Ci sono parole, nel cosiddetto “Piano Colao” per la ripartenza dell’Italia (Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”), del tutto inedite in documenti ufficiali di tale portata. Ci sono ad esempio i termini «persone rese vulnerabili», espressione che indica che è la società ad aver creato le vulnerabilità che le hanno colpite. Si parla poi del «beneficiario del progetto che da oggetto di intervento deciso da altri diventa soggetto della progettazione, a cui partecipa di diritto perché riguarda la sua vita». E c’è anche scritto che «per costruire un’Italia capace di uscire dalla pandemia», «rispettare i diritti delle persone con disabilità è una convenienza per tutti».
Grande era l’attesa per questo documento di indirizzo, dopo una “fase 1” che aveva inizialmente dimenticato le persone con disabilità, dal momento che nel comitato di esperti il presidente del Consiglio Conte aveva voluto anche Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità.
Ma cosa prevede il rapporto per le persone con disabilità? I punti dedicati sono tre, ma, come sottolinea Griffo, «tutte le proposte di questo documento sono impregnate dai princìpi di mainstreaming [inserimento della disabilità in tutte le politiche e la legislazione che incidono sulla vita delle persone, N.d.R.], accessibilità universale, superamento di diseguaglianze e discriminazioni». Le tre azioni specifiche di cui si parla sono quelle suggerite ai numeri 82, 91 e 93 delle schede di lavoro.
In particolare, il numero 82 riguarda l’inclusione degli studenti con disabilità e indica l’obiettivo di «rafforzare i processi e gli strumenti di inclusione degli studenti con disabilità con soluzioni immediate per garantire l’accessibilità delle piattaforme comunicative e di relativi contenuti, i sostegni educativi in presenza, le dotazioni strumentali per le famiglie che ne siano prive».
Il documento rileva senza mezzi termini che «la chiusura delle scuole ha penalizzato fortemente i 250.000 studenti con disabilità, che nella maggioranza non hanno usufruito della formazione a distanza, in particolare gli studenti con disabilità intellettiva e relazionale».
La didattica a distanza «ha limitato l’accesso a questi studenti, senza la capacità di trovare soluzioni appropriate di attenzione a loro e alle loro famiglie» e ha evidenziato pertanto «la necessità di regolamentare l’accessibilità delle piattaforme telematiche, definire soluzioni flessibili di educazione domiciliare, sostegno alle famiglie, interventi per programmare il prossimo anno scolastico e per garantire un utilizzo appropriato del personale insegnante ed educativo».
Sette sono le azioni specifiche indicate, vale a dire «soluzioni inclusive immediate e per il prossimo anno scolastico», fra cui la definizione di standard minimi obbligatori per le scuole per quanto riguarda la strumentazione elettronica per la formazione a distanza; la fornitura gratuita di strumenti informatici (devices e banda-larga) per le famiglie sprovviste; una serie di interventi nella riapertura del prossimo anno scolastico su trasporti, dispositivi di protezione individuale (DPI), arricchimenti dei PEI (Piani Educativi Individualizzati), frequenza in presenza, accompagnamento educativo a domicilio.
Il numero 91 delle schede di lavoro punta poi sul potenziamento dei progetti terapeutico-riabilitativi individualizzati, sostenuti da “Budget di Salute”, e dei Progetti Personalizzati di Vita Indipendente: questi due sono indicati come «strumenti prioritari per la realizzazione di un welfare di inclusione e alternativi al ricovero in strutture residenziali».
Oggi in Italia ci sono oltre 400.000 persone anziane, minori, con disabilità, con problemi di salute mentale o dipendenze ospitate in residenze e – si legge nel documento – «la concentrazione di persone in Strutture Residenziali ha mostrato vulnerabilità al contagio da Covid-19», mentre «la scarsa qualità dei servizi è stata evidenziata in Relazioni di Organismi Istituzionali».
E ancora, il numero 93, nell’ambito delle politiche del lavoro, prevede di sistematizzare quelle riguardanti le persone con disabilità, attraverso la proposta di misure ad hoc e di azioni di inclusione, con un report periodico unico ISTAT sui lavoratori con e senza disabilità, e l’istituzione di un albo nazionale di tutor per il sostegno al lavoro delle persone con disabilità.
Di persone con disabilità si parla anche in altri punti del documento, a cominciare da quello riguardante il turismo: a tal proposito, il rilancio del turismo stesso deve essere “di qualità”, cioè accessibile a tutti. E nel rapporto c’è un focus specifico, proprio prima delle conclusioni, in cui si legge appunto che «le proposte di questo documento sono impregnate dai principi di mainstreaming, accessibilità universale, superamento di diseguaglianze e discriminazioni. In ogni azione proposta vanno incluse le persone con disabilità, che devono beneficiare dei diritti alla salute, all’educazione, al lavoro, alla mobilità, al turismo, al tempo libero, al sostegno alla partecipazione. In questa direzione il welfare italiano deve trasformarsi in un welfare di inclusione, capace di garantire i sostegni appropriati per la cittadinanza, la qualità della vita e la partecipazione. […] Vanno superate diseguaglianze e discriminazioni, spesso create dalla società, che disabilita le persone che hanno caratteristiche considerate indesiderabili, creando vulnerabilità e limitazioni. L’approccio non discriminatorio, tutelato dalle leggi italiane e internazionali, è alla base di tutte le proposte, per garantire equità, uguaglianza di opportunità e piena cittadinanza».
«Vedo che del Piano si sta discutendo molto la parte economica – osserva Griffo -, ma una delle maggiori criticità evidenziate dalla pandemia è stata la scarsa capacità di protezione e resilienza del sistema di welfare italiano a dare risposte efficaci. Il welfare non ci ha protetto, con criticità che hanno riguardato sia il sistema sanitario che quello sociale. L’idea complessiva è quella che un nuovo welfare sia un pilastro fondamentale del rilancio, che impregna anche tutti gli altri cinque pilastri, per metterci nelle condizioni di dare risposte future rispetto all’emergenza. La resilienza, d’altronde, nei documenti internazionali ormai da anni – e penso in particolare al Sendai Framework [“Sendai Framework for Disaster Risk Reduction 2015-2030”, documento prodotto nel 2015 al termine della Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi, che per la prima volta ha posto posta specifica attenzione al miliardo di persone con disabilità che vivono nel mondo. Se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.] – è qualcosa che viene costruito a livello di comunità. Significa che nei momenti di crisi e di emergenza non abbiamo solo bisogno di una Protezione Civile forte, ma anche di un’azione territoriale capace di costruire la partecipazione, un elemento che in Italia è stato trascurato. Per questo il Comitato avanza proposte per affrontare le conseguenze della crisi sulla salute e sul benessere delle persone, per ridurre diseguaglianze sociali e discriminazioni migliorando il welfare di inclusione e di prossimità territoriale e gli strumenti di protezione dei minori e dei cittadini fragili e resi vulnerabili, garantendo i diritti sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e per invertire la sfavorevole dinamica demografica che da tempo caratterizza il nostro Paese».
In sostanza, la risposta economica e quella sociale «vanno costruite in maniera complementare, per costruire una resilienza individuale e collettiva», conclude Griffo.
Il Comitato di esperti in materia economica e sociale che ha prodotto il documento Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022” ha individuato quindi quattro macro-obiettivi sulla risposta sociale:
° attivazione di strumenti per potenziare rapidamente e significativamente il welfare inclusivo e territoriale di prossimità, per garantire un sostegno più efficace a tutti coloro che si trovano ad affrontare difficoltà straordinarie, ma anche per promuovere la coesione sociale;
° sostegno e inclusione delle persone fragili e rese vulnerabili, con il passaggio a un sistema basato sulla domiciliarità e su piccole strutture a pochi posti letto di co-housing [abitazione condivisa, N.d.R.], dal momento che il tasso di mortalità riscontrato nelle residenze – l’ultimo report dell’Istituto Superiore di Sanità ha sottolineato che le RSA (Residenze Sanitarie Assistite) hanno in Italia una media di 74 posti letto – dimostra che il sistema istituzionale di protezione non funziona;
° promozione dell’equità di genere, per ridurre l’inaccettabile ritardo che da decenni frena lo sviluppo del nostro Paese;
° sviluppo di iniziative dedicate a bambini, ragazzi e giovani, per aiutarli a progettare e a realizzare il loro futuro contribuendo a quello del Paese.