«Meglio tardi che mai!»: così Giancarlo D’Errico, presidente dell’ANFFAS di Torino (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), commenta in una nota l’approvazione, da parte della Regione Piemonte, del Piano Territoriale Regionale per la riattivazione delle strutture semiresidenziali e delle attività educative territoriali/domiciliari per persone con disabilità e minori con problematiche psico-socio-relazionali, riguardante le varie strutture chiuse dal 16 marzo scorso, in seguito al cosiddetto Decreto “Cura Italia” (Decreto Legge 18/20, convertito nella Legge 27/20).
«Da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19 – sottolinea D’Errico, battutosi con forza in queste ultime settimane per la riapertura dei Centri Diurni per persone con disabilità (CDD) -, il peso della gestione delle persone con disabilità è stato completamente scaricato sulle famiglie, situazione che non è più sostenibile. Ormai le persone sono tornate a lavorare e la vita pubblica sta riprendendo il suo corso normale: bar e ristoranti sono pieni, i bambini vanno ai centri estivi, si gioca a calcio e si festeggia senza alcun timore. Ora, finalmente, le nostre richieste sono state ascoltate e riaprono i Centri Diurni per disabili. In un Paese che vuole dirsi civile, il pallone non può contare più della disabilità, come purtroppo succede. Prima di tutto, naturalmente, la sicurezza, con la necessità di fare i test sierologici, a carico delle ASL, a tutti gli utenti e gli operatori, ma bisogna agire rapidamente, altrimenti si slitta a settembre!».
«La riapertura dei Centri – spiegano poi dall’ANFFAS del capoluogo piemontese – sarà comunque progressiva. Secondo le nostre previsioni, infatti, rispetto ai due CDD da noi gestiti, nella prima fase sarà possibile accogliere fisicamente al massimo il 50 per cento degli utenti precedenti, a causa dei vincoli e dei costi per la sicurezza. Questo significa, da un lato, che molte delle persone con disabilità intellettiva continueranno a gravare sulle famiglie, dall’altro, che alle Associazioni e alle Cooperative mancheranno le risorse per gestire tali Centri al livello precedente, visto che la flessibilità non comporterà la riduzione delle spese fisse, delle utenze e del personale».
«Su questo aspetto – dichiara D’Errico – dobbiamo essere chiari: l’inizio sarà graduale, ma l’obiettivo dev’essere quello di ripristinare al cento per cento i servizi attivi prima della pandemia, entro settembre. Non è pensabile sostituire il Centro Diurno con l’assistenza domiciliare, che pure va sostenuta in questa fase transitoria, perché non è la stessa cosa né per la persona con disabilità, né per le famiglie. Quanto poi alla questione economica, servono risorse adeguate perché la riapertura graduale e il rispetto delle norme di sicurezza comporteranno un notevole aumento dei costi, che non possono ricadere sugli Enti erogatori, già ai minimi termini, né sulle famiglie. Dobbiamo vigilare con attenzione affinché non passi un concetto molto pericoloso: se le famiglie sono state in grado di autogestirsi per questi tre mesi, saranno in grado di autogestirsi anche per i prossimi, fino a stabilizzare la situazione attuale».
«Sono tutti argomenti – conclude il Presidente dell’ANFFAS di Torino – che sono emersi e sono stati affrontati nel confronto con la Regione, che concorda con noi sulla necessità di procedere alla sperimentazione, nei prossimi due mesi, di modelli nuovi che siano la base di un nuovo sistema di servizi, e ha ben compreso la necessità di adeguare le risorse, oggi insufficienti, ai nuovi bisogni e modelli. Se dunque saremo bravi, ma molto bravi, riapriremo i CDD a metà luglio. Serve l’aiuto di tutti, noi sicuramente non abbasseremo la guardia, continueremo a vigilare e soprattutto a proporre soluzioni concrete». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: media@inspirecommunication.it (Daniele Pallante); segreteria@anffas.torino.it.
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