Servizi residenziali delle Marche: cambiare passo o è segregazione

Mentre altrove si assiste a una svolta positiva, come abbiamo riferito ieri stesso rispetto alla Lombardia, in altre Regioni, invece, la situazione delle visite presso le strutture residenziali e dell’uscita delle persone che vi abitano appare ancora in alto mare, tanto da far dire al Gruppo Solidarietà che «la prevenzione del contagio non può tradursi in segregazione. Occorre infatti una piena assunzione di responsabilità da parte dei soggetti istituzionali, evitando scarichi di responsabilità tra i vari Enti a tutto danno delle persone e delle famiglie. Sono in gioco i diritti umani!».

Persona in carrozzina fotografata di spalle davanti a una vetrataMentre altrove si assiste a una svolta positiva, come abbiamo riferito ieri stesso rispetto alla Lombardia, in altre Regioni, invece, la situazione delle visite presso le strutture residenziali e dell’uscita delle persone che vi abitano appare ancora in alto mare, tanto da far dire al Gruppo Solidarietà che «la prevenzione del contagio non può tradursi in segregazione. Occorre infatti una piena assunzione di responsabilità da parte dei soggetti istituzionali, evitando scarichi di responsabilità tra i vari Enti a tutto danno delle persone e delle famiglie. Sono in gioco i diritti umani!».
«Arrivati ormai a metà luglio – si legge in una nota diffusa dall’organizzazione marchigiana – occorre che Soggetti Istituzionali ed Enti Gestori definiscano senza ulteriori indugi percorsi che consentano alle persone di riprendere le vitali relazioni con i propri familiari. Stiamo infatti assistendo a un balletto inaccettabile nel quale ogni soggetto richiama altre responsabilità istituzionali, ovvero di volta in volta quelle del Governo, della Regione, dell’ASUR (Azienda Sanitaria Unica Regionale), delle Aree Vaste e degli Enti Gestori».

«I servizi sono diversi – proseguono dal Gruppo Solidarietà – e diverse sono le persone che vi abitano. L’obiettivo comune da perseguire, tuttavia, è fare in modo che ogni persona possa riprendere le relazioni con i propri cari. Su questo vanno definiti i percorsi che non possono tollerare ulteriori dilazioni. Non è possibile, ad esempio, che la Regione emani una disposizione generale e generica che attende applicazione da un altro ente (l’ASUR) e che quest’ultimo emani a propria volta disposizioni alle Aree Vaste, senza far capire se siano immediatamente esecutive o meno. A livello territoriale, quindi, l’esito è quello di un sostanziale blocco, con enti che comprendono come non si possa ulteriormente dilazionare la chiusura, mentre altri attendono indicazioni ulteriori, oppure effettuano aperture che rassomigliano sin troppo a visite carcerarie. Le precauzioni vanno prese, la sicurezza va garantita, ma dev’essere chiaro che l’obiettivo che è quello di “riaprire le relazioni”».

Ma ci sono anche altri problemi: «All’interno delle strutture ospedaliere – sottolineano ancora dal Gruppo Solidarietà -, fatto il tampone, si entra in reparto senza ulteriore isolamento; nel percorso della post-acuzie del sistema residenziale extraospedaliero si riprende invece l’isolamento di quattordici giorni (e poi tampone), con tutti i problemi conseguenti per le persone, le famiglie e le strutture. Ciò produce, per altro, una riduzione fortissima del numero dei posti disponibili, che determina a propria volta il ritorno al domicilio di persone che avrebbero bisogno di continuità delle cure, oltre a un sostanziale blocco degli ingressi dal domicilio».

«Occorre pertanto – conclude la nota – che si abbia consapevolezza come il prolungamento di queste situazioni determini non solo esasperazione e sofferenza, ma anche il venir meno della tutela cui le persone hanno necessità e diritto. Ci appelliamo quindi ancora una volta a ciascun soggetto affinché senza ulteriori dilazioni si definiscano percorsi che nella sicurezza garantiscano i diritti delle persone». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: grusol@grusol.it.

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