«Guardavo mia sorella da dietro il vetro, appena nata. Cercavo una somiglianza: gli occhi, la bocca ed il naso. Immaginavo il suo futuro: la scuola, lo sport, gli amici. Oggi Benedetta ha 16 anni, non cammina e non parla, le stringo la mano quando può aver paura, le canto le ninna nanna la sera per scacciare i mostri delle crisi epilettiche. È un mondo come tutti gli altri il nostro, e per questo unico e diverso. La Malattia Rara ci ha portato a scrutarci, ad allontanarci per cercare un senso, per poi, alla fine, trovarlo in un legame indissolubile con una sola terapia: l’amore. Di fronte a noi giornate di sole alternate a cieli in tempesta. Nasciamo come puzzle e a completarci sono i pezzi unici: incastrarli e conviverci è tanto intenso quanto complesso. Con cura tutto prende forma, nulla sarebbe stato lo stesso e ogni momento vissuto insieme è speciale. Benedetta ha prima stravolto e poi cambiato la mia vita, l’ha resa migliore».
Emozionanti sono queste parole di Maria, “sorella-sibling” di Benedetta, portatrice di una Malattia Rara, ove il termine sibling, lo ricordiamo, ha assunto l’accezione di sorella o fratello di persona con disabilità.
Negli Anni Ottanta, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma condusse una ricerca secondo la quale 4.500 bambini e ragazzi (oltre il 5%) avevano un fratello o una sorella con una Malattia Rara. Di solito i sibling ricevono poca attenzione; quando si parla infatti di famiglia di soggetti con disabilità, si pensa piuttosto ai genitori, in particolare alla mamma.
Questi fratelli e sorelle vivono, per lo più, una situazione personale molto complessa, provando emozioni molto discordanti tra loro. Nei confronti del “fratello/sorella fragile” hanno sentimenti sia positivi, come il bene che provano per lui/lei, sia negativi, come la rabbia o la vergogna. Si aggiunge la grande paura che il fratello/sorella si aggravi, o addirittura muoia, e dall’altra parte hanno il senso di colpa perché loro stessi invece sono sani.
C’è di fondo una sensazione comune: il sentirsi trascurati nelle attenzioni dei genitori, concentrati nell’assistenza al figlio/figlia con disabilità. D’altro canto, i sibling di soggetti con una Malattia Rara hanno una maturità molto più precoce rispetto ai loro coetanei, perché imparano prima a bastare a se stessi, per non gravare sulla situazione familiare già di per se molto pesante. Possono, però, anche essere bambini difficili con problemi di vario genere, come assumere comportamenti regressi, appartenenti alla fase dello sviluppo precedente (bagnare il letto o succhiarsi il dito), avere problemi nell’inserimento scolastico a causa di continui confronti, difficoltà che possono accentuarsi durante l’adolescenza e compromettere la vita relazionale adulta.
Nel 2018, l’OMAR (Osservatorio Malattie Rare) ha avviato il progetto Rare Sibling [se ne legga già ampiamente anche sulle nostre pagine, N.d.R.] rivolto a fratelli e sorelle, sia bambini, sia adulti, e volto a comporre una storytelling, una raccolta di esperienze disponibili in un portale divulgativo (a questo link), finalizzata a migliorare la loro qualità di vita.
Successivamente è stata condotta un’indagine più approfondita per conoscere la realtà in cui vivono i sibling e i genitori, dalla quale è nato il libro La mia storia è quella di mio fratello. Racconti di famiglie e di malattie rare.
«Il ruolo dei sibling – sottolinea Ilaria Ciancaleoni Bartoli, che dirige l’OMAR – e la valutazione degli effetti della situazione familiare sul loro sviluppo è una scoperta recente da parte del mondo scientifico, almeno in Europa. Precedentemente, infatti, gli studi erano focalizzati sulla figura della madre, considerata come la principale caregiver. Ed è proprio per dare un contributo a una maggiore sensibilizzazione e conoscenza della condizione dei Rare Sibling che è nato nel 2018 il nostro progetto».
Per dare un supporto concreto ai sibling dei pazienti con una Malattia Rara, sono stati creati i “gruppi esperienziali” che possono vivere momenti di aggregazione, confrontandosi e scambiandosi vicendevolmente le proprie esperienze.
All’interno di tali gruppi vige l’AMA (autuo-mutuo-aiuto), la riservatezza, la libertà di interazione nel rispetto dell’altro, la collaborazione e l’autenticità. I componenti ne traggono molti benefìci, si sentono meno soli, accettano più facilmente la realtà, perché condivisa con altre persone che vivono le stesse problematiche e dalle esperienze altrui imparano strategie di problem solving [“risoluzione dei problemi”, N.d.R.].
Durante l’emergenza coronavirus, la presenza dei sibling nelle famiglie ha acquistato un’importanza ancora maggiore, dovuta alla convivenza forzata. Per le restrizioni dovute al Covid-19, infatti, i gruppi si sono organizzati online, una modalità preziosa per quelle persone che devono prendersi cura del fratello o della sorella.
Il presente testo è già apparso in “InVisibili”, blog del «Corriere della Sera.it» (con il titolo “‘Le paure, le rabbie, i sensi di colpa: un progetto apre l’anima dei siblings”) e viene qui ripreso – con alcuni riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
Articoli Correlati
- Tra fratelli e sorelle ci si aiuta Essere fratelli o sorelle di persone con disabilità - definiti "all'inglese" siblings - è un’esperienza particolare: a Treviso la psicologa Valeria Coppola ha dato vita a un gruppo in cui…
- La sindrome di Sjögren* Un'ampia scheda dedicata alla sindrome di Sjögren, malattia autoimmune che attacca principalmente le ghiandole salivari e quelle lacrimali, con il frequente coinvolgimento, però, di numerosi altri organi del corpo
- Essere adolescente e avere un fratello o una sorella con disabilità Costituire un gruppo terapeutico omogeneo di fratelli e sorelle adolescenti di persone con disabilità potrebbe contribuire ad aiutarne i partecipanti ad affrontare alcune difficoltà specifiche che hanno in comune: è…