Un ruolo di “regia” per l’assistente all’autonomia e alla comunicazione

«Non più “figure speciali”, non di rado addirittura meri “tappabuchi”, a compensare le criticità di un sistema scolastico poco flessibile, bensì veri e propri “registi” dell’inclusione scolastica di alunni e alunne con disabilità»: è questo l’auspicio per il futuro ruolo degli assistenti all'autonomia e alla comunicazione, come emerso durante il recente seminario in rete “Assistenti all’autonomia e comunicazione e Universal Design for Learning: per una progettazione inclusiva”, promosso dall’Associazione ASACOM di Catania, con la partecipazione, tra gli altri, di Dario Ianes
Assistente all'autonomia e alla comunicazione e bimbi
Un’assistente all’autonomia e alla comunicazione insieme ad alcuni bimbi

«L’intento di questo incontro è stato molteplice e innanzitutto quello di rendere visibilità alle condizioni di precarietà e sfruttamento lavorativo imputabili alla mancanza di riconoscimento professionale di cui soffre la figura dell’assistente all’autonomia e comunicazione, condizioni che già da tempo, con il supporto delle organizzazioni sindacali Fisascat e CISL, denunciamo e contrastiamo nella provincia di Catania, oltreché, più recentemente, anche a livello regionale. Il focus dell’evento è stato in sostanza quello di immaginare, e quindi realizzare, un’idea alta di Scuola, realmente possibile solo qualora si riconoscessero le potenzialità e i diritti di tutti e si sposasse quella metodologia progettuale, squisitamente inclusiva, quale è l’UDL (Universal Design for Learning*)»: così Lucrezia Quadronchi, presidente dell’Associazione ASACOM di Catania, sintetizza i temi del seminario in rete (webinar), intitolato Assistenti all’autonomia e comunicazione e Universal Design for Learning: per una progettazione inclusiva, tenutosi il 17 giugno scorso, con la partecipazione, tra gli altri, di Dario Ianes, docente di Pedagogia e Didattica Speciale alla Libera Università di Bolzano, oltreché cofondatore del Centro Studi Erickson di Trento.

«La valorizzazione della figura professionale dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione – ha dichiarato Quadronchi durante l’incontro -, il cui numero supera le 54.000 unità a livello nazionale, 1.400 nella Provincia di Catania e circa 7.000 nella Regione Siciliana, supererebbe la prassi di delega del servizio agli Enti Locali. Infatti, l’inefficienza organizzativa e finanziaria di questi ultimi, sin dall’esordio del servizio, si è espressa e si esprime con l’erogazione di un servizio difforme e incostante sul territorio. Basti pensare, tra gli altri inconvenienti, alle frequenti interruzioni del servizio in corso d’anno, per comprendere i gravi disagi di cui sono vittime le famiglie, gli studenti e le studentesse con disabilità e i lavoratori. E invece le norme parlano chiaro, rispetto alla centralità e all’importanza della figura dell’assistente specializzato, riconosciute, ad esempio, dal Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione scolastica e ribadite dal Decreto Legislativo 96/19, correttivo del precedente, che ne sanciscono il diritto/dovere alla partecipazione alle sedute del GLO (Gruppo di Lavoro Operativo per l’Inclusione) per la co-progettazione del PEI (Piano Educativo Individualizzato) del singolo studente con disabilità».

«La prospettiva in cui bisogna inserire l’operatore specializzato – ha sottolineato Ianes – è quella dell’abbandono della “cultura della delega”, per cui insegnanti di sostegno e assistenti scolastici degli alunni con disabilità sono considerate figure “speciali” a cui demandare in maniera esclusiva il peso dell’azione educativa. Bisogna invece raggiungere una “speciale normalità” per cui tutti gli attori della scuola siano in grado di portare avanti un’azione educativa su misura di ogni individuo. L’esperto di didattica speciale (insegnante di sostegno) e quello dell’autonomia e della comunicazione diverrebbero “abilitatori” di contesti, trasferendo saperi e competenze specifiche all’intera platea degli educatori che, a vario titolo, collaborano all’interno del sistema scolastico, evitando così ogni sorta di esclusione. La prassi da consolidare, dunque, avvalorata dall’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, N.d.R.], sarebbe quella di una collaborazione collegiale capace di agire efficacemente sui vari livelli della complessità che caratterizza il funzionamento umano».

«Assimilata dall’azione educativa – ha aggiunto Marco Sciuto, componente del Direttivo dell’ASACOM – l’Universal Design for Learning diverrebbe la metodologia progettuale elettiva per eccellenza. Attraverso di essa, infatti, si produrrebbero ambienti, materiali e contenuti didattici universali, cioè arricchenti, includenti e non sostitutivi di quelli tradizionali. In tal senso, le nostre proposte per un’inclusione di qualità e una radicale trasformazione culturale della Scuola pongono al centro dell’azione educativa-inclusiva la progettazione a-priori di ambienti, percorsi educativi e materiali, attraverso l’utilizzo degli indicatori euristici forniti dal CAST (Centro per le Tecnologie Speciali Applicate) e le Linee Guida UDL 2.0 Italia, all’interno del PAI (Piano Annuale per l’Inclusione). Questa visione, qualora recepita fedelmente dal POF (Piano dell’Offerta Formativa) annuale di integrazione (ma anche nel PTOF, il Piano Triennale dell’Offerta Formativa), vedrebbe come necessaria la partecipazione attiva dell’assistente specializzato, in qualità di “esperto di disabilità”. La programmazione “macro” andrebbe successivamente adattata, in sede di Piano Educativo Individualizzato (PEI) e di Piano Didattico Personalizzato (PDP), sugli alunni con particolari esigenze, come opera di personalizzazione, per la cui predisposizione dovrbbero intervenire tutti gli attori coinvolti nei progetti di inclusione scolastica: ciò si ritiene essenziale qualora si intenda co-progettare l’abito su misura dello studente e della studentessa».
«Diversamente – ha proseguito Sciuto – i vari attori del sostegno resterebbero ancora costretti alla definizione di “figure speciali”, alquanto irrispettosa delle loro peculiari competenze. Essi, infatti, non di rado, fungono da meri “tappabuchi”, a compensazione delle criticità di un sistema scolastico poco flessibile. Rispettare i tempi e le potenzialità del singolo studente con disabilità assumerebbe quella dimensione di “integrazione” cui si vorrebbe tendere (l’alunno e l’alunna realmente inseriti nella dimensione classe) e supererebbe l’impianto semplicistico e inefficace della mera “inclusione” (alunno/alunna che non partecipa alle attività della classe ed extrascolastiche) reiterato dalla logica delegante che la Scuola ha assunto da più di trent’anni».

«L’assistente all’autonomia e comunicazione – ha concluso Quadronchi – è portatore, fra gli altri, di un sapere tecnico fondamentale per l’inclusione. Questa competenza specifica lo rende idoneo a rivestire, citando le parole di Dario Ianes, il ruolo di “regista” di un PEI elaborato su basi ICF. In quanto collettore tra alunno/alunna con bisogni speciali, famiglia, comunità estesa e scuola, il suo peculiare contributo professionale consentirebbe l’auspicato inserimento del progetto di vita formulato per il singolo in una dimensione didattica universale. Trasformare funzionalmente il sistema vigente dei servizi, stimolando dunque anche un moto innovativo dal punto di vista educativo e culturale, significherebbe non solo migliorare il destino lavorativo e professionale degli assistenti specializzati, ma anche la qualità dell’intero sistema scolastico italiano e del processo di inclusione dei bambini/e e ragazzi/e con disabilità». (S.B.)

*L’Universal Design for Learning (UDL), in italiano “Progettazione universale dell’apprendimento”, fonda le proprie linee guida su tre princìpi fondamentali: rappresentazione, azione ed espressione, impegno.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: associazioneasacomcatania@gmail.com.

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