Perché la didattica a distanza è un limite per i bambini con disabilità

di Claudia Nicchiniello*
«Per come viene proposta ora - scrive Claudia Nicchiniello, riferendosi in particolare agli alunni con disabilità intellettive e comportamentali - la didattica a distanza manca della digitalizzazione dei contenuti didattici. Per questo, in vista del nuovo anno scolastico, è opportuno che per tutti i bambini con disabilità la previsione della didattica avvenga solo con la presenza a scuola, oppure con la presenza a domicilio del bambino di un assistente e/o dell’insegnante di sostegno, che lo sostenga in attività tradizionali di apprendimento e lo faciliti al dialogo a distanza con i compagni»

Didattica a distanzaLa scuola italiana è diventata inclusiva grazie ad un importantissima Legge, la 517/77, nota anche come “Legge Falcucci”, le cui basi hanno ispirato la stessa Legge 104/92. Quella norma dichiarava finalmente che le persone con disabilità avrebbero frequentato in presenza in classe con i compagni grazie al supporto di insegnanti di sostegno al progetto inclusivo.
Sottolineo “in presenza”, poiché spesso la cronaca ha riportato con clamore eventi spiacevoli di bambini che venivano letteralmente “parcheggiati” in “aule di sostegno”, o di gite scolastiche a cui non potevano partecipare. Già allora il dibattito sulle reali tecniche inclusive, la possibilità per i casi più gravi e complessi di poter fare attività “in classe” con i compagni alimentava regolarmente importanti convegni, congressi e pubblicazioni.

Soprattutto per le persone con disabilità intellettive e comportamentali le tecniche pedagogiche erano in iniziale fase di sviluppo in Italia, poiché l’autismo, ad esempio, è diventato un’emergenza solo in anni relativamente recenti. A questo spesso si supplisce, grazie alla Legge 104/92, nominando figure di supporto da parte dei Comuni, che accompagnano il disabile nelle attività di educazione alla vita sociale e all’apprendimento di importanti autonomie (saper salutare, andare in bagno, rispettare i turni di gioco ecc).
Oltre però ad avere problemi di comportamento, i bambini con autismo presentano meccanismi importanti di deficit della comunicazione. Quasi tutti loro, in realtà, hanno una spiccata capacità quasi innata ad utilizzare i dispositivi digitali, spesso in modo quasi geniale, e insegnanti ed educatori faticano a riportare gli alunni a una comunicazione verbale funzionale con i pari.

Qui entriamo nel vivo del problema di questi bambini:«, quello che amo definire DDAD, ovvero Didattica Digitale a Distanza.
Poiché non sarà semplice realizzare in breve tempo una didattica digitalizzata in lingua italiana così coinvolgente per i bambini, che sono avvezzi ai touch screen [schermi tattili, N.d.R.] (ricordando anche che le aule italiane non sono fornite di lavagne touch screen), alle app spesso in lingua inglese, ai giochi digitali, molto user friendly [di utulizzo anichevole, N.d.R.] e con una grafica molto potente, ad oggi è praticamente impossibile rendere appetibile la comunicazione via video con un’insegnante e con i pari.
Quindi, dall’osservazione e dalla conoscenza di questi limiti della didattica a distanza prospettata per il prossimo anno scolastico, è opportuno che per tutti i bambini con disabilità la previsione della didattica avvenga solo con la presenza a scuola, oppure con la presenza a domicilio del bambino di un assistente e/o dell’insegnante di sostegno, che lo sostenga in attività tradizionali di apprendimento e lo faciliti al dialogo a distanza con i compagni. A tal proposito chi scrive ha anche lanciato la petizione nel web denominata #istruzioneancheperme.

Presidente dell’ANGSA Campania.

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