È stata lanciata in questi giorni da CBM Italia – componente nazionale della più accreditata organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella cura e nella prevenzione della cecità e della disabilità evitabile nei Paesi del Sud del mondo – una nuova campagna contro il tracoma, ovvero nei confronti di quella che è la prima causa di cecità di natura infettiva al mondo.
Provocato infatti dal batterio Chlamydia Trachomatis, il tracoma è un’infezione degli occhi che si diffonde in condizioni igieniche precarie attraverso il contatto (basta un bacio o una carezza). I primi sintomi sono un forte bruciore agli occhi, lacrimazione continua e arrossamento. L’infezione ripetuta causa cicatrici alla congiuntiva, che portano le ciglia a rivoltarsi all’interno dell’occhio, provocando il loro sfregamento contro il bulbo oculare. Se non si interviene e non si cura, questa condizione estremamente dolorosa – che nello stadio avanzato viene denominata trichiasi -, porta alla cecità per opacità della cornea.
Che il tracoma sia la prima causa di cecità infettiva, lo dimostrano anche le cifre: oggi, infatti, sono 2 milioni nel mondo le persone cieche a causa di questa infezione, e ben 232 quelle che rischiano di esserne contagiate. In Etiopia, ad esempio, nella Regione di Amhara, un bambino su due, se non curato, rischia di diventare cieco e guardando all’intero territorio di questo Stato del Corno d’Africa, su 91 milioni di persone, circa un milione è cieco e 4 milioni sono ipovedenti.
Proprio sull’Etiopia, dunque, ove 70 milioni di persone sono a rischio di tracoma, è puntata questa nuova campagna di CBM Italia, impegnata dal 2014 nel Paese africano per tentare di sconfiggere la malattia, e quale “storia-simbolo” è stata scelta quella di Abay, giovane madre di trent’anni che vive a Segno, un villaggio nella regione di Amhara, dove gestisce insieme al marito Abebe una piccola caffetteria nel retro della propria casa.
Già da anni Abay lotta contro il tracoma: all’inizio erano occhi rossi e prurito, ma ora a causa della trichiasi la cornea è peggiorata; le ciglia si sono rivoltate verso l’interno e hanno iniziato a graffiare la retina. «Questo disagio, questa sofferenza – racconta lei stessa – sono per me un fardello. Quando cucino provo fastidio a causa del fumo e a volte non riesco a svolgere i lavori di casa, nemmeno quelli più semplici. Per alleviare il dolore tolgo le ciglia con l’uso di una pinzetta, ma il sollievo è solo momentaneo. Ho una famiglia, due figli, una casa, un lavoro e sento sulle mie spalle una grande responsabilità».
Per salvare dunque le tante persone che si trovano nella stessa situazione di Abay, che se non operata rischia di diventare per sempre cieca, CBM Italia basa le proprie azioni sulla cosiddetta Strategia SAFE, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanita, ove SAFE sta per Surgery (trattamento medico chirurgico della trichiasi), Antibiotics (distribuzione di antibiotici per curare l’infezione), Facial cleanliness (educazione alla corretta pulizia e igiene del viso e del corpo) ed Environmental improvement (miglioramento delle condizioni igienico-ambientali).
Tale modalità prevede in sostanza quattro azioni combinate, dalla distribuzione di antibiotici alle operazioni chirurgiche, dalla costruzione di pozzi e latrine alla sensibilizzazione della popolazione su come evitare il contagio ed è importante lavorare contemporaneamente su tutte e quattro, per rendere l’approccio sostenibile ed efficace. I risultati raggiunti negli anni ci danno ragione e ci motivano ad andare avanti.
Va anche ricordato in conclusione che fino agli Anni Sessanta del Novecento il tracoma era presente anche in Italia. Ne parlò ad esempio lo scrittore Carlo Levi nel celebre libro Cristo si è fermato a Eboli, quando la sorella Luisa, dopo una breve sosta a Matera, gli raccontava: «Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono ventimila persone. Ho visto dei bambini seduti sull’uscio delle case, nella sporcizia, al sole che scottava, con gli occhi semichiusi e le palpebre rosse e gonfie; e le mosche gli si posavano sugli occhi. Era il tracoma. Sapevo che ce n’era, quaggiù: ma vederlo così, nel sudiciume e nella miseria, è un’altra cosa». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Anita Fiaschetti (anita.fiaschetti@cbmitalia.org).
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