«La Delibera approvata ieri, 26 maggio, dalla Giunta Regionale della Lombardia (n. 3183/20), dedicata all’Avvio della fase due dei servizi semiresidenziali per persone con disabilità, è importante per più motivi. Rispondendo, infatti, a quanto previsto dall’articolo 8 del Decreto del Presidente del Consiglio del 26 aprile, che aveva affidato alle Regioni il compito di promulgare un Piano Territoriale per il riavvio dei servizi semiresidenziali e domiciliari per la disabilità, quella Delibera disegna le condizioni attraverso le quali devono essere riattivati tutti i servizi diurni, trovando un equilibrio tra prevenzione del contagio, sostegno alle persone e alle loro famiglie e tutela della loro dignità».
Lo scrivono in una nota congiunta il Forum del Terzo Settore Lombardia, l’ACI Welfare Lombardia (Associazione Cooperative Italiane), l’ANFFAS Lombardia (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettive e/o Relazionale), l’Arlea, il CEAL (Coordinamento Enti Accreditati e Autorizzati Lombardia) il CNCA Lombardia (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza), la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e l’Uneba Lombardia, esprimendo «la propria soddisfazione sia riguardo ai contenuti del Piano, sia riguardo al metodo di lavoro che ha portato alla stesura di esso. Il Piano Territoriale, infatti, consente il riavvio dei servizi e delle attività (ma per molte realtà si tratta di una prosecuzione, poiché anche nei mesi del lockdown hanno comunque mantenuta viva la presa in carico delle persone con disabilità e il sostegno alle loro famiglie) scongiurando il rischio di una “fase 2” che vedesse le persone con disabilità confinate a casa con i loro familiari oppure che potessero frequentare solo ambienti chiusi e sterili. Da oggi in poi, invece, sarà possibile anche per le persone con disabilità che necessitano di maggior sostegno riappropriarsi di una quotidianità fatta di relazioni, attività e impegni, potendo godere di spazi di libertà e di vincoli non dissimili da quelli del resto della popolazione».
Come già accennato, poi, secondo le organizzazioni lombarde, «l’importanza di questo atto deliberativo riguarda anche il metodo, il percorso attraverso il quale si è giunti al testo definitivo, frutto di un lavoro e di un confronto intenso tra l’Assessorato alle Politiche Sociali, Abitative e alle disabilità e le rappresentanze degli enti e delle famiglie che si occupano di disabilità. Una dimostrazione, questa, del fatto che quando la Regione Lombardia sceglie di ascoltare le ragioni di chi ha competenza e rappresentanza, i risultati sono sicuramente positivi e migliori di atti deliberativi che non tengano conto delle esperienze e delle necessità di chi quotidianamente opera sul campo».
«Il Piano Territoriale – viene quindi sottolineato – disegna un sistema di servizi nell’area della disabilità centrati sulla corresponsabilità di tutti gli attori (Regione, Enti Locali, Enti Gestori, Famiglie, Persone), chiamati ciascuno a fare la propria parte collaborando con gli altri, avendo come fine quello di offrire quanto di meglio alle persone, secondo criteri condivisi con la Regione Lombardia, centrati sulla sicurezza, la gradualità, la modularità e la personalizzazione. Le persone con disabilità e le famiglie non vengono pertanto lasciate sole di fronte a decisioni delicate, né gli Enti Gestori lasciati soli di fronte a responsabilità significative. Nel Piano, quindi, non si parla solamente delle necessarie misure e procedure volte a garantire la sicurezza, ma anche e soprattutto di altro, superando standard e abitudini consolidate e aprendo quei necessari spazi di libertà di azione che, partendo dalle esperienze degli Enti Gestori e dall’ascolto delle esigenze e preferenze delle persone, permettono di realizzare attività di diverso tipo, in ambienti diversi e anche in orari diversi. Da ultimo, ma non ultimo, il Piano assicura le risorse economiche necessarie a dare continuità ai servizi e si impegna ad aggiungerne altre per riconoscere i costi aggiuntivi che gli Enti hanno e dovranno sostenere per garantire sicurezza e prevenzione».
«Questo passaggio – concludono le organizzazioni della Lombardia – apre, e noi ce lo auguriamo, ad una nuova stagione nella storia del welfare sociale lombardo, uscendo finalmente dalla logica della relazione di chi acquista e controlla servizi e prestazioni, per entrare in un vero rapporto di collaborazione, co-progettazione e co-programmazione, con la volontà di individuare insieme problemi e difficoltà e, sempre insieme, trovare soluzioni e sostegni. L’auspicio, pertanto, è che si possa seguire lo stesso percorso virtuoso anche per i servizi residenziali rivolti alla disabilità e alle altre fragilità (salute mentale, dipendenze, minori) nei quali i profili di rischio legati all’emergenza pandemica e le specifiche organizzative e strutturali sono ben diverse da quelle che caratterizzano l’area degli anziani e delle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali)». (S.B.)
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