Un’importante ricerca online, rivolta ai docenti della scuola italiana, è stata condotta dalla Fondazione Agnelli, dalla Libera Università di Bolzano, dall’Università LUMSA di Roma e dall’Università di Trento, al fine di comprendere quali siano state le difficoltà maggiori che gli alunni e le alunne con disabilità abbiano incontrato con la didattica a distanza [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. Le disabilità maggiormente prese in considerazione sono state quelle riferite all’autismo (31%) e ad altre forme di disabilità intellettive (57%).
Secondo la ricerca, dunque, il 44% degli allievi con disabilità è stato ben integrato nelle attività della diddattica a distanza della classe e solo per il 19% si sono dovuti attivare percorsi individualizzati; eppure, un alunno su quattro è rimasto indietro.
Altro dato poco confortante è il fatto che solo il 14% dei docenti ha dichiarato di avere avuto la possibilità di utilizzare la didattica a distanza prima dell’emergenza coronavirus, e quindi la maggior parte di loro è stata colta impreparata. Gli stessi insegnanti hanno denunciato la poca attenzione durante i Consigli di Classe nei confronti della capacità dell’utilizzo immediato del materiale da parte degli allievi e delle allieve con disabilità. Infatti, solamente il 27% degli alunni e delle alunne con disabilità è in grado di utilizzarlo senza il bisogno di fare modifiche, il 50%, invece, necessita di un adattamento parziale del materiale e nel 23% dei casi occorre modularlo completamente.
A causa infine della poca attenzione da parte del corpo docente, l’adeguamento del materiale didattico per gli alunni e le alunne con disabilità nel 92% dei casi è stato fatto dai singoli insegnanti di sostegno.
Anche le famiglie hanno fatto registrare molte difficoltà nel gestire le attività scolastiche da remoto. I maggiori problemi incontrati riguardano sia le scarse dotazioni (computer e connessione), sia le loro poche competenze informatiche. Oltre a questi limiti tecnici, poi, occorre tenere in considerazione anche il basso livello culturale e le difficoltà linguistiche poiché tanti nuclei familiari sono stranieri.
E ancora, molti insegnanti si sono dichiarati assai preoccupati per la lontananza prolungata dalla scuole perché temono che il comportamento, l’apprendimento, l’autonomia e la comunicazione siano seriamente compromesse.
Sono queste apprensioni condivise in toto dalla FISH (Federazione Italiana Superamento Handicap), come si è potuto leggere anche su queste stesse pagine, nell’articolo La didattica a distanza va resa possibile per tutti gli alunni con disabilità. In particolare si teme per la continuità scolastica e la socializzazione degli alunni con disabilità, rischiando che tutto il lavoro di anni vada vanificato.
La Federazione afferma tra l’altro che l’attuale didattica a distanza non sia in grado di rispondere ai reali bisogni degli studenti e delle studentesse con disabilità, rischiando di emarginarli/e e di isolarli/e. Secondo la FISH, in questa situazione viene negato il diritto allo studio, sancito dall’articolo 24 (Educazione) della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Come rimediare? Occorrono programmi più personalizzati, un maggiore coordinamento tra gli insegnanti curricolari e quelli di sostegno, e più che mai c’è l’esigenza della presenza di assistenti specialistici.
Estratto da un testo già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “I dati sulla didattica a distanza confermano un ulteriore gap per gli alunni con disabilità”). Per gentile concessione.
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