti in alcuni Dipartimenti. Vi si sottolinea, inoltre, il rischio di mortalità e la riduzione dell’aspettativa di vita, fino a 15-20 anni delle persone con disturbo mentale, senza tuttavia sottolineare la connessione con le prescrizioni di psicofarmaci prolungate e non adeguate. È stata infine emanata tardivamente, a pochi giorni dall’avvio della cosiddetta “fase 2”.
A partire da quanto detto, riteniamo che il Tavolo Tecnico presso il Ministero debba immediatamente essere attivato, onde disporre di un ulteriore intervento di raccomandazioni del Ministero in particolare nelle aree che qui elenchiamo:
° attività domiciliare, come intervento non solo sulla malattia, ma sulla persona nella sua globalità e sul suo contesto sociale e familiare;
° attività abilitative e di formazione al lavoro, centrali nei processi di ripresa e di inclusione sociale, oltreché di contrasto agli effetti a lungo termine dell’isolamento. Tali attività, ove non sia possibile riprenderle nelle modalità precedenti, vanno rimodulate in modo da garantire momenti di socializzazione, attività formative e attività di gruppo;
° lavoro coordinato e di cogestione con la Cooperazione Sociale di tipo A e di inserimento lavorativo;
° lavoro con le famiglie, che nel periodo dell’emergenza hanno di norma aumentato il carico;
° riunioni di servizio come base di un lavoro di équipe e momento di confronto e scambio;
° attività di rete con servizi sociali e socio sanitario del territorio, onde rispondere ai determinanti sociali di salute;
° attività in carcere e nelle case di riposo, ove non ci siano focolai in atto.
Quello che però appare assolutamente urgente e necessario è che il Governo, su proposta del Ministero della Salute, indirizzi risorse verso i Dipartimenti di Salute Mentale, negli ultimi anni fortemente depauperati di risorse umane e materiali, come anche per la qualificazione degli habitat dei servizi. Questo appare tanto più necessario dal momento che sui servizi di salute mentale nei prossimi mesi andrà a ricadere un’ampia domanda collegata alle problematiche di impoverimento e di deriva sociale della popolazione determinate dall’epidemia. Domanda da non psichiatrizzare, ma da accompagnare e restituire alle politiche sociali, senza peraltro abbandoni o esclusioni diagnostiche.
Va sottolineato, inoltre, che negli ultimi anni la rete dei servizi della salute mentale ha subìto una regressione nel modello culturale e organizzativo sempre più fondato sul paradigma riduzionista biologico clinico, che non si fa carico dei determinanti sociali di salute alla base dei processi di cittadinanza, inclusione, di integrazione e di ripresa delle persone con disturbo mentale: se ne legga già ampiamente nella Dichiarazione conclusiva della Conferenza Nazionale sulla Salute Mentale 2019.
Appare quindi necessario un rilancio etico e culturale per riqualificare i servizi e indirizzare le pratiche e le risorse rivolte ai Dipartimenti vanno orientate verso obiettivi specifici da raggiungere, che l’emergenza Covid-19 ha evidenziato come cruciali:
° l’impegno contro le istituzioni/residenze h24 chiuse e sovraffollate;
° l’attenzione prioritaria alle persone con patologia severa e portatrici di patologia di lunga durata;
° l’implementazione di un lavoro proattivo e domiciliare a partire dai Centri di Salute Mentale, contro una psichiatria ambulatoriale e di attesa;
° il radicamento dei servizi nel territorio di competenza anche attraverso un lavoro coordinato con le Istituzioni Sociali e Sanitarie di quel territorio;
° l’implementazione delle attività di emancipazione e inclusione socio-lavorativa.
Alla luce di tutto quanto detto, il nostro Coordinamento conferma la disponibilità al confronto e alla collaborazione con il Ministero della Salute, la Conferenza delle Regioni e l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).