Disabilità: la “pandemia” delle discriminazioni e delle disuguaglianze radicate

«Esprimiamo profonda preoccupazione per gli impatti devastanti della pandemia da coronavirus sulle persone con disabilità, un evento che ha rivelato come la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità non sia stata attuata in modo esaustivo dagli Stati che l’hanno ratificata, mettendo in luce l’accresciuta vulnerabilità e i rischi per le persone con disabilità provocati da discriminazioni e disuguaglianze radicate»: sono parole sin troppo chiare, quelle pronunciate dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, l’organismo che vigila sull’attuazione della Convenzione
Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, Ginevra 2016
I componenti del Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, durante la riunione del 2016 a Ginevra

«Esprimiamo profonda preoccupazione per gli impatti devastanti della pandemia di Covid-19 sulle persone con disabilità, un evento che ha rivelato come la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità non sia stata attuata in modo esaustivo dagli Stati che l’hanno sottoscritta e ratificata, mettendo in luce l’accresciuta vulnerabilità e i rischi per le persone con disabilità provocati da discriminazioni e disuguaglianze radicate»: sono parole dure, ma sin troppo chiare, quelle pronunciate in una dichiarazione prodotta in questi giorni dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, l’organismo che vigila appunto sull’attuazione della Convenzione, della quale il Comitato stesso ha voluto ribadire uno dei princìpi fondamentali, ovvero che «le persone con disabilità sono spesso erroneamente percepite vulnerabili per loro natura, mentre in realtà sono le barriere attitudinali, ambientali e istituzionali che inducono a situazioni di vulnerabilità». Nello specifico della pandemia da coronavirus, quindi, «pur essendo spesso le persone con disabilità in condizioni di salute che le hanno rese più suscettibili al Covid-19, sono state la discriminazione e la disuguaglianza preesistenti a farli risultare come uno dei gruppi più esclusi in termini di prevenzione della salute e azioni di risposta e misure di sostegno economico e sociale, oltreché tra i più colpiti sia dal punto di vista del rischio di contagio, che di quello di morte».

«Quanto accaduto in questi mesi – hanno aggiunto dal Comitato – ha evidenziato quindi, con estrema chiarezza, che gli sforzi di protezione, risposta e recupero non saranno efficaci sino a quando tutte le persone non verranno ugualmente considerate e incluse. Sono pertanto quanto mai necessarie azioni critiche e urgenti, per garantire che le persone più a rischio, tra cui quelle con disabilità, vengano esplicitamente incluse nella pianificazione pubblica delle emergenze e negli sforzi di risposta e recupero della salute, dopo la pandemia, nell’àmbito dei quali devono essere parte integrante le norme e i criteri giuridici della Convenzione, che affrontano la discriminazione e la disuguaglianza».

Sono stati più di uno, in questi mesi, i documenti prodotti nella cerchia delle Nazioni Unite, e tutti vengono citati dal Comitato, come basi imprescindibili per il lavoro futuro: dalla guida sul tema Covid-19 e i diritti delle persone con disabilità, diffusa dall’Alto Commissariato dell’ONU per i Diritti Umani (se ne legga ampiamente anche sulle nostre pagine), al rapporto delle Nazioni Unite sulla risposta al Covid-19 in termini di inclusione della disabilità; dalla dichiarazione congiunta dello stesso Comitato sul tema Persone con disabilità e Covid-19, a firma del Presidente di esso Danlami Basharu e di Maria Soledad Cisternas Reyes, inviata speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Disabilità e l’Accessibilità, fino all’appello di Catalina Devandas, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (di tale figura si legga nel box in calce).

«È fondamentale – hanno sottolineato in conclusione dal Comitato ONU – mantenere un approccio basato sui diritti umani nelle azioni di risposta e di recupero non solo in relazione alla pandemia di Covid-19, ma anche per garantire che gli Stati agiscano ora per costruire società eque, sostenibili e resilienti e che dispongano dei meccanismi necessari a prevenire e rispondere rapidamente alle future emergenze sanitarie pubbliche, garantendo che “nessuno sia lasciato indietro”». (S.B.)

Ringraziamo per la collaborazione Luisella Bosisio Fazzi.

I relatori speciali del Consiglio ONU per i Diritti Umani
Essi fanno parte delle cosiddette “Procedure Speciali” del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ovvero del più grande corpo di esperti indipendenti nel sistema dei Diritti Umani dell’ONU, che si occupano di indagine e monitoraggio delle situazioni specifiche nei singoli Paesi o di questioni tematiche in tutte le parti del mondo.
Gli esperti delle Procedure Speciali lavorano su base volontaria, non sono personale dell’ONU e non ricevono uno stipendio per il loro impegno. Sono indipendenti da qualsiasi governo od organizzazione e prestano servizio a titolo individuale.
La costaricana Catalina Devandas è stata designata quale Prima Relatrice Speciale sui Diritti delle Persone con Disabilità nel mese di giugno del 2014 dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Negli ultimi vent’anni ha lavorato intensamente sui diritti delle persone con disabilità e sullo sviluppo inclusivo anche con la Banca Mondiale, le Nazioni Unite e le organizzazioni di donatori internazionali.
Le sue priorità di lavoro comprendono l’inclusione socio-economica, la promozione della piena cittadinanza delle persone con disabilità, il rispetto della diversità e la consapevolezza che le persone con disabilità sono parte della diversità umana.

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