L’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile) si è costituita nel 2016, su iniziativa della Fondazione Unipolis e dell’Università di Roma Tor Vergata, per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e per mobilitarli allo scopo di realizzare i diciassette Obiettivi di sviluppo sostenibile indicati nell’Agenda stessa. Attualmente l’Alleanza riunisce duecentosettanta tra le più importanti istituzioni e reti della società civile [tra esse anche la FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, N.d.R.].
In relazione a ciascun Obiettivo si sono costituiti dei Gruppi di Lavoro che studiano, producono analisi, avanzano proposte per sconfiggere la povertà, ridurre le ineguaglianze, affrontare i cambiamenti climatici, e costruire società pacifiche e rispettose dei diritti umani.
L’Obiettivo 5, centrato sulla Parità di genere, si prefigge di raggiungere l’uguaglianza di genere e l’empowerment (maggiore forza, autostima e consapevolezza) di tutte le donne e le ragazze.
Nei giorni scorsi il relativo Gruppo di Lavoro ha prodotto il documento intitolato Impatto del Coronavirus in ottica di genere. Se da un lato, dunque, l’emergenza sanitaria da Covid-19 rischia di compromettere importanti risultati raggiunti in materia di parità di genere, dall’altro lato essa rappresenta anche un’opportunità per riaggiustare la traiettoria verso un futuro pienamente sostenibile per le donne, come osserva il Gruppo di Lavoro 5 dell’ASviS, che in questo documento «analizza l’impatto della pandemia sulle donne e avanza proposte di azioni concrete nel breve periodo per la ripartenza, sotto tre direttrici: smart working [“lavoro agile”, N.d.R.] e digitalizzazione; leadership, rappresentanza ed empowerment; violenza, salute sessuale e riproduttiva e maternità».
Occupandoci di disabilità e anche di disabilità al femminile, abbiamo constatato con piacere che nel futuro sostenibile immaginato dall’ASviS sono esplicitamente considerate anche le donne con disabilità. Vediamo come.
Innanzitutto se ne parla già nella parte introduttiva del documento (pagina 2), sottolineando come, in generale, «la disparità di genere sia acuita in presenza di una qualsiasi forma di disabilità: le discriminazioni si sommano producendo un effetto moltiplicatore. Sulla scia della dichiarazione pubblicata dalla WEI (Women Enabled International), l’organizzazione con sede a Washington, che promuove i diritti umani delle donne e delle ragazze con disabilità, è necessaria una riflessione seria e di lungo termine sugli effetti dell’intersezione tra genere e disabilità durante l’emergenza Covid-19. Oltre all’indebolimento dei diritti, la politica di isolamento e di confinamento ha portato ad un aumento dei livelli di violenza domestica, sessuale e di genere con un peso più grande per le donne disabili che vivono, molto spesso, il fenomeno nel silenzio più totale» (della Dichiarazione della WEI di cui si tratta, ci siamo già ampiamente occupati a suo tempo su queste stesse pagine).
Partendo da queste premesse, il Gruppo di Lavoro propone azioni per il rilancio del ruolo dei consultori familiari potenziandone il numero (come previsto dalla Legge 34/96), dotandoli di personale formato con approccio femminista, interculturale e di genere e di risorse finanziarie adeguate.
Tra le azioni specifiche per declinare in termini operativi questo scopo figurano anche: individuare consultori familiari pubblici che possano attivare un servizio di sostegno anche per donne con disabilità, e costituire presso consultori familiari pubblici condizioni di accessibilità e percorsi formativi e informativi sulle disabilità per rendere esigibile il diritto alla salute (pagine 9 e 18). Mentre tra gli indicatori utili a rilevare l’efficacia delle misure proposte vi è il «monitoraggio a livello regionale dei consultori familiari pubblici per donne con disabilità» (pagina 9).
Sullo specifico tema della violenza di genere, il Gruppo di Lavoro ritiene che, «al di là del periodo di crisi, il fenomeno della violenza richieda azioni integrate di prevenzione oltre che di monitoraggio e gestione dei casi che sappiano indirizzare anche le esigenze delle donne migranti, vittime di tratta o con disabilità» (pagina 16).
Tra le priorità indicate in relazione a questa materia, è annoverata anche la seguente: «Garantire una particolare attenzione alle donne migranti e a quelle con disabilità: le ragazze e le donne con disabilità hanno più probabilità di diventare vittime di violenza basata sul genere, in particolare di violenza domestica e sfruttamento sessuale. Da un’indagine condotta dall’ISTAT nel 2014, risulta come abbia subìto violenze fisiche o sessuali il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza tali problemi)» (pagina 17).
Operando più frequentemente a contatto con le Associazioni di persone con disabilità, le nostre azioni sono più facilmente indirizzate ad integrare la variabile del genere nelle politiche e nelle azioni in tema di disabilità. Rincuora pertanto constatare che talvolta anche chi lavora sul versante della parità di genere si premuri di incorporare la variabile della disabilità nell’immaginare il mondo che sarà, e nel lavorare per costruirlo. Un mondo a misura di tutte e tutti.
Ringraziamo Silvia Cutrera per la segnalazione.
Per approfondire il tema Donne e disabilità, suggeriamo innanzitutto di fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, nonché alle Sezioni che si trovano anch’esse nel sito di Informare un’h, dedicate rispettivamente a Donne con disabilità: diritti sessuali e riproduttivi, La violenza nei confronti delle donne con disabilità e Donne con disabilità.