Un esempio di integrazione dei servizi antiviolenza con quelli per la disabilità

Una recente ricerca realizzata in Australia mette in luce la necessità di una maggiore integrazione tra i servizi di sostegno per la violenza domestica e quelli per la disabilità e anche quella di adottare un approccio olistico utile a garantire che le famiglie non scivolino attraverso le lacune che si riscontrano quando i servizi antiviolenza e quelli per la disabilità rimangono separati. L’indagine è stata svolta dall’Organizzazione Nazionale per la Ricerca Australiana sulla Sicurezza delle Donne (ANROWS) e mostra gli esiti positivi di un programma realizzato utilizzando questo approccio

Giovane donna in carrozzinaL’Organizzazione Nazionale per la Ricerca Australiana sulla Sicurezza delle Donne (in acronimo ANROWS) è stata istituita nell’àmbito del Piano nazionale australiano per ridurre la violenza contro le donne e i loro bambini 2010-2022. Essa è stata creata dal Commonwealth e da tutti i Governi statali e territoriali dell’Australia, per produrre, diffondere e fornire assistenza, sia a livello politico che a livello pratico, nell’uso delle evidenze relative alla violenza contro le donne ed i loro bambini.
Il 25 giugno scorso, la stessa ANROWS ha pubblicato un interessante articolo il cui titolo, tradotto in italiano, è: È necessaria una maggiore intersezione tra i servizi di sostegno per la violenza domestica e quelli per la disabilità. In esso si mette in evidenza la necessità che i servizi di supporto per le donne e i bambini con disabilità a rischio di violenza domestica e familiare adottino un approccio olistico, tale da garantire che le famiglie non scivolino attraverso le lacune che si riscontrano quando i servizi antiviolenza e quelli per la disabilità rimangono separati.

L’articolo fa riferimento ai risultati della ricerca Prevenzione della violenza e intervento precoce per madri e bambini con disabilità: la creazione di pratiche promettenti, condotta da Sally Robinson, del Flinders Caring Futures Institute, assieme a Kylie Valentine e BJ Newton del Centro di Ricerca sulle Politiche Sociali dell’Università di Sydney, studio il quale mostra che le donne con disabilità sono esposte a tassi di violenza da parte dei loro partner più elevati rispetto alla più ampia popolazione femminile, ma anche che i servizi spesso non dispongono delle risorse e della formazione di cui avrebbero bisogno per affrontare con successo le esigenze specifiche delle donne e dei bambini con disabilità che subiscono violenza domestica e familiare.
In particolare Robinson afferma che i servizi di supporto alle persone con disabilità possono avere una limitata capacità di rispondere ai rischi di violenza domestica e familiare, mentre quelli che supportano la violenza domestica e familiare possono avere una limitata capacità di rispondere alle esigenze di sostegno delle donne e dei bambini con disabilità. «I servizi devono rispondere alle esigenze specifiche che sorgono dall’intersezione tra violenza domestica e familiare e disabilità», afferma.

Le interviste rivolte a donne, bambini e operatori/trici del settore hanno mostrato che molti/e professionisti/e qualificati/e si sentivano incerti/e a parlare con gli utenti di disabilità, e hanno espresso mancanza di fiducia, conoscenza e consapevolezza nel lavorare nel contesto di violenza domestica e familiare nei confronti di donne e bambini con disabilità. Da ciò la raccomandazione di creare un quadro che delinei la formazione e lo sviluppo delle capacità della forza lavoro del settore per supportare gli/le operatori/trici e le organizzazioni di servizi nello sviluppo di pratiche più efficaci.

Heather Nancarrow, responsabile di ANROWS, afferma che la mancanza di fiducia nel parlare di disabilità può avere gravi conseguenze sul sostegno offerto alle donne con disabilità che cercano aiuto a causa della violenza domestica e familiare, e sottolinea che «per rispondere alle esigenze specifiche [di queste donne, N.d.R.] è necessario un supporto olistico, non un supporto centrato su un solo fattore». Un supporto, dunque, che sia in grado di far fronte ai bisogni immediati di una famiglia, ma anche di predisporsi per affrontare nel tempo problemi più profondi e cronici.

La ricerca condotta da Sally Robinson si basa sulle esperienze dirette di donne e bambini con disabilità che sono a rischio di violenza domestica e familiare. In particolare, alle donne sono state poste domande sulle loro esperienze con il programma Family Referral Services (“Servizi di Riferimento per la Famiglia”, in sigla FRS) nel Nuovo Galles del Sud, istituito proprio per consentire un facile accesso ai servizi per le famiglie a rischio di violenza domestica o familiare.
Ebbene, questo programma utilizza un approccio olistico che consente di identificare precocemente i rischi per la sicurezza e il benessere delle madri e dei bambini, e di intervenire prima che i rischi aumentino. Nel complesso, nell’indagine è stato riscontrato che le esperienze delle famiglie che hanno utilizzato il programma erano generalmente positive.
Robinson afferma che un’adozione più ampia di questo tipo di impostazione dei servizi potrebbe essere incredibilmente vantaggiosa nel rispondere e prevenire la violenza nei confronti delle donne e bambini con disabilità, e individua nell’intervento precoce la chiave per prevenire l’escalation dei rischi e rispondere alla priorità di garantire la sicurezza delle donne e dei bambini. Questo approccio può aiutare a colmare il divario tra i servizi per la disabilità e quelli per la violenza.

Anne Ruston, ministra australiana della Famiglia e dei Servizi Sociali, afferma che l’obiettivo del Governo è quello di aiutare tutte le donne australiane a sentirsi sempre al sicuro, e questa ricerca rappresenta un passo avanti verso tale obiettivo.
Il Piano Nazionale Antiviolenza riconosce che le donne con disabilità sono colpite in modo sproporzionato dalla violenza familiare, domestica e sessuale, e ha fatto del contrasto alla stessa una priorità nazionale.
Tale Piano dispone per gli/le operatori/trici dei servizi antiviolenza in prima linea una formazione gratuita e accreditata comprensiva degli aspetti inerenti alla disabilità, e prevede uno stanziamento di un milione e mezzo di dollari per l’Ufficio del Commissario per la Sicurezza Elettronica al fine di aiutare le donne con disabilità intellettiva a proteggersi online. (Simona Lancioni)

Ringraziamo Sara Carnovali per la segnalazione.

La presente nota è già apparsa nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripresa, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.
Per approfondire il tema La violenza nei confronti delle donne con disabilità, accedere all’omonimo settore nel sito del Centro Informare un’h (a questo link). Per approfondire invece più in generale il tema Donne e disabilità, oltre a fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, si vada alla Sezione Donne con disabilità, sempre nel sito del Centro Informare un’h.

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