Due volte ciechi?

di Flavia Tozzi*
«Siamo già privi di un senso - scrive Flavia Tozzi, presidente dell’UICI di Cremona - e il funzionamento di un altro (l’olfatto) ci viene molto ridotto dalla mascherina. Se poi ci viene anche precluso il tatto, con l’obbligo di indossare i guanti negli uffici e negli esercizi commerciali, mi chiedo cosa ne sarà di noi! O il Covid-19 si affretta ad andarsene, o finiremo per essere condannati a una vita di isolamento e di esclusione. Non vogliamo pietà, ma solo attenzione e, laddove è possibile, una deroga alle restrizioni per poter vivere con dignità e sentirci partecipi della vita sociale»

GuantiForse la maggior parte di coloro che leggeranno queste riflessioni penseranno a una polemica sterile o alla solita lagnanza di chi è più debole e tenta di farsi commiserare. In realtà, è l’ennesimo grido di dolore di una categoria, quella dei ciechi assoluti, che cerca di farsi udire in mezzo al clamore sollevato dalle normative sulla ripresa delle attività economiche, sancite dal Decreto Rilancio appena emanato.

Purtroppo ho dovuto prendere atto del fatto che alcune delle nuove disposizioni di sicurezza sono fortemente penalizzanti per chi non vede. Avevo già fatto presente in un’altra occasione, su queste stesse pagine, delle grosse difficoltà che una persona non vedente, che cerca di muoversi autonomamente, incontra nell’utilizzare i mezzi pubblici e comunque nell’osservare correttamente il distanziamento sociale, proprio a causa della sua disabilità, che le impedisce di capire la posizione delle persone che ha accanto.
Incontrerò a breve i responsabili della Società KM  [l’Azienda per la Mobilità di Cremona, N.d.R.], che si sono resi disponibili a un confronto per individuare una soluzione ad alcune delle criticità che riguardano i mezzi di trasporto.
Qui però voglio soffermarmi su un problema che, mi si perdoni l’espressione, rischia di “accecarci due volte”.

Mi riferisco all’obbligo di indossare i guanti per chi accede agli uffici e agli esercizi commerciali, in particolare ai negozi di abbigliamento.
Avevo già segnalato quanto l’utilizzo dei guanti possa rendere difficile la vita di un cieco, perché il tatto è uno dei sensi principali a cui deve ricorrere per sopperire alla mancanza della vista.
I guanti possono rendere assai goffe e complesse molte semplici operazioni, come ad esempio afferrare oggetti, cercare qualcosa nella propria borsa, come il portafoglio, maneggiare soldi, individuare i pulsanti di ascensori o citofoni leggendone le indicazioni tattili ecc. ecc.
Ma il nuovo Decreto ci prospetta un’ulteriore limitazione quando impone di indossare i guanti a chi entra in un negozio di abbigliamento.
Provate a calarvi per un attimo nei panni di una persona non vedente. Come farà a scegliersi un abito o un qualsiasi altro indumento se non lo può toccare? Già deve ricorrere agli occhi di altri per un aiuto per quanto riguarda i colori, quel che vorrebbe è perlomeno continuare a poter scegliere il tessuto!

Temo che molti di noi rinunceranno ad acquistarsi abiti nuovi almeno finché durerà la pandemia. Siamo già privi di un senso e il funzionamento di un altro ci viene molto ridotto indossando la mascherina (mi riferisco all’olfatto, a volte indispensabile per orientarci ed individuare ad esempio un negozio o un ristorante), se poi ci viene anche precluso il tatto, mi chiedo cosa ne sarà di noi!
O il Covid-19 si affretta ad andarsene, o noi finiremo per essere condannati a una vita di isolamento e di esclusione dal resto della società.
Sono anche convinta che l’indossare i guanti possa dare una falsa sensazione di sicurezza e di protezione contro il virus, perché ci fa sentire liberi di toccare dappertutto senza preoccupazioni, raccogliendo qualsiasi organismo sulle superfici, mentre, senza guanti, staremmo probabilmente più attenti e ci disinfetteremmo più spesso le mani.

Non vogliamo pietà, ma solo attenzione e, laddove è possibile, una deroga alle restrizioni per poter vivere con dignità e sentirci partecipi della vita sociale.
Il paradosso è che, in qualità di presidente dell’UICI di Cremona e quindi di datore di lavoro, mi è stato imposto di adeguarmi alla normativa e adottare le medesime restrizioni che ora denuncio come discriminanti proprio nei confronti di chi accederà ai nostri uffici, che da oggi, 18 maggio, tornano ad essere aperti al pubblico, previo appuntamento. Qualcuno dei nostri associati ha già sollevato obiezioni e io non posso dar loro torto.
Probabilmente, e so di autodenunciarmi, sarò la prima a trasgredire le regole, sotto la mia responsabilità, consapevole del fatto che così potrei mettere a rischio anche la salute delle nostre dipendenti.
Ma cosa dobbiamo inventarci adesso per riprendere a vivere il più normalmente possibile?

Presidente dell’UICI di Cremona (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) (uiccr@uiciechi.it).

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