Come la popolazione percepisce oggi l’autismo e le persone con autismo

di Gabriella La Rovere
«Un recente studio dell’Università inglese di York - scrive Gabriella La Rovere - ha analizzato come l’autismo venga attualmente percepito dalla popolazione generale alla luce delle più recenti scoperte. Da tale studio emerge ad esempio che si continua a parlare di autismo come di una condizione che interessa l’infanzia e che, quando è legata ad un adulto, continua ad operare un’infantilizzazione». «In realtà - conclude La Rovere - le persone autistiche non sono asociali, ma differentemente sociali, in quanto tendono ad essere selettive nel modo con cui socializzano»
Giovane con disturbo dello spettro autistico
Un giovane con disturbo dello spettro autistico

Un recente studio dell’Università inglese di York (Should Autism Spectrum Conditions Be Characterised in a More Positive Way in Our Modern World?) ha analizzato come l’autismo venga attualmente percepito dalla popolazione generale alla luce delle più recenti scoperte.
Le informazioni riguardo l’autismo vengono principalmente dai media (televisione, radio, giornali, internet) e dagli esperti. A questi vanno aggiunti i resoconti dei genitori che negli anni hanno suscitato un accresciuto interesse. In tutti e tre i casi si tratta sempre di un racconto in terza persona, di una supposizione derivante dallo studio e dall’osservazione costante; è un’interpretazione e, perciò, non obiettiva.

Dal citato studio scientifico emerge che si continua a parlare di autismo come di una condizione che interessa l’infanzia e che, quando è legata ad un adulto, continua ad operare un’infantilizzazione. Permane infatti la cattiva abitudine di entrare in relazione con persone autistiche con tanto di barba e baffi, o dalle forme inequivocabilmente procaci, allo stesso modo con cui ci si rapporta con i bambini, impegnandoli in attività talmente banali da essere irrispettosi della loro dignità.
Quando si parla di autismo, si passa dall’uso di frasi tipo «soffre di», «è affetto da», «è vittima di», al polo opposto con enfatizzazione esagerata di particolari abilità che risultano talmente anormali da indurre atti di bullismo. Sono emblematici due esempi: quello di un bambino di 7 anni che ha memorizzato tutte le 600 pagine del Corano e quello di Nicky Reilly, il terrorista che nel 2008 a Exeter cercò di fare esplodere una bomba in un ristorante.

Se la persistente ignoranza dei media può essere tollerata, è sconcertante notare come nel Terzo Millennio, e in piena globalizzazione, ci siano ancora dei medici di medicina generale i quali affermano che l’autismo sia “precursore della schizofrenia”, rifacendosi alle prime descrizioni dei disturbi dello spettro fatte dall’American Psychiatric Association alla metà del secolo scorso.
La possibilità che i disturbi dello spettro autistico siano da sempre presenti nella società umana porta a ragionare sull’evoluzione e su come queste caratteristiche siano probabilmente sopravvissute nei secoli perché non così svantaggiose.

L’autismo è sempre associato a mancata empatia e socialità. L’attivista per l’ambiente Greta Thunberg descrive la sua neurodiversità come “un dono” e le attribuisce parte del suo successo, descrivendo le sue capacità logiche di risoluzione dei problemi come un modo “altro” di vedere. Descrive anche la sua mancanza di interesse a socializzare come una tattica alternativa, ma di successo, per avere supporto per il suo movimento.
Per quanto riguarda il problema della mancanza di empatia, analizzandolo da una diversa prospettiva, potrebbe addirittura rivelarsi vantaggioso. In una crisi, alcune persone autistiche, grazie alla loro logicità, potrebbero essere meno influenzate dalle emotività.
Le studiose Francesca Happé e Uta Frith sostengono ad esempio che, visti i vantaggi che possono derivare da un’estrema attenzione ai dettagli, la persistenza di tali individui all’interno del pool genetico, non è poi così difficile da spiegare ed è un punto ampiamente discusso nel libro di Penny Spikins e Barry Wright The Prehistory of Autism. La conoscenza o anche la semplice memoria di informazioni riguardo alle risorse alimentari e alla loro disponibilità hanno portato vantaggi significativi ai gruppi, soprattutto in periodi di difficoltà o disponibilità limitata di risorse.

I sistemi diagnostici tendono a dare grande importanza alla difficoltà nella reciprocità sociale e si riferiscono ai disturbi dello spettro come aventi molti deficit sociali tra cui quello nello sviluppo, mantenimento e comprensione delle relazioni e il mancato interesse per i coetanei. Ricerche recenti suggeriscono che l’affermazione non sia del tutto vera, in quanto riguarderebbe l’ampio spettro e quindi anche le forme con ritardo cognitivo.
La maggior parte degli adulti nello spettro, senza disabilità mentale, sono più socialmente integrati di quanto precedentemente stimato. Gli individui con neurodiversità sono noti per seguire analiticamente le regole sociali, piuttosto che intuitivamente. Possono avere funzioni importanti nella società nell’ambito dell’ingegneria, della matematica, della fisica, della tecnologia informatica e della legge. Persone con sindrome di Asperger hanno legami e figli con persone neurotipiche.
Le persone autistiche non sono asociali, ma differentemente sociali, in quanto tendono ad essere selettive nel modo con cui socializzano, basandosi su interessi specifici comuni. Pur evitando attività organizzate in grandi gruppi di persone, preferiscono l’interazione 1:1 risultando molto produttivi e felici.

Fondatrice dell’Associazione di Promozione Sociale L’orologio di Benedetta. Autrice dei libri L’orologio di Benedetta” e “Mi dispiace, suo figlio è autistico”. Il presente contributo è già apparso in “Per Noi Autistici” e viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.

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