È stato lanciato lo scorso 17 giugno un importante documento articolato in cinque punti, per richiedere un intervento urgente da parte del nostro Governo sul piano dell’educazione dei bambini e degli adolescenti. Il titolo di esso è #educAzioni: cinque passi per contrastare la povertà educativa e promuovere i diritti delle bambine, dei bambini e degli e delle adolescenti [disponibile integralmente a questo link, N.d.R.], e a sottoscriverlo sono state nove reti di organizzazioni impegnate nel campo dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che comprendono centinaia di realtà del Terzo Settore, dell’associazionismo civile, professionale e del sindacato [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Il testo, accompagnato da una lettera al presidente del Consiglio Conte, sottolinea l’urgenza di un piano strategico nazionale e di investimenti destinati al sistema dell’educazione.
Uno dei punti del documento evidenzia proprio come «tra i più colpiti dall’emergenza vi sono gli alunni con disabilità e i loro genitori, che hanno spesso subito un grave isolamento sociale. È indispensabile interrompere questo isolamento, assicurando un forte sostegno sociale ed educativo».
E poi ci sono i dati, i numeri, che trasformano in qualcosa di tangibile la sensazione netta dell’abbandono, in molti casi, degli alunni con disabilità: un alunno con disabilità su tre è stato di fatto escluso dalla didattica a distanza o perché si è rivelata inefficace (26,2%) o perché essa non era nemmeno ipotizzabile (10,3%). È quanto emerge dalle risposte a un questionario realizzato dal 7 al 15 aprile dalla Libera Università di Bolzano, dall’Università di Trento, dalla Scuola di Alta Formazione EIS (Educare all’Incontro e alla Solidarietà) dell’Università LUMSA di Roma e dalla Fondazione Agnelli, indagine rivolta ai docenti delle scuole italiane, con l’obiettivo di far emergere appunto le difficoltà incontrate dagli allievi con disabilità a lavorare in modalità di didattica a distanza [se ne legga anche la presentazione su queste stesse pagine, N.d.R.].
Sono difficoltà, quelle della didattica a distanza per gli alunni con disabilità, che la nostra Associazione [L’abilità di Milano, N.d.R.] ha vissuto sul campo attraverso il rapporto con le scuole durante i mesi di lockdown del nostro servizio di assistenza educativa scolastica. In questi mesi di chiusura delle scuole, infatti, siamo riusciti ad erogare solo il 16% del monte ore normalmente fornite agli alunni con disabilità iscritti al nostro servizio. Una percentuale davvero bassa e che rispecchia tristemente la fotografia del sistema scolastico nazionale, dovuta all’assenza o quasi di progettazione degli interventi da parte delle scuole.
La parola che sintetizza il nostro lavoro di questi mesi è fatica, fatica nel gestire il dialogo con le scuole e fatica delle famiglie che da un giorno all’altro si sono trovate da sole ad affrontare i bisogni scolastici ed educativi dei loro figli.
Non possiamo negare che il nostro confronto con le scuole sia stato difficile in molti casi, perché il lavoro educativo è stato trattato come marginale, e spesso le scuole non hanno tenuto conto dei bisogni dei bambini e delle bambine con disabilità, aspetto che invece da sempre è centrale nel nostro modo di lavorare e che lo è stato anche durante il lockdown.
E di nuovo torna il tema della fatica per gestire gli interventi che siamo riusciti ad attivare: la fatica degli educatori nell’essere sempre attenti ai bisogni dei bambini e delle famiglie e l’attenzione a proposte adeguate, lavorando molto di più del monte ore stabilito per offrire ai bambini attività adeguate e piacevoli.
Ci è stato chiaro fin dalle prime settimane dopo la chiusura delle scuole che molti dei bambini con disabilità siano stati lasciati soli, anche dai loro stessi insegnanti di sostegno ed esclusi da ogni forma di socializzazione “virtuale” che poteva mettere in atto la scuola. Infatti, soltanto in pochi casi, nella nostra esperienza, è stato possibile realizzare attività che coinvolgessero il gruppo classe e quindi anche il bambino con disabilità.
E così, in questa gestione delle attività scolastiche, il nostro servizio è stato percepito come un “sollievo” per le famiglie, sollievo da quel naufragio nel mare dell’indifferenza di chi invece doveva e poteva salvarle.