Nella conferenza stampa in diretta TV del 13 maggio scorso, il Presidente del Consiglio ha parlato di un finanziamento per la vita indipendente dei disabili gravi. Per quanto si ricorda, è la prima volta nella storia d’Italia che un Presidente del Consiglio parla di vita indipendente dei disabili in un’occasione formalmente così rilevante come la diretta TV da Palazzo Chigi. È anche una delle pochissime volte, o forse la prima volta, in cui una cosa del genere avviene in Europa. È un piccolo, ma potenzialmente significativo, passo avanti, dato che nel campo della disabilità la vita indipendente costituisce una “rivoluzione copernicana” ed è importante come la libertà per gli ergastolani innocenti. Perciò, è importante che quelle pronunciate dal presidente Conte non siano parole al vento. Ed essendo quell’accenno alla vita indipendente di fondamentale importanza per i disabili gravi, è bene chiarire come stanno le cose, per far sì che si tratti solo del primissimo passo per attuare davvero la Costituzione Italiana e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Un altro passo avanti è poi nel Decreto Legge 34/20, perché vi si stabilisce che vita indipendente non è il “Dopo di Noi” e non è neanche “strutture semiresidenziali, comunque siano denominate”.
Quelli che seguono sono alcuni esempi molto concreti e reali di come la miseria di risorse che le Istituzioni preposte ci erogano può incidere molto pesantemente sulle nostre vite.
Senza una quantità adeguata di ore di assistenza personale, quando non dispone dell’aiuto dell’assistente personale, un disabile grave privo dell’uso di braccia e mani: non può bere un po’ d’acqua, ciò che significa la morte sicura in pochi giorni; si è trovato più volte a non poter prendersi cura di un congiunto che si sentiva male ed è il caso di far rilevare quanto ciò sia disumano e possa portare alla morte di entrambi; ha dovuto attendere delle ore prima di poter andare in bagno: se ripetuto più volte, anche questo porta il disabile a morte molto precoce.
Insomma, senza una quantità adeguata di ore di assistenza personale, un disabile grave privo dell’uso di braccia e mani deve concentrare quante più attività nelle poche ore in cui dispone dell’aiuto dell’assistente personale. Ed è evidente che tutto ciò è molto diverso dall’esercizio delle libertà.
Per un disabile grave che vuol vivere come tutti, di fatto la sera dopo cena è impossibile guardare un film o un altro spettacolo o avere come tutti delle cose importanti da fare, perché con i pochi soldi che le Istituzioni dànno è impossibile trovare chi aiuta ad andare a letto alle 11 o a mezzanotte.
Nei giorni di Pasqua, Ferragosto, Natale, le esigenze basilari di vita sono almeno le stesse degli altri giorni: ebbene, con i pochissimi soldi che le Istituzioni dànno per la vita indipendente di un disabile, in quei giorni può essere difficilissimo trovare assistenza personale.
Anche nelle belle giornate e serate estive, specie se festive, poter uscire di casa è un diritto umano fondamentale sia di libertà che per la salute, nonché un momento essenziale per un minimo di gioia di vivere. Viceversa, per via dei pochissimi finanziamenti per l’assistenza personale, molto spesso quei giorni, che dovrebbero essere gioiosi, diventano, per le persone disabili gravi, giornate tristissime se non infernali.
Per il Contributo vita indipendente, finanziato con risorse proprie, per un totale annuo di 9 milioni di euro, la Regione Toscana ha fissato un massimale individuale di 1.800 euro al mese. Un documento ufficiale della stessa Regione riporta l’erogazione media per disabile grave di 1.000 euro al mese. In pratica, molti disabili gravi ricevono per l’assistenza personale 800 e anche 400 euro al mese. Purtroppo, l’unico contratto di lavoro applicabile all’assistenza personale dei disabili gravi è quello delle colf, nel quale, per le assistenti personali “non formate” (le migliori per la vita indipendente) il livello è il C1 sicuramente inadeguato per un lavoro così impegnativo. Applicando questo contratto, considerando le flessibilità, le ferie, le malattie, la tredicesima e il TFR, un’ora di assistenza personale costa circa 11,50 euro più il supplemento per il lavoro nei giorni festivi e la sera tardi e la mattina presto. E va precisato che – considerato il tipo di lavoro – tale cifra risulta eccessivamente bassa. Quindi, con i finanziamenti erogati individualmente dalla Regione Toscana, ogni disabile grave può avere, al massimo, all’incirca da una a cinque ore di assistenza personale al giorno. Se si considera che questo tipo di assistenza ai disabili gravi è indispensabile per alzarsi dal letto, andare in bagno, vestirsi, mangiare, fare la spesa, lavarsi, pulire la casa ecc., risulta evidente che stanziando 9 milioni di euro all’anno, la Regione Toscana garantisce un livello infimo di assistenza personale ai disabili gravi che intendono fare la vita indipendente.
Conti alla mano, dunque, abbiamo appena visto che con 9 milioni di euro all’anno per la sola Regione Toscana i disabili gravi riescono soltanto a sopravvivere appena, ben lontani dal poter vivere come gli altri. Evidentemente, in proporzione, i 20 milioni di euro stanziati dal recente “Decreto Rilancio” per tutta l’Italia sono elemosina.
Purtroppo, in questi mesi su questo pianeta, centinaia di milioni di persone hanno vissuto la prigionia del cosiddetto lockdown, e in Italia più che in atri Paesi. Dunque, gli italiani sanno bene cosa significhi stare a casa senza poter mai uscire. Ebbene, con i finanziamenti che abbiamo appena visto da parte della Regione Toscana e dal Governo per la vita indipendente, per i disabili il lockdown dura tutta la vita. Forse si dovrebbe riflettere su questo.
Ma non basta. Durante il lockdown le persone normodotate potevano comunque alzarsi, andare in bagno, vestirsi, mangiare ecc. quando volevano. Viceversa, per tutta la vita dei disabili gravi, essi possono farlo soltanto per quel poco e quando lo vogliono “lorsignori”. Si è ben lontani, quindi, dal garantire ai disabili quei diritti che la Costituzione Italiana e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità definiscono come fondamentali e inviolabili.
Tale ultima considerazione è ulteriormente avvalorata dalla constatazione che lo stesso Presidente del Consiglio ha annunciato lo stanziamento di una cifra doppia destinata alle strutture speciali per i disabili. Ovvero lo Stato italiano stanzia per la “reclusione dei disabili” una cifra doppia di quella messa in campo per aiutarli a vivere come tutti. Oltre che palesemente incostituzionale, questo è anche contro la storia. Già nei primi Anni Sessanta a Firenze, il professor Milani Comparetti sosteneva che i disabili dovrebbero vivere nella società con tutte le altre persone e per perseguire tale obiettivo ci sono stati moltissimi sforzi e battaglie che durano da oltre cinquant’anni.
Va anche rilevato con molta forza che una parte notevole dei morti a causa del Covid-19 si è dovuta proprio alla concentrazione di disabili e anziani in RSA [Residenze Sanitarie Assistenziali, N.d.R.] e altre strutture speciali che ora il Governo finanzia di nuovo. Di contro, oltre a garantire un minimo di libertà ai singoli disabili, l’assistenza personale per la vita indipendente ha contribuito a ridurre i rischi di contagio, evitato ulteriori intasamenti negli ospedali, in particolare nei reparti di Terapia Intensiva o nei Pronto Soccorso.
I tagli pesantissimi alle spese sanitarie e ai posti letto negli ospedali, operati in passato, hanno costretto a concentrare tutte le risorse residue sulla cura e il contenimento del Covid-19. Ciò ha prodotto il blocco di quasi tutta la normale attività ospedaliera, come se di colpo tutti gli altri problemi sanitari fossero spariti. Il fatto, però, è che a seguito di questo virus, i luoghi dove facevamo riabilitazione, con le differenti necessità, sono stati chiusi o trasformati in strutture per la cura o la quarantena di chi aveva contratto il virus, lasciando i disabili a se stessi, a casa, in mezzo ad enormi difficoltà.
Ad esempio, proprio in questo periodo un disabile grave avrebbe dovuto fare un importante ciclo di riabilitazione e invece anch’esso è stato rinviato a chissà quando e ne conseguirà per lui un ulteriore peggioramento delle condizioni fisiche, che di sicuro non sarà positivo per la durata della sua vita. Insomma, altri morti derivanti da come è stato gestito questo virus. E la morte precoce non si recupera.
Anche le piscine sono state chiuse, provocando danni maggiori alla salute di chi ha gravi disabilità rispetto a chi è normodotato. Bene o male, magari con più difficoltà, chi è normodotato può fare certi esercizi fisici anche fuori dall’acqua e, se non li fa, di sicuro non subisce enormi peggioramenti nelle proprie condizioni psico-fisiche. Viceversa, per il mantenimento della salute di un disabile con grave spasticità è di fondamentale importanza che questa persona possa andare in piscina. Con tutte le chiusure connesse al Covid-19, questa persona ha dovuto rinunciare alla piscina, ciò che ha fatto peggiorare in maniera consistente le sue condizioni fisiche ed è realistico ritenere che in futuro, nella migliore delle ipotesi, questo peggioramento potrà essere recuperato solo in parte. Sicuramente ciò vorrà dire che la sua vita sarà più breve di quello che avrebbe potuto essere. Perciò, è importante e urgente che i luoghi di riabilitazione e le piscine pubblici siano riaperti e potenziati.
Da quanto tutto sopra detto, emerge chiaramente che il fondamentale precetto costituzionale di aiutare maggiormente chi è più in difficoltà va perseguito da tutte le Istituzioni con molta più coerenza di quanto non si sia fatto finora, soprattutto mediante un cospicuo e permanente incremento di risorse da destinare all’assistenza personale per la vita indipendente dei singoli disabili. Non si può pensare per l’ennesima volta, nemmeno per ipotesi, ai disabili come “vittime sacrificali da immolare sull’altare del rientro dal debito”.
Associazione Vita Indipendente Toscana (avitoscana@avitoscana.org).
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