Domenica 24 maggio sarà la Giornata Nazionale del Terapista Occupazionale, evento istituito dall’AITO (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali), voluto per promuovere le competenze di questo professionista sanitario della riabilitazione. Proprio il 24 maggio del 1997, infatti, venne pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Profilo Professionale del Terapista Occupazionale, nel Decreto Ministeriale 136/97 (Regolamento concernente la individuazione della figura e relativo profilo professionale del terapista occupazionale).
«Segnatamente – spiegano dall’AITO – quest’anno non è stato possibile organizzare per l’occasione eventi in presenza e per questo abbiamo deciso di procedere con la divulgazione attraverso canali mediatici e social, focalizzando l’attenzione in particolare sul contributo del terapista occupazionale nei servizi territoriali, che devono essere necessariamente riorganizzati conseguentemente alla pandemia che tutti stiamo affrontando».
«Durante le emergenze – sottolineano ancora dall’Associazione -, le persone con disabilità hanno esiti peggiori in termini di salute e socio-economici rispetto alle persone senza disabilità, come evidenziato con forza anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nello specifico della presente emergenza, non è stato ancora possibile quantificare le necessità delle persone che hanno dovuto interrompere il trattamento socio-riabilitativo per ridurre le potenzialità di contatto e che si trovano ad affrontare le conseguenze di questa interruzione: si parla di persone con patologie croniche, oncologiche, disturbi dello spettro autistico ecc. Cosicché non sono ancora noti gli scenari e le nuove esigenze riabilitative delle persone che si stanno riprendendo dal Covid-19. Con il progressivo avanzamento della pandemia, si sta per altro gradualmente osservando un numero crescente di pazienti Covid-19, che oltre alle tipiche polmoniti con sindrome da di-stress respiratorio acuto, manifestano importanti comorbilità di carattere neurologico, cardiologico e cognitivo, con conseguenti sindromi da immobilità o da decondizionamento al cammino, affaticabilità precoce, dipendenza nella cura di sé o parziale limitazione delle capacità di soddisfare attività di vita quotidiana (ADL-Activities of Daily Lafe) e attività strumentali (IADL-Instrumental ADL), che impediscono o limitano fortemente il ritorno a una vita affettiva, sociale, lavorativa e sportiva di qualità. Notevoli, inoltre, sono anche i disturbi psicologici come quello post-traumatico da stress e la sindrome ansioso depressiva, che spesso si estendono ai familiari».
«Pertanto – concludono dall’AITO – il territorio richiede personale sanitario competente nei diversi setting territoriali, compreso il domicilio, luogo di cura privilegiato del terapista occupazionale, come stabilito anche nel Piano d’Indirizzo per la Riabilitazione del 2011».
Alla luce di tutto quanto detto, nell’imminenza della Giornata Nazionale del 24 maggio, la stessa AITO ha prodotto un documento, che riprendiamo qui in calce, finalizzato appunto a definire il ruolo del terapista occupazionale nel paziente “post-Covid-19”. (S.B.)
Ringraziamo Gabriella Casu per la collaborazione.
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: segreteria@aito.it.
Il terapista occupazionale in quest’epoca
a cura dell’AITO (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali)
Estratto dal Decreto Ministeriale 136/97 che ha sancito la professione del terapista occupazionale:
Il terapista occupazionale è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, opera nell’àmbito della prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da malattie e disordini fisici, psichici sia con disabilità temporanee che permanenti, utilizzando attività espressive, manuali rappresentative, ludiche, della vita quotidiana (articolo 1, comma 1).
Effettua una valutazione funzionale e psicologica del soggetto ed elabora, anche in équipe multi disciplinare, la definizione del programma riabilitativo, volto all’individuazione ed al superamento dei bisogni del disabile ed al suo avviamento verso l’autonomia personale nell’ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale (articolo 1, comma 2a).
Tratta condizioni fisiche, psichiche e psichiatriche, temporanee o permanenti, rivolgendosi a pazienti di tutte le età; utilizza attività sia individuali che di gruppo, promuovendo il recupero e l’uso ottimale di funzioni finalizzate al reinserimento, all’adattamento e alla integrazione dell’individuo nel proprio ambiente personale, domestico e sociale (articolo 1, comma 2b).
Partecipa alla scelta e all’ideazione di ortesi congiuntamente o in alternativa a specifici ausili (articolo 1, comma 2d).
[…] propone, ove necessario, modifiche dell’ambiente di vita e promuove azioni educative verso il soggetto in trattamento, verso la famiglia e la collettività” (articolo 1, comma 2e).
I programmi di terapia occupazionale possono alleviare alcuni dei problemi di isolamento, deprivazione sensoriale e occupazionale e l’inattività cognitiva, che sono rischi per il benessere a lungo termine.
Utilizzando un approccio olistico centrato sulla persona, il terapista occupazionale valuta i bisogni dell’individuo. Gli interventi includono la creazione di una routine, l’identificazione dei punti di forza delle persone, l’insegnamento di tecniche di risparmio energetico e possono essere rivolti anche ai caregiver delle persone con demenza, ai genitori di bambini con disabilità, a persone fragili e in condizioni di cronicità.
Il terapista occupazionale agisce anche là dove la disabilità rappresenta un ostacolo alla partecipazione lavorativa, intervenendo sull’ organizzazione aziendale e modificando le procedure di prevenzione e protezione specifiche per lavoratori con disabilità.
Le persone vengono attivamente coinvolte nel processo terapeutico e i risultati della terapia occupazionale sono diversificati, guidati dalla persona e misurati in termini di partecipazione e soddisfazione.
Il terapista occupazionale prende in considerazione il modo in cui la persona può adattarsi all’ambiente fisico ed emotivo, come questo può modificarsi nello spazio e nel tempo.
In tale contesto l’ambiente sociale diventa prioritario, se si pensa come i dispositivi di protezione individuale (DPI) possano spesso diventare barriere e costante elemento di isolamento sociale. Facilitare la comunicazione e tenere conversazioni sui risultati futuri diventa fondamentale per lavorare con successo e supportare la persona. I familiari e gli accompagnatori vengono inclusi in tutti i programmi riabilitativi, in quanto lavorare con la persona, i familiari e gli assistenti è un sistema empatico volto a identificare la storia sociale e occupazionale, le occupazioni significative e di valore, utili a stabilire obiettivi e progettare i giusti interventi che facilitino il recupero e la riabilitazione delle abilità di vita quotidiana.
La teleriabilitazione, che non vuole e non può sostituire il rapporto face to face, viene utilizzata dal terapista occupazionale per la valutazione, l’intervento, il monitoraggio, la supervisione e la consulenza.
Altro ruolo potenziale del terapista occupazionale è all’interno delle scuole, per facilitare l’utilizzo della teledidattica e l’inclusione. Molti bambini, infatti, non riescono a tenere tempi di concentrazione appropriati alle lezioni online, il terapista occupazionale può quindi fornire loro supporto, adattando l’attività o partecipando alla scelta di tecnologie assistive adeguate.
Nell’ultimo rapporto di Italia Longeva (La Babele dell’assistenza domiciliare, chi la fa, come si fa, a cura di Davide L. Vetrano e Ketty Vaccaro, 2017, p. 28), è scritto che «i terapisti occupazionali figurano sporadicamente tra l’organico delle ASL o degli enti gestori». Il professionista, invece, dovrebbe essere inserito nell’assistenza domiciliare integrata (ADI), per i motivi descritti.
La terapia occupazionale è presente nei nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) del marzo 2017, nelle seguenti patologie: artrite reumatoide; demenza; lupus eritematoso sistemico (LES); malattia di Alzheimer; malattia di Parkinson e altre malattie extrapiramidali; psicosi; spondilite anchilosante. Ciò nonostante, nei servizi destinati alle persone con queste patologie, spesso il professionista non è presente. Il terapista occupazionale deve essere inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza di tutte le patologie che portano a limitazioni nelle attività quotidiane, come ad esempio la sclerosi multipla, l’ictus o le paralisi cerebrali infantili.
Il terapista occupazionale è basilare nei team, quando vi sono patologie con restrizioni alla partecipazione e barriere all’autonomia, senza limitazioni di età, dalla nascita all’adolescenza, dall’età adulta a quella geriatrica.
La terapia occupazionale va praticata negli Ospedali, nelle Case della Salute, nelle Comunità Montane, nelle strutture residenziali e semiresidenziali, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle carceri, nelle case di riposo, nei Dipartimenti di Cure Primarie, Prevenzione e Salute Mentale.
Il terapista occupazionale va inserito nei progetti di avviamento del co-housing [residenza condivisa, N.d.R.] e in quelli che favoriscono la “Vita Indipendente” e il “Dopo di Noi”.
Poiché il terapista occupazionale si occupa dell’intera area della vita quotidiana, è abituato a lavorare con qualsiasi altro professionista sia in àmbito sanitario che sociale e anche con professionisti non sanitari, come gli architetti, i programmatori e i designer. Ciò lo rende completamente preparato a svolgere un ruolo centrale nei team interprofessionali nelle cure primarie e integrate.
Cercare soluzioni che affrontino l’impatto della malattia o della disabilità e il modo in cui le persone partecipano alla società è la chiave per solidi sistemi integrati di erogazione di assistenza sanitaria (si veda Bolt et al., Occupational therapy and primary care, 2019).
La presa in carico globale della persona e la continuità assistenziale, le specifiche competenze nella riabilitazione su base comunitaria (RBC) e vocazionale, costituiscono una garanzia reale di tutela e promozione della salute.
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